Dalla Grecia alla Spagna, dalla Romania alla Francia Ondata di scioperi contro le politiche di lacrime e sangue imposte dall'Unione europea Le manovre costeranno complessivamente 750 miliardi di euro alle masse Un'ondata di scioperi, proteste e manifestazioni si sta sviluppando in molti paesi europei, con i lavoratori che fanno sentire la loro voce contro le misure adottate dai governi di destra e di "sinistra" borghese che usano la stessa politica di lacrime e sangue per fronteggiare la crisi. Secondo stime sindacali, la serie di manovre economiche e finanziarie messe in cantiere su sollecitazione della stessa Unione europea (Ue) costeranno complessivamente circa 750 miliardi di euro. Un conto salatissimo, scaricato intermente sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari europee, dovuto a provvedimenti che colpiscono in particolare il settore pubblico, i servizi, la spesa sociale e le pensioni mentre i livelli di disoccupazione crescono alle stelle. I lavoratori non ci stanno e scendono in piazza. Mentre i sindacati europei stanno organizzando una risposta collettiva alle scelte dell'Unione europea e degli Stati membri che culminerà in una grande manifestazione a Bruxelles il 29 settembre prossimo, in coincidenza con il Consiglio europeo degli affari economici e finanziari. Quinto sciopero generale in Grecia Il 29 giugno lo sciopero generale del pubblico impiego ha paralizzato i trasporti urbani, ferroviari e marittimi, parte del traffico aereo e i servizi pubblici. Chiusi anche le banche e gli uffici giudiziari, negli ospedali garantiti soltanto i servizi essenziali. Lo sciopero era diretto in particolare contro il progetto di riforma delle pensioni, che dovrebbe essere presentato in parlamento l'8 luglio e che prevede l'innalzamento a 65 anni dell'età per andare in pensione, l'aumento da 37 a 40 anni di lavoro per le pensioni di anzianità, un taglio medio del 7% delle pensioni. Il taglio alle pensioni è accompagnato dai tagli ai salari pubblici e dalla riforma della legge sul lavoro per permettere una riduzione delle coperture derivanti dalla contrattazione collettiva. Misure che il governo del socialista Giorgio Papandreou si è impegnato ad attuare con la Ue e il Fondo monetario internazionale in cambio del salvataggio finanziario della Grecia attraverso prestiti di 110 miliardi di euro su tre anni. I sindacati hanno annunciato un nuovo sciopero generale di 24 ore al momento in cui la legge di riforma delle pensioni sarà discussa in parlamento. Bloccata la metro di Madrid contro i tagli del governo Zapatero Il 28 giugno sono scesi in sciopero i lavoratori della metropolitana di Madrid per protestare contro il taglio di oltre il 2% degli stipendi pubblici previsto dal governo socialista di José Luis Zapatero. In base alla legge sugli scioperi dovevano garantire il servizio minimo che ha comportato la circolazione di quasi la metà dei convogli. La protesta "dimezzata" non è piaciuta ai lavoratori che il 29 giugno hanno deciso di bloccare completamente il servizio. E i sindacati hanno minacciato di proclamare uno sciopero illimitato se non sarà revocato il taglio degli stipendi. Già l'8 giugno i lavoratori della funzione pubblica avevano scioperato contro il piano di aggiustamento economico e di risanamento del deficit statale presentato dal governo di Madrid allo scopo di tagliare 15 miliardi di euro di spese entro il 2011, attraverso in particolare le riduzioni salariali dei dipendenti pubblici e il congelamento delle pensioni. L'obiettivo di Zapatero è quello di riportare il rapporto deficit/pil sotto il 3%, contro l'11,4% registrato nel 2009 e allontanare la Spagna dal baratro della bancarotta e non fare la fine della Grecia. Il piano del governo non prevede alcun intervento a favore dell'occupazione a fronte di un tasso di disoccupazione salito al 20%, pari a 4.7 milioni di lavoratori, il doppio della media Ue. Prevede invece una riforma del cosiddetto mercato del lavoro, oggetto di una trattativa tra organizzazioni sindacali e confindustria, che ruota attorno alla demolizione della contrattazione collettiva, a una maggiore flessibilizzazione dei contratti di lavoro, alla riduzione dell'indennità di licenziamento e all'indicizzazione dei salari rispetto la produttività anziché all'inflazione. Un progetto neoliberista degno di un governo di destra, quello portato avanti dal socialista Zapatero e contro il quale le due principali organizzazioni sindacali non hanno tardato a muoversi e dopo lo sciopero del settore pubblico dell'8 giugno hanno indetto uno sciopero generale per il 29 settembre. Assaltato il palazzo presidenziale a Bucarest Il 24 giugno diverse centinaia di dimostranti hanno preso d'assalto il palazzo presidenziale a Bucarest, chiedendo al presidente Traian Basescu di non firmare la legge approvata dal governo di destra del premier Emil Boc che prevede un taglio del 25% dei salari dei dipendenti dello stato e delle aziende a partecipazione statale e del 15% delle pensioni. Respinti dalla polizia hanno continuato la protesta per le strade della capitale dove dalla metà di maggio si susseguono le proteste di lavoratori e pensionati. I pesanti tagli su salari e pensioni previsti dal governo avranno effetti devastanti in un paese che si trova ai primi posti nella graduatoria della povertà tra i paesi della Ue e dove lo stipendio medio netto è circa 320 euro mensili, quello minimo a 234 euro e la pensione media di circa 155 euro. Per poter avere il prestito di 20 miliardi di euro promesso dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca europea, il governo di Bucarest si è impegnato inoltre a licenziare almeno 70 mila dipendenti statali entro il 2011. La protesta dei lavoratori e pensionati è iniziata il 19 maggio col primo sciopero generale indetto dai sindacati che chiedevano il ritiro dei tagli e le dimissioni del governo. Più di 40 mila persone erano scese nella piazza principale di Bucarest, bloccando il centro della capitale, per chiedere la revoca del piano anticrisi. Decine di manifestazioni si erano svolte in tutto il paese con picchetti dei manifestanti davanti i palazzi del governo e delle prefetture locali. La mobilitazione era proseguita con un nuovo sciopero generale che si era svolto con successo il 31 maggio. 200 manifestazioni contro la "riforma delle pensioni" di Sarkozy Più di 200 manifestazioni si sono svolte il 24 giugno nelle principali città francesi per lo sciopero indetto dai sindacati nel settore pubblico. Almeno due milioni di manifestanti, il doppio di quelli che avevano partecipato alle precedenti manifestazioni del 27 maggio, sono scesi in piazza contro la "riforma delle pensioni" prevista dal governo del presidente Sarkozy. Alta anche la partecipazione agli scioperi, compresa quella dei ferrovieri che hanno scioperato anche se per il momento non sono toccati direttamente dalla riforma delle pensioni in atto. Il testo della riforma dovrebbe essere ufficializzato nel consiglio dei ministri del prossimo 13 luglio e discusso dal parlamento a settembre. Ma quanto comunicato dall'esecutivo è già stato sufficiente a far scendere in piazza i lavoratori. Il piano prevede infatti un "risparmio" per le casse statali di 19 miliardi di euro, a carico dei lavoratori. L'età minima per andare in pensione salirà entro il 2018 da 60 a 62 anni, ma occorrerà avere 67 anni per avere la pensione a tasso pieno; i dipendenti pubblici dovranno avere anche 41,5 anni di contributi versati, contributi che saranno parificati in alto, al 10,55% dello stipendio, a quelli del settore privato. Germania, Danimarca, Portogallo e Norvegia Fra le manifestazioni che si sono svolte in altri paesi segnaliamo quelle del 12 giugno in Germania, dove a Berlino e Stoccarda si sono svolte le prime proteste a livello nazionale contro il pacchetto di tagli del governo federale tedesco della cancelliera Merkel. Dell'8 giugno in Danimarca con 80 mila persone che sono sfilate nella capitae Copenhagen contro i tagli del governo; la manifestazione nazionale del 29 maggio in Portogallo e lo sciopero del settore pubblico del 27 maggio in Norvegia per aumenti salariali che è stato il più grande degli ultimi 30 anni. 30 giugno 2010 |