L'ONU dà carta bianca ai paesi imperialisti per fare la guerra alla Libia
Francia e Gran Bretagna in prima linea per scalzare l'Italia
 

Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato il 17 marzo la risoluzione numero 1973, preparata in particolare da Francia e Gran Bretagna, che ha dato carta bianca ai paesi imperialisti per scatenare la guerra contro la Libia. La risoluzione ha autorizzato l'uso della forza per imporre una zona di non volo sul paese nordafricano per impedire all'aeronautica di Tripoli di bombardare la popolazione, in primo luogo a Bengasi; ha definito altre sanzioni contro il regime di Tripoli e soprattutto ha dato il via libera a usare "tutte le misure necessarie", salvo l'intervento di truppe di terra, per "proteggere i civili". La solita inaccettabile aggressione imperialista camuffata da "operazione umanitaria". Una decisione grave che viola la sovranità nazionale della Libia.
Nel pomeriggio del 19 marzo, la coalizione imperialista ha accolto l'appello dell'Onu e constatando che l'offensiva delle truppe di Gheddafi su Bengasi non si era arrestata lanciava l'attacco. La prima guerra del Nobel per la pace Barack Obama iniziava con un comunicato che annunciava la presa del comando delle operazioni da parte dei militari Usa, sulla coalizione formata inizialmente da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada e Spagna, e l'inizio di un fitto bombardamento con missili da crociera americani e inglesi su installazioni militari, caserme, depositi d'armi e di carburante, strutture di comunicazione libiche.
L'aggressione, che per l'imperialismo americano si chiama "Odissey Dawn" ("Alba di Odissea"), era in realtà iniziata poche ore prima dell'annuncio da Washington: per primi si erano mossi i caccia francesi che avevano colpito mezzi militari dell'esercito di Gheddafi nei pressi di Bengasi a sottolineare la volontà dell'imperialismo francese di voler occupare la prima linea dell'aggressione.
D'altra parte era stato il presidente francese Nicolas Sarkozy, d'intesa col collega inglese David Cameron, a sollecitare l'intervento armato in Libia e a preparare la risoluzione in sede Onu che desse la certificazione legale all'attacco. Francia e Gran Bretagna vogliono cogliere l'occasione per scalzare il concorrente imperialista italiano e prenderne il posto nei futuri rapporti privilegiati con il paese ricco di petrolio e gas. Altro che motivazioni umanitarie. Tanto che la guerra alla Libia, per i francesi si chiama operazione Harmattan, per gli inglesi è l'operazione Ellamy e per il Canada si chiama operazione Mobile. E dopo tre giorni di bombardamenti i principali paesi imperialisti si sono impegnati anche in una disputa sulla possibilità di passare il comando alla Nato chiesta dall'Italia, che tenta di contenere le iniziative dei concorrenti imperialisti e recuperare un ruolo in prima fila. Contrari all'ipotesi del comando Nato sono la Francia ma anche Germania e Turchia che si sono chiamate fuori dal gruppo dei paesi interventisti.
La risoluzione 1973 dell'Onu era stata approvata dal Consiglio di sicurezza con dieci voti a favore e cinque astenuti, fra i quali Russia e Cina. I due paesi con diritto di veto avrebbero potuto bloccare la risoluzione bellicista, non lo hanno fatto e da ipocriti hanno successivamente condannato i pesanti bombardamenti in Libia. Una posizione assunta il 21 marzo anche dalla Lega araba. Il segretario della Lega, l'egiziano Amr Moussa, candidatosi alle prossime presidenziali del suo paese per gestire il post Mubarak, era stato tra i primi a rispondere alle sollecitazioni imperialiste e a chiedere l'istituzione della zona di non volo; a quanto pare si è "pentito" e il 21 marzo ha denunciato che "quello che vogliamo è proteggere i civili, non bombardare altri civili".
Dopo l'approvazione della risoluzione al Palazzo di vetro, e con le truppe di Gheddafi che si avvicinavano a Bengasi, il presidente americano Obama minacciava: "il regime di Tripoli è avvisato, deve fermare l'avanzata delle sue truppe, deve attuare un immediato cessate il fuoco, una tregua vera, l'assistenza umanitaria deve potere raggiungere la gente della Libia oppure la coalizione dei volonterosi farà rispettare la risoluzione dell'Onu con l'azione militare".
Dello stesso tono il comunicato congiunto del 18 marzo dei governi di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti che intimavano a Gheddafi di fermare l'avanzata militare su Bengasi e di ritirare le truppe dalle altre città che si erano ribellate e erano state di nuovo riprese da Tripoli. Da Parigi si specificava che i soldati di Gheddafi si dovevano ritirare da Adjabiyah, Misurata e Zawiyah, e consentire l'accesso degli aiuti umanitari destinati alla popolazione; tutte condizioni "non negoziabili".
Erano le premesse per la decisione dell'attacco già stabilita dai tre paesi tanto che nel Mediterraneo già era schierata la forza navale multinazionale mentre i bombardieri erano in viaggio verso le basi messe a disposizione dall'Italia. L'intesa era ratificata il 19 marzo nel vertice di Parigi cui parteciperà anche la Lega araba ma non l'Unione africana che, pure invitata, si teneva alla larga dal comitato di guerra.
Al termine del summit parigino era il presidente francese Sarkozy a pronunciare il proclama di guerra e a annunciare che "i nostri aerei stanno sorvolando la Libia, impediremo gli attacchi su Bengasi e colpiremo i blindati di Gheddafi per difendere la popolazione civile, per renderla libera di decidere il proprio destino". In realtà il popolo libico che si è rivoltato contro l'oppressore e affamatore Gheddafi rischia di cadere dalla padella nella brace.

23 marzo 2011