Unanimi i paesi imperialisti Il consiglio di sicurezza dell'Onu infligge nuove sanzioni all'Iran Ahmadinejad: "Le sanzioni illegali votate dall'Onu non fermeranno neanche per un secondo le attività atomiche di Teheran" Forze navali iraniane catturano 15 marines inglesi che avevano sconfinato Il Consiglio di sicurezza Onu il 24 marzo ha approvato all'unanimità la risoluzione numero 1747 che infligge nuove sanzioni all'Iran perché continua a mandare avanti il programma di ricerca nucleare. La risoluzione segue la 1696 e la 1737 approvate lo scorso anno; quest'ultima aveva definito un pacchetto di sanzioni che viene adesso rafforzato. I paesi imperialisti non vogliono che l'Iran sviluppi la tecnologia nucleare civile, come è suo diritto; agitano strumentalmente il "pericolo" delle possibili armi nulceari iraniane che il governo di Teheran ha detto di non volere e che comunque non potebbe avere prima di molti anni e utilizzano l'Onu per tenere sotto pressione l'Iran; Usa e Israele in particolare ventilano anche possibili aggressioni militari. Le autorità iraniane e il governo di Teheran hanno respinto le illegali ingerenze imperialiste e hanno comunicato di voler proseguire nello sviluppo dei loro programmi di ricerca nucleare. Il testo varato dal Consiglio di sicurezza dell'Onu e approvato tra gli altri anche dall'Italia, entrata a gennaio fra i membri non permanenti nell'organismo imperialista internazionale, dà all'Iran sessanta giorni di tempo per sospendere le attività di arricchimento dell'uranio e assegna all'Aiea, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, il compito di verificare il rispetto della scadenza. Amplia la lista, prevista dalle precedenti risoluzioni, delle società e delle singole persone legate al programma nucleare e missilistico iraniano, le cui proprietà saranno congelate; nel nuovo elenco sono state inserite la banca statale "Sepah", una dozzina di fabbriche di armamenti e del settore nucleare e una decina di dirigenti civili e militari. Stabilisce l'embargo totale sull'esportazione di armi convenzionali fabbricate in Iran e sulla concessione di finanziamenti o prestiti all'Iran salvo che per "scopi umanitari e di sviluppo"; chiede ai governi di "vigilare" sui viaggi all'estero dei funzionari della Repubblica Islamica coinvolti in attività nucleari e di comunicare la loro presenza al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. La risoluzione afferma che le sanzioni saranno sospese se il governo iraniano adempierà a quanto richiesto, altrimenti ne saranno varate altre. L'adozione all'unanimità della risoluzione 1747 "riflette la profonda preoccupazione della comunità internazionale nei confronti del programma nucleare iraniano", affermava il comunicato congiunto dei ministeri degli Esteri di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina e Germania, il cosiddetto gruppo del 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu e la Germania) che ha preparato il testo della risoluzione sulla base di un rapporto dell'Aiea. La "profonda preoccupazione" è soprattutto dei paesi imperialisti che chiedono all'Iran "di adempiere pienamente ai suoi obblighi internazionali", ovvero ai diktat imposti tramite l'Onu. Perché lo sviluppo del nucleare civile è pienamente legittimo in base al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnt), sottoscritto da Teheran. La precedente risoluzione del Consiglio di sicurezza sull'Iran, la 1737 approvata il 23 dicembre scorso, imponeva un pacchetto di sanzioni e intimava a Teheran di sospendere ogni attività nucleare entro 60 giorni, pena il rischio di nuove e più severe, sanzioni. All'Aiea il compito della verifica. Nel rapporto inviato all'Onu ai primi di marzo dal responsabile dell'Aiea El Baradei si affermava che l'Iran "non ha sospeso le sue attività legate all'arricchimento di uranio" e che anzi aveva annunciato la messa in funzione di altre centrifughe entro il maggio 2007. Nessuna novità, le notizie erano già pubbliche e comunicate direttamente dal governo iraniano. Un diplomatico dell'Aiea sottolineava però che gran parte parte delle informazioni di "intelligence" raccolte dai servizi Usa sugli impianti nucleari iraniani e trasmesse agli ispettori dell'Onu si erano rivelate false; i servizi americani, dopo le bufale costruite sulle armi di distruzione di massa dell'Iraq, sono di nuovo all'opera per fabbricare prove false sull'Iran. "L'Iran non fermerà neppure per un secondo il suo pacifico e legittimo programma nucleare", ribadiva giustamente il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che definiva la risoluzione "carta straccia". Annunciava inoltre la revisione delle relazioni con i paesi che hanno premuto perché si arrivasse alle sanzioni del Consiglio di sicurezza: "la nazione iraniana non dimenticherà coloro che sono dietro questa risoluzione e le relazioni internazionali con questi Paesi saranno riviste e corrette". La decisione dell'Onu era definita " una misura illegale, superflua e ingiustificabile" dal ministro degli Esteri iraniano Manouchehr Mottaki che aveva partecipato alla discussione in Consiglio di sicurezza e che sottolineava come "per la quarta volta in dodici mesi il Consiglio è stato prevaricato da alcuni dei suoi membri. È stata approvata una misura illegale, superflua e ingiustificabile contro un programma pacifico che non rappresenta alcuna minaccia alla comunità internazionale". Il Parlamento iraniano adotterà le "reazioni necessarie" nella sua prima sessione dopo le festività per il capodanno persiano, il prossimo due aprile, dichiarava il presidente della Commissione Esteri e Sicurezza, Aleddin Boroujerdi. Il governo iraniano ha già annunciato di ridurre la cooperazione con l'Agenzia internazionale dell'energia atomica "fino a quando il dossier sul nucleare iraniano sarà riportato dal Consiglio di sicurezza all'Aiea", la sede opportuna per il negoziato sulla questione. Il giorno precedente la decisione dell'Onu, il 23 marzo, nella parte settentrionale del Golfo Persico la marina di Teheran catturava 15 marines inglesi che avevano sconfinato nelle acque territorirali iraniane. La notizia era diffusa dal ministero della Difesa britannico che informava della cattura di "quindici membri della Marina, impegnati in normali operazioni di imbarco di navi mercantili in acque territoriali irachene", nella zona dello stretto di Shatt Al Arab. I marinai britannici imbarcati sulla nave Cornwall, a bordo di due imbarcazioni ispezionavano una nave mercantile iraniana che ritenevano coinvolta in un contrabbando di armi. Un episodio simile a quello del giugno del 2004, nella stessa zona, quando sei marines e due marinai britannici vennero arrestati da un'unità della marina iraniana e rilasciati tre giorni dopo. Non erano in acque territoriali irachene ma iraniane, affermava un comunicato del ministero degli Esteri iraniano nel quale si esprimeva la "ferma condanna dell'Iran dell'ingresso illegale di forze britanniche nelle sue acque territoriali. Si tratta di un'azione sospetta". Un funzionario del ministero denunciava che "i militari britannici ora nelle mani dell'Iran sapevano bene che si trovavano nelle acque territoriali iraniane. I marinai sono stati arrestati mentre controllavano una nave che si trovava nelle acque territoriali iraniane. Gli strumenti di bordo del mercantile che veniva controllato mostrano che i britannici sono entrati consapevolmente nelle acque iraniane". Il generale iraniano Alireza Afshar, portavoce dello stato maggiore dell'esercito, comunicando l'esito degli interrogatori dei quindici soldati inglesi avvenuti il 24 marzo a Teheran affermava che "abbiamo prove concrete che sono stati arrestati nelle nostre acque territoriali, loro stessi hanno confessato e ammesso l'errore". Un portavoce del ministero degli Esteri iraniano ribadiva che "le azioni ostili britanniche sono sospette e contrarie al diritto internazionale e quindi non ci può essere alcuna giustificazione al fatto che il governo inglese non accetti la sua responsabilità". Le autorità britanniche, aggiungeva, dovrebbero offrire risarcimenti per i loro errori invece che rimanere fissate ad "irrilevanti interpretazioni per giustificare le loro azioni illegali". D'altra parte se la nave "sospetta" fosse stata in acque territoriali irachene e diretta verso l'Iraq meridionale, come afferma il governo di Londra, i marines britannici che ragioni avevano per abbordarla?. Bastava la seguissero e l'intercettassero a terra. 28 marzo 2007 |