Il trattato approvato col voto contrario di Iran, Rpdc e Siria L'Onu regolamenta il commercio delle armi a misura delle superpotenze imperialiste L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite lo scorso 2 aprile ha approvato con 154 voti a favore, 3 contrari e 23 astenuti il primo Trattato internazionale sulla compravendita delle armi convenzionali. I tre paesi contrari sono stati Iran, Corea del Nord (Rpdc) e Siria, tra i 23 astenuti Russia, Cina, India, Cuba, Venezuela e Bolivia. Il trattato fortemente sponsorizzato da Obama entrerà in vigore con la firma di adesione di almeno cinquanta paesi. Si tratta di un documento non vincolante, una specie di codice di comportamento cui i governi dovrebbero attenersi e richiede agli Stati membri di dotarsi di normative nazionali sul trasferimento delle armi convenzionali, tra cui carri armati, aerei e navi da guerra, veicoli da combattimento, artiglieria, elicotteri, missili, razzi a lunga gittata, fucili e pistole. Gli Stati firmatari si impegnano a osservare il divieto di vendere o trasferire armi in paesi sotto embargo, responsabili di atti di genocidio, di crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Lo scopo dichiarato è quello di regolamentare le esportazioni e importazioni di armi definite convenzionali, pesanti e leggere. Riconosce tra gli altri il "rispetto degli interessi legittimi degli stati di acquistare armi convenzionali per esercitare il diritto di autodifesa e per le operazioni di peacekeeping, e di produrre, esportare, importare e trasferire armi convenzionali". Un giro di affari stimato per difetto intorno ai 60 miliardi di dollari all'anno ma che potrebbe arrivare fino a dieci volte tanto. Non tocca certo gli interessi delle maggiori industrie belliche del mondo e gli affari dei principali paesi esportatori che sono nell'ordine gli Stati uniti, Russia, Germania, Francia, Cina e Gran Bretagna. E quelli dei principali importatori quali India, Pakistan e monarchie reazionarie del Golfo. Mantiene limitate forme di controllo sulla vendita di munizioni e dei componenti di armi; lascia del tutto fuori le armi da fuoco che non hanno un esclusivo uso militare soprattutto tutte le armi elettroniche, i sistemi radar e quelli satellitari. Come non riguarda i trasferimenti di armi all'interno di accordi governativi e programmi di assistenza e cooperazione militare. Il trattato riguarda solo il commercio delle armi a misura degli interessi delle superpotenze imperialiste.. Il segretario di stato americano John Kerry ha affermato che il Trattato contribuirà a "ridurre il rischio che i trasferimenti internazionali di armi convenzionali siano usati per compiere i peggiori crimini del mondo, inclusi terrorismo, genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra". Se si considera che per i paesi imperialisti sono stati atti di terrorismo quelli della resistenza irachena o lo sono quelli della resistenza afghana alle occupazioni guidate dagli Usa, come sono atti di terrorismo quelli della resistenza armata palestinese contro l'occupazione sionista è evidente che la lista dei paesi "buoni" compilata dai paesi imperialisti non è oggettiva, è una truffa rifilata anche alle organizzazioni pacifiste che avevano sponsorizzato il trattato, comprese quelle che lo hanno salutato con favore secondo la logica del meglio poco che nulla. L'ipocrisia imperialista è confermata tra le altre da una recente inchiesta del New York Times sul crescente flusso di armi che vengono fornite a una parte dei rivoltosi siriani che combattono il regime di Assad, armi che viaggiano attraverso una rete internazionale organizzata dalla Cia e che vede coinvolte Turchia, Giordania e Croazia. Il rispetto del principio del "diritto di tutti gli Stati all'autodifesa individuale e collettiva riconosciuto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni unite", pure ripreso dal Trattato, in questo caso è piegato agli interessi imperialisti che operano attivamente per rovesciare il regime di Damasco. Parimenti i paesi imperialisti dovrebbero rifornire di armi la resistenza palestinese a Gaza e in Cisgiordania che lotta contro l'occupazione sionista di territori palestinesi riconosciuti pure dall'Onu. 10 aprile 2013 |