6 operai asfissiati in mezzo al fango Strage sul lavoro nel catanese Catena di morti in tutta Italia Padroni e governo i responsabili Il capitalismo è un mostro che si alimenta di sangue operaio. Sono trascorsi tre mesi dalla strage di Molfetta, in cui morirono cinque lavoratori, e sette da quella della ThyssenKrupp di Torino, sette arsi vivi, ancora in attesa di giustizia, che siamo di fronte a una nuova strage sul lavoro. Mercoledì 11 giugno sei operai sono stati trovati morti dentro una vasca dell'impianto di depurazione dei liquami fognari del comune di Mineo, in provincia di Catania. A ucciderli sono state probabilmente le esalazioni tossiche prodotte dai fanghi che avevano saturato l'aria. Ma perché si trovavano tutti e sei nella vasca? Perché non indossavano i normali e indispensabili equipaggiamenti di protezione? Questo è quanto deve accertare il procuratore capo di Caltagirone, Onorio Lo Re, titolare dell'inchiesta. Solo i due operai specializzati della ditta Carfì di Ragusa, Salvatore Tumuno, 47 anni e Salvatore Smecca, 51, addetti alla manutenzione, dovevano entrare nella vasca per aspirare i liquami e ripulire il filtro dai fanghi. I quattro dipendenti comunali, Giuseppe Zaccaria 47 anni, responsabile alla sicurezza della struttura, Giuseppe Palermo, 57 anni, Giovanni Sofia 37 e Salvato Pulici 37 anni, precario con contratto a tempo, non avevano motivo di entrare se non, probabilmente, per aiutare i compagni di lavoro in difficoltà o per sopperire ad una improvvisa emergenza. Dopo le condoglianze alle famiglie e le parole di circostanza il sindaco Giuseppe Castania ripete che l'impianto di depurazione era all'avanguardia per il rispetto delle norme di sicurezza e che buona era ritenuta la preparazione dei lavoratori e degli addetti. Allora perché sono morti? Uno dei due operai della Carfì, assunto due giorni fa, era veramente preparato e formato professionalmente per un lavoro così pericoloso? Tutti avevano avuto il corso di formazione e le istruzioni necessarie contro rischi da gas tossico, probabile causa dei decessi? Sono stati emessi sette avvisi di garanzia per omicidio colposo plurimo per il sindaco e gli assessori competenti, per i dirigenti comunali di Mineo e per il legale della ditta Carfì di Ragusa, un atto dovuto della procura in attesa dei risultati degli esami necroscopici sui cadaveri. Le indagini intanto vanno avanti per accertare la dinamica dei fatti. La strage ha suscitato dolore e rabbia anzitutto tra i familiari delle vittime, tra i lavoratori e le masse popolari siciliane; governanti e boss parlamentari si sono precipitati a versare le solite, inutili, ipocrite lacrime di coccodrillo. A partire dalla più alta carica dello Stato, Giorgio Napolitano, il quale afferma che questi fatti impongono "l'imperativo assoluto di interventi e controlli stringenti". Ma niente ha fatto di fronte all'insaziabile sete di profitto delle imprese confindustriali, che chiedono meno e non più sanzioni, meno e non più controlli, meno e non più leggi che tutelano i diritti dei lavoratori, meno e non più investimenti sulla salvaguardia della vita dei lavoratori. Chiedono più e non meno orario di lavoro, più sfruttamento e libertà di licenziamento. Napolitano si guarda bene dal richiamare in campo il governo del neoduce Berlusconi che si prepara, tramite il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi a "picconare" il già insufficiente Testo Unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, entrato in vigore appena il 15 maggio scorso, e già pienamente disatteso, chiedendo di ammorbidire le sanzioni alle imprese. Ecco quanto ha detto al recente convegno dei giovani industriali di Santa Margherita Ligure: "Metteremo mano al Testo Unico perché sanzioni spropositate distolgono l'attenzione delle imprese dallo sforzo di aumentare la sicurezza, spingendole ad adempiere a comportamenti formalistici per evitare sanzioni". Gli operai muoiono nei luoghi di lavoro, nei modi più atroci e intollerabili, con una media di 3-4 al giorno, ma gli imprenditori al di là di frasi di circostanza non ci vogliono mettere altro. Di più, vogliono l'impunità anche di fronte a colpe evidenti e provate di inosservanza delle misure di prevenzione stabilite per legge. E, abbastanza spesso, la colpa ricade sulle stesse vittime ree di non aver rispettato le norme (lavorare col casco o l'imbracatura rallenta i forsennati ritmi di lavoro imposti ai dipendenti). Ci sono altre responsabilità più grandi e più gravi che ricadono sulle istituzioni che hanno il compito di effettuare i controlli nei luoghi di lavoro e di verificare se vi sono violazioni delle norme antinfortunistiche, come ha denunciato Italo Tripli, segretario generale della Cgil siciliana: "Queste tragedie accadono quando non vi è nessuno che sovrintende all'applicazione delle procedure di sicurezza: è questo il denominatore comune delle stragi sul lavoro ed è sconvolgente che si continui su questa strada". Quattro ore di sciopero sono state indette da Fiom, Fim e Uilm siciliane per giovedì 16 giugno tre ore in più e un giorno diverso dallo sciopero nazionale dei metalmeccanici di martedì 17, dalle 11 alle 12 per un'assemblea. Davvero poco di fronte alla gravità dei fatti; e pensare che i primi a scendere in piazza contro le morti "bianche" sono stati i metalmeccanici di Brescia giovedì 12 e venerdì 13 giugno. In un lungo comunicato che chiama alla mobilitazione i segretari generali di Fiom, Fim e Uilm, Gianni Rinaldini, Giuseppe Farina e Antonio Regazzi affermano: "Scioperiamo per chiedere al governo immediate misure economiche a sostegno della salute e sicurezza sul lavoro, a partire dai 12 miliardi di euro di attivo accumulati nella gestione Inail che vanno subito utilizzati per investimenti nella prevenzione e nel risarcimento dei danni". Antonio Lareno della segreteria della Camera del lavoro di Milano critica la decisione di Cgil, Cisl e Uil di limitarsi alla sola ora di assemblea nei luoghi di lavoro, al di sotto delle necessità "in realtà ci vorrebbe uno sciopero generale e presidi nei posti più significativi". Ha perfettamente ragione: occorre una mobilitazione generale per fermare l'escalation di morti e incidenti sul lavoro, i sindacati hanno il dovere di promuovere subito lo sciopero generale; è quanto chiesto nel comunicato stampa prontamente diffuso dal PMLI.Sicilia (pubblicato a parte). Intanto si continua a morire. Insieme alla tragedia di Mineo, l'11 giugno, morivano altri 5 operai: a Imperia, un operaio di 41 anni è morto schiacciato da una centina sul raccordo ferroviario Genova-Ventimiglia; a Orani (Nuoro) un edile di 46 anni è caduto da un'impalcatura; un operaio è stato travolto mentre lavorava sull'autostrada A1 a Modena; in provincia di Udine un lavoratore di 33 anni è rimasto schiacciato da una ruspa e, in provincia di Alessandria, un agricoltore è rimasto schiacciato dal trattore su cui stava lavorando. Il 13 giugno altre vittime dello sfruttamento capitalistico si aggiungono alla lista: a Termini Imerese un operaio di 44 anni cade da un ponteggio nel cantiere della centrale termoelettrica dell'Enel, assunto da due settimane era l'ultimo giorno di lavoro. A Donori (Cagliari), operaio di 55 anni è stato colpito mortalmente da un palo al torace. A Settimo Milanese due operai egiziani, tutti "clandestini", assoldati nella mattinata da un caporale per 4-5 euro l'ora sono precipitati da un ponteggio, un terzo è ferito grave. Lavoravano per una ditta che aveva ricevuto l'appalto dalle più importanti imprese edili milanesi le quali si assicuravano superprofitti milionari sulla pelle degli operai immigrati. Quegli stessi immigrati che, sui media a loro asserviti, fanno notizia solo perché "clandestini". 18 giugno 2008 |