Contro l'accordo sul welfare Gli operai di Mirafiori fischiano il governo e i sindacati I toni intimidatori e ricattatori usati dal segretario della Cgil Epifani che in un'intervista aveva affermato che occorre votare sì al "protocollo" del 23 luglio su pensioni e Welfare perché altrimenti "salta il banco", leggi il governo Prodi, non sono serviti a placare il malcontento e la rabbia che serpeggiano tra i lavoratori. La conferma è venuta dalle prime assemblee svoltesi il 1° ottobre alla Fiat di Mirafiori, dove i lavoratori hanno duramente contestato l'accordo e i sindacalisti venuti a sostenerlo. In mattinata era toccato al segretario generale della Uil Luigi Angeletti e alla segretaria confederale della Cgil Morena Piccinini affrontare, rispettivamente, gli operai dei reparti carrozzerie e verniciatura. Da quel che hanno riferito i lavoratori al termine delle assemblee (a cui l'azienda non ha concesso fossero presenti i giornalisti) entrambi i sindacalisti venuti a magnificare il "protocollo" e a chiedere un voto favorevole sono stati più volte fischiati e contestati nei passaggi più odiosi dell'accordo, anche se non è stato impedito loro di portare a termine i rispettivi interventi. Ma a caratterizzare la contestazione operaia, oltre ai fischi, è stato il consenso convinto e aperto e gli applausi scroscianti che gli operai hanno riservato ai numerosi interventi che si sono espressi per il No, che denunciavano la delusione verso "il governo che si pensava amico" e la rabbia per la gestione delle trattative da parte dei vertici sindacali confederali, troppo attenti, secondo molti lavoratori, agli equilibri e alla salvezza dell'esecutivo. Un malcontento e una rabbia palpabili che ha fatto dire ad Angeletti, interrogato sul possibile esito del referendum nello stabilimento torinese: "se la partecipazione al voto sarà alta pareggeremo, se sarà bassa vinceranno i no". Ai lavoratori di Mirafiori, che già a dicembre avevano contestato i tre segretari confederali intimando loro di non cedere assolutamente sulle pensioni, il protocollo del 23 luglio è proprio un boccone indigeribile. Dagli scalini pensionistici alla decontribuzione degli straordinari e alla mancata cancellazione della legge 30 sul "mercato del lavoro". "Per questo io voterò No": dice senza esitazione Stella, operaia con 30 anni in Fiat sulle spalle e poco più di mille euro in busta paga. "Ci aspettavamo ci fosse restituita la possibilità di scegliere liberamente cosa fare dopo i 35 anni di contributi". E poi aggiunge amareggiata "mi chiedo quando qualcuno si porrà il problema del nostro salario, perché la vita costa e nessuno ci fa sconti perché siamo operai". Come lei la pensano altre due operaie: "La nostra contestazione è stata civile - rivendicano - ma quando Angeletti ha detto che i sindacati non contano niente e che questo era il piatto in cui mangiare ci siamo davvero arrabbiati. Certo - aggiungono - non tutto l'accordo è da buttare, ci sono cose positive, ma noi voteremo No perché nessuno è venuto prima a consultarci o a mobilitarci. Diciamoci la verità: se fosse stato Berlusconi a proporcelo una cosa così, cosa avremmo fatto?". Un quesito che si sono posti in molti, dandosi anche la conseguente risposta che saremmo già scesi in piazza. Nel pomeriggio all'assemblea del montaggio era invece presente il segretario della Fiom, Gianni Rinaldini, a cui è toccato illustrare l'accordo a nome di Cgil, Cisl e Uil, nonostante non lo approvi. Anche in questo caso moltissimi gli interventi, tutti per il No accompagnati da applausi scroscianti e uno soltanto per il sì, subissato dai fischi. Un operaio rivolto a Rinaldini ha detto: "Lei non doveva essere qui, perché al suo posto doveva esserci Epifani che ha firmato l'accordo". "Un'assemblea vera, molto partecipata, molto vivace, molto urlata", ha sintetizzato Rinaldini al termine. "Un'assemblea dove in prevalenza negli interventi, e negli umori, si sono espressi pareri contrari all'accordo, dopodiché vedremo il voto". Si tratta di segnali molto importanti che dimostrano che ruolo decisivo nella lotta di classe può svolgere la classe operaia se prende coscienza del tradimento dei sindacati collaborazionisti, si sottrae all'abbraccio peloso e alla politica antipopolare della "sinistra" borghese e osa battersi per far valere i suoi interessi a breve e a lungo termine al fianco e con la direzione del PMLI. 3 ottobre 2007 |