Nell'ambito dello sciopero di 8 ore indetto da FIOM, FIM e UILM Gli operai di Termini Imerese occupano autostrada, ferrovia e porto Ottenuta dal governo la convocazione dei sindacati per discutere i progetti di riconversione La Fiom: "nessuna delle sette proposte è all'altezza" È stata una giornata di lotta intensa e molto combattiva quella a cui hanno dato vita gli operai della Fiat di Termini Imerese il 15 marzo nell'ambito dello sciopero di 8 ore indetto (questa volta) unitariamente da FIOM-CGIL, FIM-CISL, UILM-UIL, con un'adesione pressoché totale. La posta in gioco è alta: il futuro dello stabilimento che in base alle decisioni del nuovo Valletta, Sergio Marchionne, il 31 dicembre del 2011 dovrebbe chiudere i battenti e il destino dei 2 mila lavoratori occupati tra diretti e indiretti. Dai cancelli della fabbrica è partito un lungo corteo in direzione dell'autostrada A19 Catania-Palermo per occuparla e bloccare la circolazione in modo da far sentire forte la loro protesta. La manifestazione ha poi raggiunto il centro cittadino, dove una delegazione sindacale ha chiesto ed ottenuto un incontro con il sindaco, Salvatore Burrafato. Nel pomeriggio la protesta ha ripreso vigore con l'occupazione del porto e successivamente della stazione. Ed è andata avanti fino a che è arrivata la disponibilità del ministero per lo Sviluppo economico, guidato da Paolo Romani, a incontrare i sindacati nella giornata del 24 marzo per discutere i progetti presi in considerazione per la riconversione dello stabilimento siciliano della Fiat. Un incontro questo che il governo si era impegnato a tenere con i sindacati confederali, di categorie e le RSU entro gennaio 2011 per illustrare nel dettaglio i contenuti dei piani industriali, le ricadute occupazionali e gli investimenti contenuti nei progetti di reindustrializzazione del sito industriale. "Non siamo disponibili ad accettare la semplice chiusura ed il disimpegno della Fiat a Termini Imerese - è detto in una nota della FIOM -. Servono in alternativa seri progetti industriali e serie garanzie occupazionali per tutte le lavoratrici e i lavoratori attualmente alle dipendenze del Gruppo Fiat e delle aziende dell'indotto". Occorre realizzare positivi accordi sindacali discussi preventivamente, valutati e condivisi dai lavoratori e da tutte le parti interessate che "diano garanzie sulla tenuta nel tempo di tali progetti industriali". I dubbi e le preoccupazioni sono motivate dall'incertezza che regna sulla vicenda, dai ritardi e dalla vaghezza dei progetti presentati. Non dissipati nemmeno dall'accordo di programma per il rilancio dell'area industriale di Termini Imerese, sottoscritto il 14 febbraio scorso tra governo e regione Sicilia (anche in questo caso i sindacati sono stati esclusi), che sulla carta prevede un investimento complessivo di 1 miliardo di euro di cui 350 milioni a carico della regione (150 per le infrastrutture e 200 di incentivi agli investimenti), altri 100 milioni messi dallo Stato, il resto dai privati. Il protocollo sottoscritto prevede, sempre sulla carta, l'immediata riassunzione degli oltre 2 mila dipendenti Fiat e, addirittura, una crescita dei posti di lavoro che nell'arco di 36 mesi dovrebbe raggiungere le 3.300 unità. Anche perché, come sostiene Roberto Mastrosimone, segretario FIOM di Palermo: "Nessuna delle sette proposte è all'altezza, gli operai sono preoccupati, non sono affatto sereni. La politica si assuma le proprie responsabilità così come la Fiat, dopo aver usufruito di ingenti risorse pubbliche non può scaricarsi di un problema sociale serio". Ma vediamole queste proposte raccolte da Invitalia, la società con amministratore delegato Domenico Arcuri, incaricata dal governo a questo scopo: c'è quella di Gian Mario Rossignolo proprietario della De Tomaso, giudicata la migliore dal governatore regionale della Sicilia, Raffaele Lombardo, che propone di produrre due modelli di auto di lusso, 3 mila all'anno, contro le 60 mila Lancia Ypsilon fin qui sfornate dallo stabilimento Fiat. Non si vede come questo progetto possa riassorbire tutto il personale. È affidabile? Parrebbe di no se si va a vedere come si è comportato in Piemonte e in Toscana nei "salvataggi" dell'ex impianto Pininfarina di Grugliasco (Torino) e della Delphi di Livorno dove ha intascato importanti aiuti finanziari pubblici senza far ripartire, a tutt'oggi, le produzioni. Segue la proposta della Rava indiana, da poco acquistata da Mahindra, con filiale italiana guidata dal siciliano Simone Cimino, che si propone di assembleare un'auto elettrica. Poco credibile, poco affidabile. Già in passato Cimino si è avventurato in "salvataggi" di aziende in crisi con esiti non edificanti. Sempre nel campo della produzione auto si è aggiunta di recente (ma si dice fuori tempo massimo) la proposta della DR Motor, un'azienda molisana con a capo Massimo Di Risio controllata però dalla Chery, colosso cinese nella costruzione auto: l'offerta è di fare 60 mila auto all'anno a regime per 4 modelli, con il mantenimento in Sicilia di lastratura, verniciatura e assemblaggio di modelli provenienti dalla Cina. Queste le altre proposte sul tavolo: si va dalla Newcoop che si occupa di logistica, alla Biogen, stoccaggio di biomasse per ricavarne energia elettrica, dalla Einstein Multimedia, ovvero studi tv, alla Lima Ito, prodotti elettromedicali, per chiudere con i fratelli Ciccolella impegnati nelle serre fotovoltaiche. Quest'ultimi invischiati nell'inchiesta Energopoli di Crotone su presunte truffe sui fondi Ue. Insomma un bailamme di "offerte" tutte da verificare sulla loro serietà, spessore ed efficacia. Fanno dunque bene i lavoratori, e con loro i sindacati, a volerci vedere chiaro nel dettaglio: solidità societaria, quanti investimenti, che tipo di produzioni, quanta occupazione. Per evitare progetti taroccati, a costo zero per la proprietà, o comunque di breve durata, con finalità principale i soldi pubblici o la speculazione immobiliare sui terreni dove sorge la fabbrica. Serve un progetto industriale adeguato e certo che dia garanzie occupazionali a tutti i lavoratori dello stabilimento Fiat e dell'indotto, nessuno dev'essere lasciato a casa, che valorizzi le loro professionalità. Si deve esigere che il vertice Fiat non frapponga alcun ostacolo e anzi contribuisca a raggiungere questo fine. Occorre far presto! Sarebbe criminale giungere alla scadenza dell'anno senza aver trovato un'alternativa industriale e occupazionale soddisfacente. 30 marzo 2011 |