Orrendo crimine dei sionisti nazisti Strage di donne e bimbi a Gaza Il boia Olmert: "errore tecnico". Bush blocca la condanna dell'Onu a Israele. Il popolo palestinese invoca la terza Intifada Palestina libera. Fuori Israele dall'Onu I carri armati sionisti la mattina dell'8 novembre hanno sparato sulle case di Beit Hanun, quelle stesse case che i soldati di Tel Aviv avevano occupato per una settimana, e compiuto una nuova strage di donne e bambini: la maggior parte dei 19 morti, di cui 13 della stessa famiglia. Oltre 40 i feriti, tutti civili. L'offensiva nella striscia di Gaza denominata "Nuvole d'autunno" sembrava terminata il 7 novembre con l'inizio del ritiro dei carri armati da Beit Hanun; il bilancio di una settimana di bombardamenti era di 57 persone uccise e oltre 260 feriti, in gan parte civili, la metà donne e bambini. I soldati israeliani avevano sparato anche contro un corteo di donne, uccidendone due; una madre di 40 anni e una giovane, per Tel Aviv due "scudi umani" da abbattere, cadute come tante altre per difendere la loro terra dagli occupanti. L'ennesimo crimine compiuto dai sionisti nazisti di Tel Aviv contro il popolo palestinese, sotto lo sguardo complice dei paesi imperialisti. Con operazioni predeterminate come "Nuvole d'autunno", che aveva seguito la precedente, "Pioggia d'estate", iniziata il 25 giugno scorso dopo la cattura di un soldato da parte della resistenza e continuata anche durante l'aggressione al Libano, o con attacchi sporadici, l'assedio sionista ai territori occupati e in particolare alla striscia di Gaza continua a essere caratterizzato tra gli altri da una infinita sequenza di massacri impuniti che configurano un vero e proprio genocidio del popolo palestinese. L'ultimo quello dell'8 novembre nella striscia di Gaza, trasformata dagli occupanti in un lager per la popolazione palestinese. Il ministro della Difesa, il laburista Peretz, ordinava la sospensione dei bombardamenti e annunciava accertamenti sull'"incidente". Fonti militari israeliane dichiaravano che erano stati sparati dei colpi da lontano su aree da dove di recente erano stati sparati dei razzi. Le prime testimonianze da Beit Hanun denunciavano invece che i primi colpi avevano distrutto alcune case nella periferia nord del villaggio e i successivi avevano investito la popolazione che si era riversata per la strada e i soccorritori. Il presidente palestinese Abu Mazen e il premier Ismail Haniyeh condannavano il massacro e dichiaravano tre giorni di lutto mentre migliaia di palestinesi scendevano per le strade a Gaza al grido "Intifada, vogliamo la terza Intifada". Proteste davanti la sede dell'Unione Europea, che da gennaio si è allineata all'embargo imperialista sugli aiuti al governo palestinese; l'edificio a Gaza è stato bersagliato con lanci di sassi e bottiglie. Manifestazioni e scontri anche in Cisgiordania, in particolare a Hebron dove centinaia di manifestanti lanciavano pietre verso alcune postazioni dell'esercito israeliano. Abu Mazen chiedeva l'intervento del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Il portavoce del governo, Ghazi Hamad, accusava Israele di essere "uno Stato di belve e di gangaster" che dovrebbe essere espulso dall'Onu e cancellato dalla carta geografica. Da Damasco il leader in esilio di Hamas, Khaled Meshaal, affermava che "la nostra condanna non sarà di parole ma con i fatti. La resistenza risponderà. Invito tutte le fazioni ad unirsi in questa azione". E accusava gli Stati Uniti di corresponsabilità nel massacro, sia per il sostegno a Israele sia per i frammenti di un colpo di cannone trovati sul terreno che recavano la scritta "Made in Usa". Il premier sionista Ehud Olmert e il ministro della Difesa Amir Peretz l'8 novembre esprimevano "dolore" per la vicenda e offrivano "aiuti umanitari" ai palestinesi. Nei giorni seguenti il boia Olmert si autoassolverà dichiarando che le 19 vittime erano state causate da un "errore tecnico dell'artiglieria" che aveva mirato a un aranceto. L'ipocrisia dei sionisti nazisti non ha limiti; ha invece numerosi seguaci fra i paesi imperialisti. A cominciare dagli Usa che hanno posto il veto all'Onu su una risoluzione di condanna di Israele. La bozza di risoluzione era stata proposta dal Qatar e più volte rimaneggiata non accusava Israele di massacro o di terrorismo di Stato, esortava i palestinesi a cessare gli attacchi contro Israele e proponeva una missione Onu a Gaza "onde accertare i fatti". Un testo già insufficiente eppure fra i 15 membri del Consiglio di sicurezza 4 si astenevano (Danimarca, Inghilterra, Giappone e Slovacchia) e l'ambasciatore americano John Bolton la bocciava col veto. E col plauso del portavoce del governo israeliano, Avi Pazner. L'8 novembre il ministro degli Esteri D'Alema aveva dichiarato che "in questo momento è fondamentale un'iniziativa internazionale per sbloccare la situazione palestinese". Nell'agosto scorso, per giustificare l'intervento imperialista in Libano, aveva parlato della necessità dei "caschi blu" anche a Gaza ma dopo il vergognoso veto degli Usa all'Onu non aveva altro da dire; salvo ricordare tra l'altro che l'Italia ha applicato, come gli altri paesi imperialisti, l'ingiusto embargo finanziario al legittimo governo di Hamas. A Pechino ha riconfermato che il governo Prodi "sul medioriente non è equanime, è dalla parte di Israele. Il governo italiano non ha alcuna relazione col governo di Hamas". Dopo l'aggressione al Libano il PMLI aveva denunciato che "Omert e Peretz si stanno comportando come Hitler, infischiandosene del diritto internazionale e della comunità mondiale. Ciò è possibile grazie all'acquiescenza dei paesi imperialisti, con alla testa gli Usa e l'Ue, e dell'Onu ad essi asservita. I governanti sionisti e imperialisti di Tel Aviv vogliono dominare il Medioriente, ivi inclusi la Siria e l'Iran. Non glielo dobbiamo permettere. L'unico modo è quello di mettere al bando Israele e dare tutto l'appoggio possibile alla Resistenza dei popoli della Regione, cominciando da quella dell'eroico popolo palestinese". Il governo italiano deve ritirare immediatamente l'ambasciatore da Tel Aviv e rompere tutti gli accordi commerciali e militari con Israele, a partire da quello sulla cooperazione militare. Israele deve essere cacciato dall'Onu, la Palestina deve essere libera. "Palestina libera, adesso" è lo slogan centrale della manifestazione del 18 novembre a Roma, a cui il PMLI ha dato la propria adesione. 15 novembre 2006 |