Otto milioni di poveri Oltre un milione di famiglie di "poveri assoluti" concentrati nel Mezzogiorno Sono 8 milioni le persone povere in Italia, pari al 13,6% dell'intera popolazione. Tra questi ce n'è una larga parte (quasi 3 milioni) che sono i "poveri tra i poveri", con standard di vita che non sono minimamente accettabili. A pagare il prezzo maggiore ancora una volta è il nostro martoriato Meridione. È quanto emerge dal rapporto Istat sulla povertà diffuso il 30 luglio scorso a Roma. I poveri tra i poveri Per misurare la povertà assoluta, l'Istat prende per indicatore la capacità di spesa mensile rapportata a un paniere di beni e servizi che soddisfano i bisogni essenziali. Ebbene, in tutto il Paese, 2 milioni e 893 mila persone, ben il 4,9% della popolazione, ossia un italiano su venti, non sono in grado di acquistare questi beni e servizi essenziali minimi. Un esercito di superpoveri che è aumentato rispetto al 2007, di 466 mila unità. Considerando invece le famiglie, quelle che vivono in povertà assoluta sono in tutto il Paese 1 milione e 126 mila (il 4,6%). Ma il dato che più allarma è che questa fetta di nuova povertà colpisce nella quasi totalità le regioni meridionali (+452 mila). Al Sud, infatti gli indigenti sono stati l'8,1% nel 2008, in termini assoluti circa 1,7 milioni di persone. È proprio l'Istat a lanciare l'allarme sulla grave situazione delle regioni meridionali. "Dal 2007 al 2008 - rimarca l'Istituto di ricerca - l'incidenza della povertà assoluta è rimasta sostanzialmente stabile ma è significativamente aumentata nel Mezzogiorno, passando dal 5,8% al 7,9%". Tanto per dare un'ordine di grandezza al baratro che si sta allargando nel paese, le famiglie povere al Nord sono il 3,2%, mentre al Centro sono il 2,9%. Nel 2008 la crisi economica che ha cominciato a manifestarsi negli ultimi mesi dell'anno, ha fatto precipitare la situazione economica di molte famiglie. È il caso dei nuclei di quattro componenti: l'incidenza della povertà assoluta è passata in un anno dal 3,4% al 5,2%. Se la coppia ha due figli minori la quota è salita dal 3,8% al 5,7%. Allarmanti sono i dati dell'aumento della povertà assoluta per le famiglie in cui la persona di riferimento è in cerca di occupazione (dal 10% al 14,5%) o è un lavoratore autonomo, dove le famiglie indigenti sono passate in un solo anno dall'1,8% al 4,5%, ossia quasi triplicate. La povertà relativa Non meno preoccupanti e allarmanti sono i dati sulla povertà relativa. La soglia per una famiglia di due componenti è rappresentata dalla spesa media mensile per una persona, che nel 2008 è stata pari a 999,67 euro (+1,4% rispetto al 2007). Il rapporto dell'Istat ha stimato in 2 milioni e 737 mila, pari all'11,3% del totale, le famiglie in povertà relativa, ossia 8 milioni e 78 mila uomini, donne, bambini, pari al 13,6% dell'intera popolazione. A questi potrebbe aggiungersi un 4% di famiglie che galleggiano poco sopra la linea di "confine" e a cui basta un qualsiasi imprevisto per scivolare nella povertà. Anche in questo caso il fenomeno colpisce maggiormente il Sud dove l'incidenza della povertà relativa, col 23,8%, è quasi cinque volte superiore a quella del resto del Paese. La percentuale delle famiglie relativamente povere, riferisce ancora l'Istat, è comunque sostanzialmente stabile negli ultimi quattro anni e immutati sono i profili delle famiglie povere. Ma l'incidenza risulta in crescita tra le famiglie numerose: dal 14,2% al 16,7% tra quelle di quattro persone; dal 22,4% al 25,9% tra quelle di cinque o più; nelle famiglie di monogenitori (13,9%); nei nuclei con a capo una persona in cerca di occupazione (dal 27,5% al 33,9%), e tra quelle che percepiscono esclusivamente redditi da lavoro, e cioè con componenti occupati, (dal 6,7% al 9,7%) e soprattutto tra i nuclei con a capo un lavoratore in proprio (dal 7,9% all'11,2%). Questi gravi dati sono la conferma della totale latitanza e indifferenza del governo del neoduce Berlusconi nella politica di contrasto alla povertà. Un quadro allarmante quello del 2008 che rischia di diventare esplosivo quando si tireranno le somme del 2009. "Oggi la situazione è sicuramente più grave e con una relazione diretta con le dinamiche dell'occupazione, come dimostrano i dati del Mezzogiorno", hanno denunciato in un comunicato i segretari confederali della Cgil, Camusso e Fammoni. Si profila insomma all'orizzonte una povertà relativa dove ad essere risucchiati saranno operai e lavoratori, visto che molti accordi di cassa integrazione sono in scadenza e per molti lavoratori finirà l'indennità di disoccupazione. Già ora sono moltissimi i lavoratori che risultano e risulteranno senza alcuna indennità. Tutto ciò mentre le retribuzioni non crescono, l'occupazione diminuisce nelle imprese industriali e nei servizi anche al netto della cig che continua ad aumentare, e diminuiscono le ore lavorate anche al netto della cig. Mentre Berlusconi e i suoi pretoriani, ripetono la storiella che bisogna essere ottimisti e che la crisi è solo psicologica. Se non addirittura una ghiotta "opportunità" per 30 milioni di lavoratori dipendenti e pensionati, come ha tentato provocatoriamente di spacciarla il ministro Brunetta appena 2 mesi fa, sostenendo che "la crisi ha portato un aumento del potere di acquisto, grazie all'incremento delle retribuzioni e alla diminuzione dell'inflazione" e di conseguenza la povertà sarebbe "diminuita" (sic!). 16 settembre 2009 |