Parisi: in Iraq siamo in "missione di pace" D'Alema: rimaniamo in Afghanistan La prima missione diplomatica all'estero del nuovo ministro della Difesa Arturo Parisi è stata quella del 30 maggio a Nassiriya, a rendere omaggio al contingente di occupazione italiano in Iraq. Un esordio significativo che la dice lunga sulle chiacchere del governo Prodi in merito al ritiro del contingente dal paese, tantopiù che nell'occasione il ministro della Difesa ha esordito con un siamo in Iraq in "missione di pace" ovvero quanto finora contrabbandato dal precedente governo Berlusconi. Che la presenza anche delle truppe italiane in Iraq non sia considerata una "missione di pace" lo ha evidenziato l'attacco della resistenza irachena al contingente italiano del 27 aprile e ribadito dal successivo del 5 giugno. Di rincalzo a quanto affermato da Parisi a Nassiriya è intervenuto il ministro degli Esteri Massimo D'Alema che in una lettera al Corriere della sera ha aggiunto che l'Italia ritornerà in Iraq con una missione civile sostenuta da una forza militare "non rilevante". La discussione sul futuro dell'impegno italiano in Iraq si svolgerà in parlamento entro giugno. D'Alema non ha dubbi invece per quanto riguarda la partecipazione dei militari italiani all'occupazione dell'Afghanistan e con una nota della Farnesina del 30 maggio ha ribadito che "l'impegno italiano resterà inalterato, poiché non c'è nessuna idea di un ridimensionamento delle truppe, né di un cambio della natura della missione". In un successivo intervento ripeterà che in Afghanistan "noi operiamo nel quadro di decisioni assunte dalle Nazioni Unite, di un impegno della Nato e di un impegno comune europeo, è un quadro politico completamente diverso". Al guerrafondaio D'Alema basta indossare l'elmetto degli organismi imperialisti internazionali e tutto è giustificato, compresa la partecipazione attiva all'occupazione militare dell'Afghanistan. D'altra parte non è la prima volta, lo aveva già indossato da capo del governo per lanciare il tricolore imperialista italiano nell'aggressione alla Serbia. Eppure anche solo l'attacco del 5 maggio scorso a un convoglio militare italiano a Kabul, nel quale sono morti due soldati, era stato un chiaro segnale contro la presenza delle Forze armate italiane in Afghanistan. La decisione conseguente e necessaria è il ritiro immediato del contingente dal paese. 7 giugno 2006 |