Ai parlamentari non più del triplo del salario medio operaio Cancellare tutti i privilegi e i benefici della "casta" Il varo della micidiale stangata quadriennale del governo, con l'approvazione immediata di tagli e sacrifici inauditi solo per i lavoratori e le masse popolari, mentre rimanda alle calende greche il taglio dei lauti stipendi e dei privilegi dei ministri e dei parlamentari, ha fatto giustamente salire alle stelle l'indignazione popolare contro la cosiddetta "casta" dei politicanti borghesi, indignazione che ha trovato canali di trasmissione e moltiplicazione particolarmente efficaci nei forum e nei blog di Internet. Il termine "casta" non è appropriato, anche se ormai è diventato di uso comune. Noi usiamo il termine "cosche parlamentari", che descrive più esattamente in termini politici il grado di degenerazione mafiosa a cui è giunto il parlamento borghese nell'attuale regime neofascista imperante in Italia. Ma ad ogni modo la sostanza non cambia, purché si intenda questo termine nel giusto modo, stando attenti a non cadere nel tranello populista di chi, come la Lega, i neofascisti e lo stesso neoduce Berlusconi, strumentalizza e agita il termine "casta" per tirarsene fuori e attribuirlo agli altri partiti, ai magistrati che fanno il loro dovere perseguendo i corrotti, ai sindacati che difendono le conquiste dei lavoratori, come la Fiom, ai lavoratori del pubblico impiego e della scuola, e così via. È emblematico e sfacciatamente scandaloso il fatto che quando Tremonti si provò a proporre nella prima bozza della manovra quadriennale alcune misure di riduzione dei "costi della politica", come il taglio degli stipendi di ministri e parlamentari (che sono i più alti d'Europa in assoluto), delle auto blu e dei voli di Stato - sia chiaro, a puro titolo propagandistico, cioè solo per rendere la stangata appena un po' meno iniqua agli occhi delle masse - si sia trovato contro l'intero Consiglio dei ministri, a cominciare dallo stesso neoduce Berlusconi, preoccupato unicamente di non irritare i ministri e i parlamentari appena comprati e ai quali deve la sopravvivenza della sua risicata maggioranza. La proposta fu infatti subito ritirata e convertita in un'ipotesi da "studiare" con calma, nei prossimi mesi e magari anni, delegandola a un'apposita commissione, presieduta dal presidente dell'Istat, con il compito di adeguare gli stipendi di ministri e parlamentari alla "media dei sei maggiori paesi europei". Quanto alle auto blu si stabilivano alcune limitazioni, come ad esempio la cilindrata massima, ma da applicare via via che il parco macchine viene rinnovato. Una farsa, insomma. Ma di fronte al montare dell'indignazione popolare le cosche parlamentari sono costrette a correre ai ripari, con proposte di facciata che rendano un po' meno impresentabili i loro scandalosi stipendi e privilegi vari. Ed ecco allora i presidenti dei due rami del parlamento fare a gara per anticipare alcune misure di riduzione delle spese di funzionamento di Camera e Senato da approvare prima della chiusura estiva: per convincere gli italiani, ha detto il fascista ripulito Fini, che le Camere "non sono il luogo dove una casta di privilegiati si chiude a difesa dei suoi interessi". Ed ecco il neoduce Berlusconi dare ordine ai suoi pennivendoli del "Giornale" e di "Libero" di farsi paladini di una campagna stampa strumentale contro i costi e gli sprechi "della politica", prendendo di mira ovviamente i partiti dell'"opposizione", il Quirinale, i magistrati, insomma tutti fuorché governo, PDL e Lega. Quest'ultima poi, con la bozza di controriforma costituzionale neofascista di Calderoli, spaccia il monocameralismo, il presidenzialismo e il federalismo secessionista su cui è basata, come la panacea anche per la riduzione dei "costi della politica". E pure il PD, anche perché pressato dagli scandali da cui rischia di essere travolto, si è affrettato a presentare un pacchetto di modifiche, con il monocameralismo, il Senato federale e l'adeguamento degli stipendi dei parlamentari alla media europea: nel timore, come ha detto Debora Serracchiani, che "se non daremo risposte in tempi brevissimi ai cittadini, ci verranno a cercare coi forconi". Si tratta, come si intuisce facilmente, di reazioni tutte puramente strumentali e demagogiche, per cercare di acquietare l'indignazione popolare montante in attesa che "passi la nottata". Basti pensare alla stagione di tangentopoli, che ha sì spazzato via i vecchi partiti corrotti, ma solo per ritrovarci oggi con un parlamento ancor più pieno di inquisiti e con partiti ancor più famelici e corrotti. E questo nonostante che i finanziamenti pubblici e gli stipendi dei parlamentari siano saliti alle stelle proprio col pretesto di "non incoraggiare" la corruzione e i finanziamenti illeciti. A questo quadro vergognoso e squallido, non si può quindi che contrapporre con forza le limpide rivendicazioni del Programma d'azione del PMLI: "Abrogare tutte le norme sul finanziamento pubblico dei partiti, e in particolare la legge 157 del 3 giugno 1999 sui rimborsi per le spese elettorali". "Gli stipendi del presidente della Repubblica, del presidente del Consiglio, dei ministri, dei parlamentari, dei presidenti, dei sindaci e degli assessori regionali, provinciali e comunali, così come quelli degli alti funzionari dello Stato, non devono superare il triplo del salario medio operaio dell'industria". 27 luglio 2011 |