Col voto del PD e solo 25 contrari Il parlamento nero approva il nuovo modello di difesa interventista Delega in bianco agli stati maggiori militari. Più 1,3 miliardi per le armi Sit-in di pacifisti davanti alla Camera blindata L'11 dicembre un parlamento nero zeppo di inquisiti, corrotti e nominati e già virtualmente scaduto, e che secondo lo stesso premier Monti avrebbe dovuto limitarsi ad approvare la legge di stabilità e poi sciogliersi prima di Natale, ha fatto in tempo però ad approvare all'ultimo tuffo, in gran fretta e nel silenzio complice dei mass-media di regime, la legge delega sul nuovo modello di Difesa interventista. Una legge che regala una delega in bianco agli stati maggiori militari per "autoriformare" l'esercito interventista, diminuendo gli organici ma investendo ben 230 miliardi in 12 anni in nuove tecnologie e sistemi d'arma, per meglio sostenere la sua capacità di proiettarsi al di fuori dei confini nazionali. Il nuovo modello di Difesa interventista è un tipico prodotto del governo Monti della grande finanza, della UE e del massacro sociale, nato per far uscire l'imperialismo italiano dalla crisi economica e finanziaria, ma scaricandola interamente sulle masse lavoratrici e popolari e salvando invece le sue ambizioni economiche e militari neocolonialiste ed espansioniste nel Mediterraneo e in altri scacchieri mondiali: mentre infatti da una parte ha tagliato spietatamente le pensioni, la sanità, la scuola, i servizi sociali, gli ammortizzatori sociali e realizzato ogni sorta di risparmio possibile tartassando, affamando e riducendo allo stremo il popolo, dall'altra ha confermato tutte le missioni militari di guerra all'estero mascherate da interventi "di pace" che bruciano un miliardo l'anno, si è rifiutato sprezzantemente di ascoltare l'accorato appello che sale da tante parti del Paese a rinunciare all'acquisto di 90 cacciabombardieri F-35 dal costo esorbitante di 13 miliardi, e aumenta invece le spese per riammodernare e riarmare fino ai denti l'esercito interventista, anche se mascherate dietro un falso spostamento a "costo zero" dalle spese per il personale a quelle per investimenti in nuove tecnologie e sistemi d'arma. Questo infatti è il reale contenuto del nuovo modello di Difesa disegnato dagli stessi stati maggiori militari e presentato dal ministro della Difesa, l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, approvato lo scorso febbraio dal Consiglio supremo di Difesa presieduto da Napolitano e dal Consiglio dei ministri del 6 aprile, approvato poi in prima lettura al Senato lo scorso 6 novembre, e infine approvato senza modifiche e quindi in via definitiva dalla Camera l'11 dicembre. Un'approvazione avvenuta a tempo di record, tagliando tutti i tempi degli interventi e bocciando tutti gli emendamenti, grazie ad un catenaccio di ferro della maggioranza che sostiene (o sosteneva) il governo, PDL, PD, UDC e FLI. I sì sono stati 295, i contrari solo 25 (l'IDV) e 53 gli astenuti. Sulla votazione c'è poco da dire, salvo che il relatore era il pidiellino Cirielli (sì, quello della legge omonima salva-Berlusconi che accorcia i tempi della prescrizione), che il PD si è distinto nel difendere la "bontà" del provvedimento dalle accuse delle organizzazioni pacifiste, come l'associazione Sbilanciamoci!, la Tavola della Pace, Libera e altre associazioni che quel giorno stesso manifestavano davanti a Piazza Montecitorio blindata dai carabinieri, e che la Lega, pur astenendosi per puro elettoralismo, ha in realtà unto gli ingranaggi facilitando il disbrigo della "pratica" nella commissione Difesa presieduta dal maroniano Giorgetti, entrambi guarda caso grandi amici dell'attuale amministratore delegato di Finmeccanica, Orsi. Così ora sarà lo stesso ammiraglio Di Paola, oppure se non farà in tempo il suo successore alla Difesa del nuovo governo, a emanare in piena autonomia dal parlamento e senza dover render conto al popolo, i decreti delegati per "riformare" lo strumento militare secondo le linee già tracciate con il nuovo modello di Difesa interventista. Un modello che si basa sul falso assunto che l'Italia spenderebbe troppo poco per la difesa, lo 0,84% del PIL, contro una media europea dell'1,61%. Quando in realtà le fonti internazionali indipendenti e la stessa Ragioneria dello Stato dicono che attualmente la spesa è all'1,4%, la seconda in Europa dopo la Gran Bretagna e prima della Spagna. Questo semplicemente perché nel Bilancio della Difesa non sono conteggiate le spese per le missioni militari all'estero e quelle per i sistemi d'arma, accollate ad altri ministeri. É grazie a questo ignobile trucco contabile che la Difesa è l'unico ministero che non ha subito tagli in questi ultimi anni di continue stangate, e che in controtendenza si vede assegnare dalla legge di Stabilità per il 2013 una dotazione in più di 1,3 miliardi. È vero poi che il personale militare di esercito, marina e aviazione sarà ridotto nei prossimi 12 anni di 40 mila uomini, più altri 10 mila del personale civile, ma i costi di questa ristrutturazione saranno accollati ad altri ministeri e voci di spesa dello Stato, cioè alla collettività, attraverso pensionamenti anticipati, mobilità, part-time, trasferimenti del personale in esubero ad altre strutture pubbliche e così via: un trattamento in guanti bianchi ben diverso da quello riservato agli altri lavoratori e agli esodati, e che in questo caso non ha sollevato alcuna obiezione da parte della Marchionne del governo Monti, Elsa Fornero. Mentre i soldi risparmiati in stipendi resteranno invece alla Difesa, che li spenderà tutti in investimenti per nuove tecnologie e nuovi sistemi d'arma, per un valore stimato di 230 miliardi da qui al 2024. Sono previste poi ulteriori fonti di finanziamento dalla vendita dell'enorme patrimonio immobiliare statale (terreni, caserme, palazzi ecc.) di competenza della Difesa, dagli interventi delle forze armate per terremoti, alluvioni e altre calamità, che d'ora in avanti saranno a pagamento a carico delle comunità colpite, dalla vendita di armamenti ad altre nazioni che il ministero potrà esercitare in proprio mettendo sul mercato i sistemi in soprannumero o in via di sostituzione con materiali più moderni: un esercito mercenario e anche mercante d'armi dunque, oltre che più aggressivo e interventista. Un esercito che è in tutto e per tutto il braccio armato dell'imperialismo italiano, proiettato ormai permanentemente fuori dai confini nazionali in spregio totale all'articolo 11 della Costituzione e alla volontà di pace del nostro popolo. 19 dicembre 2012 |