Parla il carabiniere accusato d'aver sparato in piazza Alimonda Placanica: "Perché alcuni militari hanno fracassato la testa a Giuliani con una pietra?" "Festa in caserma dopo l'omicidio" Firmiamo la petizione per la commissione d'inchiesta sui fatti di Genova "A Genova hanno inquinato le prove e alla fine ho pagato solo io". Dopo oltre 5 anni dall'uccisione di Carlo Giuliani durante il G8 di Genova del 2001 Mario Placanica, l'ex carabiniere incriminato e poi assolto per aver sparato al ragazzo (secondo i giudici si trattò di "legittima difesa") ha deciso di rompere il silenzio e raccontare la sua verità su quei giorni, i minuti precedenti l'uccisione di Carlo, le ore successive e i mesi fino alla sua cacciata dall'Arma. Lo ha fatto in una lunga intervista rilasciata al quotidiano CalabriaOra il 29 novembre scorso, e che è tornato a ripetere anche in diretta radiofonica e televisiva a RTL 102.5, e nel corso di un dibattito su La7. Una verità in cui afferma esplicitamente di essere "un capro espiatorio usato per coprire qualcuno" di essersi "trovato in un ingranaggio più grande" di lui e soprattutto di non aver ucciso lui Carlo Giuliani perché quel giorno ammette sì di aver sparato due colpi ma sostiene di averli sparati in aria. Dice ancora che a suo avviso non è stata detta tutta la verità sul G8, che "ci sono troppe cose che non sono chiare" riferendosi appunto "a quello che è successo dopo a piazza Alimonda. Perché alcuni militari hanno 'lavorato' sul corpo di Giuliani? Perché gli hanno fracassato la testa con una pietra?". In una successiva intervista a CalabriaOra Placanica si domanda come mai il collega Cavataio gli abbia tolto la pistola dopo gli spari. Cavataio in aula disse di non essersi accorto degli spari e forse ebbe ordini precisi circa l'arma del commilitone. Le nuove dichiarazioni di Placanica sono state anche l'occasione per raccontare il clima fascista e squadrista che ha fatto da contorno alle giornate del G8 e all'assassinio di Carlo. A partire dalla disgustosa e barbara festa che i colleghi riservarono a Placanica al suo rientro in caserma, dopo che era stato ucciso Carlo e a lui era stata attribuita la responsabilità. "Mi chiamavano il killer. I colleghi hanno fatto festa, mi hanno regalato un basco del Tuscania. 'Benvenuto tra gli assassini', mi hanno detto... Erano contenti di quello che era capitato. Dicevano morte sua vita mia, cantavano canzoni. Hanno fatto una canzone su Carlo Giuliani". Una versione non molto diversa da quella che riferirono le cronache di allora, dove decine e decine di genovesi residenti alla Foce, raccontarono di aver sentito quella stessa notte gli uomini del Tuscania acquartierati alla Fiera accogliere Placanica con cori festanti, cantando "Faccetta nera", "Uno due tre, viva Pinochet". Anche sulle ore che precedono i fatti di piazza Alimonda le dichiarazioni di Placanica ripropongono scenari sconcertanti e inquietanti. Racconta che "c'era una tensione incredibile... i superiori gridavano sempre... ci dicevano che le situazioni sarebbero state un po' particolari, non come semplice ordine pubblico ma qualcosa di più... ci raccontavano che ci avrebbero tirato addosso le sacche di sangue infetto... La sensazione era come se dovessimo andare in guerra". Poi afferma che mentre erano in corso le cariche e lui "sparava lacrimogeni" il maggiore Cappello, ufficiale del Tuscania, "mi ha preso il lanciarazzi perché diceva che non ero capace... Io sparavo a parabola, invece lui ha iniziato a sparare ad altezza d'uomo, colpendo in faccia le persone. Cose allucinanti". Racconta anche che mentre stava andando verso piazza Alimonda ha "visto picchiare a sangue dal colonnello Truglio e dal maggiore Cappello alcune persone con la macchina fotografica". Una brutalità premeditata, selvaggia e di stampo mussoliniano che poi ritroveremo nei vigliacchi pestaggi all'interno della scuola Diaz e nelle torture nella caserma a Bolzaneto. Si tratta insomma di rivelazioni agghiaccianti che ancora una volta dimostrano che l'ordine di mettere Genova a ferro e fuoco, caricare selvaggiamente i cortei, massacrare centinaia di manifestanti, attuare rastrellamenti da aperta dittatura fascista, venne "dall'alto", ossia dal governo assassino del neoduce Berlusconi, con il preciso obiettivo di soffocare la rivolta contro il G8, intimidire e annientare il movimento antiglobalizzazione, e più in generale lanciare un minaccioso "avvertimento'' alla "piazza'' e a chiunque avesse osato opporsi al regime neofascista imperante. Una verità che purtroppo è invece stata vergognosamente insabbiata a livello politico e giudiziario. Occorre quindi rivendicare con forza che venga fatta piena luce sulla catena di comando nella gestione dell'"ordine pubblico" in quelle giornate, sulle direttive politiche impartite ai vari comandi dal ministro dell'Interno (Scajola) e dal premier Berlusconi, sulle inadempienze, sugli abusi di potere, sugli occultamenti di prove o sulla loro manomissione. Verità sulle forze estranee, esponenti di governo, innanzitutto, presenti nelle sale operative durante gli scontri, Fini in testa. Occorre quindi firmare e sostenere la petizione per richiedere l'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta sui giorni del G8 che abbia gli stessi poteri d'autorità giudiziaria, che possa cioè utilizzare tutti gli strumenti utili ad acquisire informazioni necessarie al raggiungimento della verità. Commissione d'inchiesta peraltro inserita nel programma di governo dell'Unione, ma che risulta impantanata in commissione Affari costituzionali alla Camera per il fuoco di sbarramento della casa del fascio (scontato) ma anche da parte dell'Italia dei Valori e della Rosa nel pugno. Anche per Placanica sarebbe "l'occasione per fare luce su quello che è accaduto". L'unico modo per fare chiarezza, ha commentato Haidi Giuliani, mamma di Carlo e recentemente eletta senatrice del PRC, "è un pubblico dibattimento nell'ambito di un processo e credo che la commissione di inchiesta si debba assolutamente fare. Se è vero, come dice Placanica, che non ha ucciso lui Carlo perché ha sparato in aria, è stato indotto a mentire per coprire il vero assassino su quella camionetta. Spero che la magistratura apra immediatamente un'inchiesta e che la verità venga ristabilita in un tribunale". Frattanto, la famiglia Giuliani il 5 dicembre ha presentato alla Corte europea per i diritti umani di Strasburgo un esposto contro lo Stato italiano che ipotizza la violazione della Convenzione europea sui diritti umani per "uso eccessivo della forza e una inadeguata organizzazione a livello di sicurezza". 17 gennaio 2007 |