Il PD apre le porte ai massoni Anche in questo omologato alla destra Il partito di Bersani è dilaniato in queste settimane dalla polemica sulla doppia iscrizione a massoneria e PD. Tutto è cominciato quando alcuni esponenti del partito, tra cui Renzo Bardelli, ex sindaco PCI di Pistoia dal 1976 al 1982, hanno confessato che di massoni oggi nel PD ce ne sono a bizzeffe. L'interesse giornalistico sulla vicenda si è acceso grazie ai casi di Guido Maria Destri, assessore al Bilancio di Scarlino, comune della Maremma grossetana, fotografato durante una riunione massonica e di Ezio Gabrieli, costretto alle dimissioni dopo la sua dichiarazione di appartenenza al Grande Oriente d'Italia, la cosiddetta massoneria "regolare" italiana, in realtà nota per avere affiliato la loggia massonica segreta P2 e per l'iscrizione tra i suoi affiliati di esponenti della criminalità organizzata. Ma evidentemente, per gli esponenti del PD, come già per quelli della destra borghese, non è un problema politico rilevante essere membri attivi della massoneria. Di massoni del PD ce ne sarebbero oltre 4 mila su quasi 21 mila iscritti in 744 logge, il 50% dei quali concentrati in Toscana, Calabria, Piemonte, Sicilia, Lazio e Lombardia, con la maggiore densità assoluta a Firenze e Livorno, questi secondo dati inizialmente rivelati da Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia e poi non confermati, né smentiti in una intervista a Lucia Annunziata. Di recente Renzo Bardelli, ha indicato come massone anche il neo consigliere regionale del PD, Gianfranco Venturi, che, però ha risposto con una querela. Certo è che le polemiche nate in questi giorni hanno riportato alla luce una vicenda dai contorni davvero inquietanti: la compenetrazione tra massoneria e partiti borghesi non riguarda solo la destra del regime, ma, nella terza repubblica si è allargata a comprendere in modo massiccio anche il maggiore partito della "sinistra" borghese. Lo stesso acceso e lungo dibattito in seno al PD ha mostrato quanto la questione sia estesa. Secondo il Codice etico del partito di Bersani "non possono iscriversi al Partito Democratico le persone appartenenti ad associazioni che comportino un vincolo di segretezza o comunque a carattere riservato, ovvero che comportino forme di mutuo sostegno tali da porre in pericolo il rispetto dei principi di uguaglianza di fronte alla legge e di imparzialità delle pubbliche istituzioni". Ma il problema è stato risolto velocemente dalla commissione di garanzia del PD, presieduta da Luigi Berlinguer, che decide di aprire le porte ai massoni anche in maniera esplicita, giustificando la decisione con l'assunto irreale, fuori dalla cronaca e dalla storia, che la massoneria oggi non sia più una società segreta: "Noi non possiamo chiudere le porte del partito - afferma Berlinguer - se non si dimostra che sono società segrete. E ora sembra che non lo siano più". Si apre, allora, la possibilità di essere contemporaneamente membri di PD e massoneria. Ora, un massone che voglia iscriversi al partito di Bersani dovrà dichiarare prima, l'eventuale adesione ad altre associazioni, massoneria compresa "poi deve presentare lo statuto e i documenti - afferma Berlinguer - spiegando che tipo di attività viene svolta e, terzo, deve documentare che ha rapporti di mutuo sostegno interno e di che tipo sono questi rapporti di solidarietà interna per verificare da parte nostra se questo può inficiare o meno la correttezza, l'imparzialità e l'uguaglianza dei cittadini e non creare dei favoritismi rispetto agli altri". Berlinguer prova ad ammantare di democraticità ciò che democratico non è. Accettare i massoni significa sdoganare come democratiche organizzazioni da sempre potentissimo covo dei pezzi da Novanta della borghesia, che hanno agito nell'ombra e hanno avuto un ruolo centrale nello stragismo golpista, nella strategia per favorire l'avvento della seconda e terza repubblica neofasciste, in moltissimi scandali economici e finanziari e in svariate inchieste riguardanti la criminalità organizzata. Il capo del Grande Oriente ringrazia per lo sdoganamento. Dal caso del PD potrebbe venire "la fine di questa leggenda della segretezza - afferma Gustavo Raffi - frutto avvelenato delle gesta del materassaio di Arezzo", (si riferisce a Licio Gelli), "che non ha ragione di persistere" (sic!) 7 luglio 2010 |