Bersani con i padroni e con i sindacalisti crumiri Il PD candida l'ex direttore di Confindustria e il vicesegretario della CISL Imbarcati anche il segretario di Confcommercio e l'economista liberista Dell'Aringa, uno degli ispiratori della legge antioperaia Biagi Il leader del principale partito della "sinistra" borghese pronto ad allearsi con Monti Per controbattere le accuse di Monti di essere troppo sbilanciato verso la CGIL e contendergli i voti dell'elettorato "moderato", Bersani ha imbarcato nelle sue liste alcuni pezzi da novanta provenienti direttamente dal padronato e dai sindacati crumiri. E non per fargli recitare il ruolo di candidati civetta per trainare il voto ai candidati politici, anche perché non lo avrebbero certamente accettato, ma per dare loro proprio i primissimi posti, quelli ad elezione praticamente garantita. Si tratta dell'ex direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, secondo in lista dopo Bersani nella circoscrizione Lombardia I per la Camera; del segretario aggiunto della CISL, Giorgio Santini, terzo in lista dopo Felice Casson e la capolista Laura Puppato nella circoscrizione Veneto per il Senato; del segretario generale di Confcommercio, Luigi Taranto, quarto della lista capeggiata da Bersani nella circoscrizione Sicilia I per la Camera; e infine dell'economista cattolico Carlo Dell'Aringa, candidato capolista nella circoscrizione Lombardia II per la Camera. Il PD aveva offerto anche la candidatura come capolista in Piemonte alla presidentessa regionale di Confindustria, Mariella Enoc, che però aveva declinato l'invito, altrimenti la squadra filopadronale sarebbe stata ancor più nutrita. Chi sono i candidati filopadronali reclutati da Bersani Giampaolo Galli, 61 anni, bocconiano come il responsabile economia del PD Stefano Fassina (che Monti aveva chiesto non a caso a Bersani di "silenziare"), è considerato ancor più a destra di Ichino, la cui trasmigrazione nella lista del premier è chiamato a controbilanciare. Ex FGCI, laureato alla Bocconi, ha studiato con l'economista Modigliani al Mit di Boston, approdando poi al FMI e alla Banca d'Italia. Dal 1995 al 2003 è entrato per la prima volta in Confindustria come capo del centro studi. È stato consulente del Parlamento europeo, membro del National institute of economics research di Londra e direttore generale per due anni dell'Ania, l'associazione delle assicurazioni italiane. È diventato direttore generale di Confindustria nel 2009 chiamato dalla Marcegaglia, ed è rimasto in carica fino a sei mesi fa, quando è stato eletto Giorgio Squinzi alla presidenza. In questo periodo, schieratosi decisamente al fianco di Marchionne e della sua linea oltranzista e mussoliniana nella vertenza di Pomigliano, si è distinto quale artefice della "riforma" liberista della contrattazione del 2009 e del conseguente accordo separato con i vertici collaborazionisti di CISL e UIL. Ma anche come tessitore dell'accordo capitolazionista del 28 giugno 2011, che stavolta ha imbarcato anche la CGIL della destra Camusso. È stato anche uno dei più accaniti sostenitori dell'abolizione dell'articolo 18, criticando perfino la "riforma" Fornero per il suo "poco coraggio": chiedeva infatti di estendere la libertà di licenziamento anche al pubblico impiego. In un'intervista a l'Unità dell'8 gennaio ha così spiegato perché ha accettato la candidatura nel PD: "Ho molto apprezzato il sostegno leale che il PD ha dato al governo Monti, in un momento di assoluta emergenza nazionale, confermando ancora una volta che questo è un partito solidamente ancorato all'Europa e che sa mettere i problemi del Paese davanti agli interessi di parte". In un'intervista a la Repubblica del 9 gennaio ha chiarito inoltre quale sarà la politica economica, sindacale e sociale dell'eventuale prossimo governo di "centro-sinistra": "Nelle linee di fondo, al di là dei singoli aspetti di dettaglio, non bisogna disfare quello che ha fatto il governo Monti. Se si facesse una operazione di questo tipo rischieremmo sul piano della credibilità internazionale e dei mercati finanziari", ha detto Galli. E questo nonostante Vendola nella maggioranza? "Quanto a Vendola - ha risposto senza scomporsi l'ex dg di Confindustria - osservo che tutti i grandi partiti europei hanno al loro interno posizioni differenziate. Oskar Lafontaine era compagno di partito di Schroeder, l'uomo che ha fatto le grandi riforme per la crescita della Germania dei primi anni 2000...". Nessun problema, insomma, dal leader trotzkista di SEL per Galli, che come personaggio di pura rappresentanza non gli dà alcun fastidio, e che ritiene anzi molto utile come copertura a sinistra della linea liberista sopra ribadita. Giorgio Santini, 36 anni di carriera nella CISL, è stato dal dicembre 2010 e fino ad oggi segretario generale aggiunto, come dire il numero due della confederazione diretta da Raffaele Bonanni. Si dice anzi che abbia deciso di candidarsi in politica dopo il ripensamento di Bonanni sulla sua presentazione nella lista Monti, avendo invece deciso di restare per ora ben piantato nella carica di primo segretario rimandando sine die la sua successione. Santini aveva ricevuto una proposta anche da Monti proprio come capolista in Veneto. Perché poi ha deciso per il PD? Per la "vicinanza con quelle idee", è stata la sua spiegazione. Del resto l'ex segretario aggiunto è considerato da sempre molto vicino alla Margherita, tanto che è stato Beppe Fioroni a fargli da mediatore con Bersani. Comunque egli ha anche dichiarato che le due proposte erano parimenti accettabili, e questo la dice lunga sia sulle idee del personaggio che sulla linea del partito che alla fine ha scelto. "Adesso credo che con la riforma del lavoro qualche passo avanti si sia fatto", ha detto infatti in una recente intervista a proposito del problema del lavoro per i giovani, magnificando le virtù dell'apprendistato previsto dalla "riforma" Fornero rispetto ai "lavori atipici". Aggiungendo di aver "spinto molto" in tal senso in sede di riforma del lavoro, ma "non tanto per cancellare la flessibilità", ha precisato, "perché la flessibilità è insita ormai nelle modalità organizzative del lavoro dovuta anche alla competitività, alle esigenze che cambiano degli utenti, della clientela, ecc.". Santini impersona in pieno la linea collaborazionista e neocorporativa del sindacato guidato dal crumiro Bonanni, culminata con l'accordo separato sulla produttività firmato insieme a UIL e UGL con le associazioni padronali il 21 novembre sotto l'egida del governo Monti. Di cui egli è uno dei padri, e che cita in ogni intervista, dichiarandosi strenuo cultore della "flexsecurity" europea e degli "enti bilaterali" neocorporativi. Riguardo per esempio alle ristrutturazioni aziendali (e ai licenziamenti conseguenti), ha dichiarato che "vogliamo arrenderci il meno possibile (sic) a questa realtà". Carlo Dell'Aringa, 72 anni, cattolico, è dal 1982 professore di economia politica all'università Cattolica di Milano. È stato uno degli estensori del Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, presentato nel 2001, che ha fornito le basi alla legge antioperaia Biagi del 2003 che ha fatto esplodere la piaga del precariato. Dopo l'annuncio della sua presentazione come capolista in Lombardia ha dichiarato: "Condivido in tutto l'idea del segretario Bersani di costituire una solida maggioranza dialogante con le forze moderate di centro, necessaria per coniugare il necessario rigore del bilancio pubblico con una politica che vada maggiormente incontro alle esigenze delle famiglie, del lavoro e delle imprese". Di lui si dice che sia papabile per diventare ministro del Lavoro. Se così fosse su di lui peserebbe anche l'ombra del conflitto di interessi, dato che è presidente e azionista di Ref Ricerche, una Srl fondata nel 2000 che svolge attività di consulenza, in Italia e all'estero, per enti pubblici e aziende in campi come acqua e rifiuti, economia italiana e internazionale, mercato del lavoro, tariffe e prezzi, cooperazione internazionale, federalismo e finanza pubblica. Tra i suoi clienti in Italia proprio il ministero del Lavoro e quello dell'Economia, e poi la Camera dei deputati, il Senato, l'Agenzia delle entrate, l'Antitrust, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, il Formez, il Cnel, l'Istituto per il commercio estero, Enel, Eni, Terna e numerose università, tra cui la Cattolica dove insegna, nonché la Bocconi di Monti. A l'Unità del 10 gennaio ha dichiarato di aver avuto "rapporti stretti con la CISL e con la Confindustria" e di essere contento di trovarsi nelle liste del PD col segretario CISL Santini. Riguardo alla linea per lo "sviluppo" che il PD dovrebbe adottare se andasse al governo, è stato chiaro: "Sono ottimista, anche se il momento è duro. Le condizioni non sono più quelle del governo Prodi. I vincoli europei sono forti, non possiamo scantonare. Penso che il PD e i suoi alleati siano consapevoli della situazione del Paese". Luigi Taranto, 53 anni, palermitano, è stato responsabile degli uffici di presidenza della Confcommercio, e tra il 1994 e il 1997 è stato segretario generale di Confcommercio Sicilia, prima di essere eletto segretario generale della confederazione nel 2011. Anch'egli avrebbe potuto candidarsi indifferentemente sia con Monti che con Bersani, dato che il suo programma è quello scritto in testa ad entrambe le rispettive "agende", e cioè "agire per una più forte integrazione tra le ragioni del rigore e le ragioni della crescita e dell'equità". E dato che che per lui, come per Monti e per Bersani, al quale si è espressamente richiamato, questa deve essere "l'ora delle liberalizzazioni". Bersani "pronto a collaborare" con Monti Con queste candidature di peso dichiaratamente liberiste e filopadronali, Bersani non mira solo a presidiare elettoralmente il suo fianco destro (quello "sinistro" è ben coperto da Vendola), ma anche a precostituirsi un ponte utile per un futuro dialogo con Monti dopo le elezioni. Non a caso in una recente intervista televisiva a Otto e mezzo su La7 ha dichiarato che Berlusconi è "un avversario", mentre Monti è "un competitore"; e pur ribadendo che diventerà presidente del Consiglio "chi prende più voti", ha sottolineato che se toccherà a lui continuerà a rivolgersi ad altre "forze moderate fuori dall'alleanza di centrosinistra". Da parte sua Monti, dopo le polemiche dei primi giorni di campagna elettorale, sembra aver accolto positivamente le aperture del leader del principale partito della "sinistra" borghese, tanto che parlando a un convegno dei liberisti del PD ad Orvieto ha auspicato una "collaborazione delle forze riformiste" dopo le elezioni. E Bersani ha rilanciato dichiarando al quotidiano Usa Washington Post di essere "pronto a collaborare" e disposto a stringere col banchiere liberista un "patto per le riforme e la ricostruzione del Paese". 16 gennaio 2013 |