Sparisce il reato di concussione Penati non si presenta in tribunale per rinunciare alla prescrizione L'ex braccio destro di Bersani successivamente dice che chiederà alla Cassazione l'annullamento della prescrizione Le responsabilità del PD Uno scandalo nello scandalo: non c'è altro modo per definire la vergognosa messinscena giudiziaria che ha caratterizzato l'udienza del 22 maggio presso il tribunale collegiale di Monza (presidente Letizia Brambilla) nell'ambito del processo contro la cricca del cosiddetto "Sistema Sesto" delle tangenti inerenti la riqualificazione delle ex aree Falck e Marelli di Sesto San Giovanni e che vede tra i massimi imputati l'ex braccio destro di Bersani, ex sindaco di Sesto e ex presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, accusato di concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti. Fin dall'inizio del procedimento giudiziario a suo carico Penati aveva urlato ai quattro venti che giammai si sarebbe sottratto al processo rinunciando perfino alla prescrizione. Ma quando si è trattato di passare dalle parole ai fatti Penati si è letteralmente dileguato e per l'ennesima volta ha disertato l'aula "costringendo" di fatto il tribunale a dichiarare la prescrizione del capo di imputazione più grave di cui Penati è accusato, la concussione. Un clamoroso colpo di spugna al filone più corposo dell'inchiesta dei Pubblici ministeri di Monza, Franca Macchia e Walter Mapelli che da mesi indagano sulle malefatte di Penati e della sua cricca targata PD. Ma il vero scandalo è la norma proposta dal PD e inserita tra le pieghe della cosiddetta "legge anticorruzione" varata il 31 ottobre 2012 dal governo Monti col voto plebiscitario di tutti i partiti parlamentari (contraria solo l'Idv). Una legge che secondo le assicurazioni dell'ex ministro della Giustizia Paola Severino non avrebbe portato "alcuno aiuto agli imputati... Nessun salvacondotto per i processi in corso" e che invece si sta rivelando un'autentica amnistia mascherata per tutti gli imputati di corruzione; una norma bipartisan che oggi ha salvato Penati e domani sicuramente tornerà utile anche a Berlusconi qualora nel processo Ruby, in cui il neoduce è accusato anche di concussione, le cose dovessero mettersi male. Non a caso recentemente il magistrato Raffaele Cantone durante un dibattito scientifico sulla concussione ha dichiarato pubblicamente: "Era l'unico reato che funzionava. Ha consentito importanti inchieste. Incredibilmente è stato distrutto". Proprio così. Severino lo ha diviso in due. Lo ha "spacchettato" lasciando intatta la concussione "per costrizione" (quasi mai applicata ad un politico) e dividendo invece in due distinte fattispecie, con pena ridotta e conseguente prescrizione ristretta, la concussione per induzione ossia quando il pubblico ufficiale estorce denaro al privato con le buone maniere, forte del suo potere intimidatorio, cioè nella maggior parte dei casi. Per la prima fattispecie la pena è rimasta inalterata fino a 12 anni, con prescrizione di 15. La seconda invece è stata derubricata a un reato minore, con pena massima di 8 anni e prescrizione di 10 e tanti ringraziamenti da parte di tutti i Penati e i Berlusconi d'Italia. Ecco perché sulla prescrizione di Penati il PD non ha fiatato e la stampa di famiglia del neoduce Berlusconi l'ha buttata in farsa evitando accuratamente ogni riferimento alla legge salva concussi. Così come è assordante il silenzio del nuovo ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri che non solo non ha fatto nemmeno finta di indignarsi ma ha lasciato capire che si tratta di un problema secondario perché a preoccuparla di più "sono i 5 milioni di processi pendenti con altrettanti cittadini in attesa di giustizia". Insomma la sorte delle inchieste e dei dibattimenti in corso è ormai segnata per sempre e paradossalmente non si può nemmeno tornare indietro. Perché, anche se fosse varata una legge più dura - cosa che ovviamente PD-PDL non consentiranno mai - essa dovrebbe comunque cedere il passo a quella attualmente in vigore proprio perché più favorevole. Non a caso a guardia della norma PD e PDL hanno piazzato di comune accordo i massimi sostenitori della legge salva concussi, Donatella Ferranti e Anna Finocchiaro (PD) e Nitto Palma (PDL), alle presidenze delle commissioni Giustizia e Affari Costituzionali di Camera e Senato proprio per garantire che la norma non venga stravolta. Tornando al caso Penati, prima di dichiarare la prescrizione, il giudice Brambilla ha chiesto al difensore di Penati, Matteo Calori, se Penati intendesse presentarsi in aula per dichiarare un'eventuale rinuncia. L'avvocato ha tentato di contattare, senza riuscirci, l'ex braccio destro di Bersani. "Penati non verrà, non posso dire altro sulla sua volontà", ha detto il legale. "Dobbiamo interpretarlo come una non rinuncia alla prescrizione?", ha chiesto ancora il giudice. "Non ho mandato per dire qualcosa su questo. Non posso assumere la responsabilità di una sua decisione", è stata la risposta di Calori. Il tribunale ha quindi disposto la prescrizione. Ma poche ore dopo la decisione, Penati, ormai di fatto "assolto a sua insaputa" dall'accusa più grave, torna alla carica e con perfetta faccia di bronzo annuncia che farà ricorso in Cassazione per rinunciare alla prescrizione. Intanto egli non è più sotto processo per le imputazioni più vecchie relative alle aree Falck e Marelli, mentre dovrà rispondere solo di quelle più recenti e di minor peso. Innanzitutto, le accuse relative alla compravendita del 15% della Milano-Serravalle, che la Provincia acquistò dai Gavio, garantendo al gruppo di Tortona una maxiplusvalenza di 179 milioni. Era il 2005, e poco dopo gli stessi Gavio parteciparono con 50 milioni alla scalata, poi fallita, di Unipol. Sotto inchiesta anche un'altra operazione con una società dei Gavio, Codelfa: l'appalto per la concessione dei lavori della terza corsi della A7. E ancora più recenti sono le ipotesi di finanziamenti illeciti incassati dalla fondazione di Penati, "Fare Metropoli": contributi arrivati nel 2009 da banchieri come Massimo Ponzellini (ex Bpm) e imprenditori come Enrico Intini e Roberto De Santis, vicini al PD pugliese e in particolare al boss di Gallipoli D'Alema il cui nome ha già fatto capolino nell'inchiesta. Imputato di corruzione insieme a Penati c'è Antonino Princiotta, l'ex segretario generale della provincia di Milano, la cui posizione, insieme a quella di tutti gli altri imputati che non hanno optato per il rito immediato, confluirà nel procedimento principale. Tra loro, Giordano Vimercati, capo di gabinetto di Penati; Bruno Binasco, manager dei Gavio; il grande accusatore del "Sistema Sesto", Piero Di Caterina. 12 giugno 2013 |