Pesci in faccia tra De Benedetti e D'Alema Il magnate della finanza e proprietario del gruppo "Espresso-La Repubblica" un tempo voleva la tessera numero uno del PD Che cosa c'è dietro la polemica a base di accuse, contro accuse e colpi bassi scoppiata improvvisamente tra Carlo De Benedetti e Massimo D'Alema? Ha cominciato il magnate della finanza proprietario del gruppo editoriale Espresso-La Repubblica, con un libro-intervista all'ex berlusconiano Paolo Guzzanti, le cui anticipazioni pubblicate sui quotidiani contenevano giudizi assai poco lusinghieri sul PD e il suo segretario Bersani, ma soprattutto su colui che è considerato da molti il suo leader occulto, D'Alema, nei confronti del quale il giudizio si fa addirittura sprezzante. "Vede, io credo che D'Alema abbia fatto tantissimi errori e non capisca più la sua gente, come il caso Puglia insegna", esordisce infatti l'intervistato, che subito dopo vibra la stoccata: "In quanto a Berlusconi, il mio giudizio su di lui come uomo politico è estremamente negativo, ma almeno Silvio ha fatto qualcosa. D'Alema e quelli come lui non hanno fatto niente. Mi odiano, ci odiano e adesso si sono messi in testa che Ezio Mauro voglia diventare il leader del PD e questo li fa impazzire, e naturalmente non è vero nulla, è una panzana pura ma se la sono messa in testa e sono scatenati contro di noi. Sono ridotti così male che hanno inventato questa leggenda". Insomma, meglio il "nemico" Berlusconi dell'"amico" D'Alema? Parrebbe proprio di sì, visto che il duro giudizio coinvolge anche Bersani, che "è stato un eccellente ministro e di lui come persona e uomo di governo posso soltanto dir bene. Ma come leader? Suvvia, è totalmente inadeguato. Lui e D'Alema stanno ammazzando il PD", conclude impietosamente l'editore di Repubblica. La replica dell'accusato non si è fatta certo aspettare, e dopo pochi giorni, parlando alla presentazione di un libro, D'Alema gli ha risposto per le rime classificando quelli come lui tra la "gente che fa il verso a Berlusconi a sinistra: berluschini, diciamo"; ossia "Berlusconi di serie B". Contro replica di De Benedetti: " D'Alema è un problema umano", lo ha sfottuto utilizzando addirittura un palcoscenico internazionale come la prestigiosa "London school of economics". "Quando invece di rispondere nel merito - ha aggiunto con sarcasmo l'"ingegnere" - una persona si mette a parlare della luna, non me ne può fregare di meno". Non è da oggi che i due non si possono soffrire, al punto che si dice che quando si incrociano fanno finta di non vedersi. La ruggine data almeno dal '94, dai tempi della successione allo sconfitto Occhetto, quando Repubblica tifava per Veltroni e cercò di mobilitare la base a suo favore, ma l'"apparato" del PDS, accusato da Scalfari e De Benedetti di essere rimasto ancorato al vecchio PCI, gli preferì D'Alema. Lo stesso copione si è ripetuto più o meno alla nascita del PD, su cui De Benedetti mise il cappello autoproclamandosi la sua "tessera numero uno" e sponsorizzando Veltroni e Rutelli contro i dalemiani. Idem quando si è trattato di scegliere tra Bersani e Franceschini, con Repubblica schierata dalla parte del secondo, mentre ora ha perfino ricominciato a pompare il redivivo Veltroni. Ma scintille tra l'imprenditore capofila della "sinistra" borghese e il capofila dei rinnegati non erano mai state così incandescenti. Insomma, tra l'attuale leadership piddiina del duo D'Alema-Bersani e il trio De Benedetti-Scalfari-Mauro è rottura sempre più aperta, come appare ormai sempre più alla luce del sole, con il gruppo Espresso-La Repubblica che si comporta quasi come un partito alternativo al PD, per quanto il suo editore lo neghi e lo definisca "una panzana pura". Il rinnegato Giampaolo Pansa, che conosce bene i suoi polli avendo lavorato per anni per questo gruppo editoriale e il suo padrone, ha così commentato la vicenda in un'intervista al Corriere della Sera: "Carlo De Benedetti è sceso in campo. Si prepara a fare politica in prima persona, come fece nel '94 il suo avversario storico, Silvio Berlusconi... con l'intervista a Paolo Guzzanti è uscito dalla politica invisibile ed è entrato nella politica dichiarata, esternata, quasi gridata". Può anche darsi che sia così. Staremo a vedere, ma certo per il momento si può quantomeno immaginare che De Benedetti abbia preso atto del coma irreversibile del PD e stia cercando di favorire la nascita di una nuova formazione politica in grado di gestire eventuali nuovi scenari senza Berlusconi che la crisi potrebbe mettere in moto. E intanto flirta con gli ex DC Franceschini e Bindi e con destrorsi come Visco. "Il nostro premier - ha dichiarato infatti nella stesso intervento di Londra in cui ha strapazzato D'Alema - è alla meglio un furbo, e lo dico per essere gentile con lui. Ma non credo che politicamente durerà ancora a lungo". E ha significativamente aggiunto: "Il problema è che nel nostro Paese non abbiamo un'opposizione. E il nostro giornale è considerato dalla sinistra un competitor della sinistra, che non capisce che i nostri lettori sono i loro elettori. E questa è una dimostrazione di debolezza". Se questo non è un de profundis al PD, poco ci manca. 16 giugno 2010 |