La privatizzazione del ciclo dell'acqua va avanti con la benedizione del governatore pugliese Vendola (Prc) Petrella si dimette dalla presidenza dell'Acquedotto pugliese Il dimissionario: "Non sono riuscito a ripubblicizzare nulla", "la maggioranza regionale punta a farne una holding mondiale come Acea". "Se si persegue con questa logica capitalista scoppieranno presto guerre per l'acqua" RIPUBBLICIZZARE L'ACQUEDOTTO. ABROGARE LA LEGGE GALLI "Le componenti principali di questa maggioranza considerano l'acqua come un bene economico nel senso e nel quadro imperante dell'economia di mercato" e "non hanno mai cessato di affermare la loro preferenza in favore di una gestione privatista efficientista, dell'Acquedotto pugliese, aperta al capitale finanziario privato ed alla concorrenza sui mercati nazionali, europei e internazionali secondo il modello Hera ed Acea". Sono le parole con cui Riccardo Petrella ha rassegnato le sue dimissioni nelle mani del governatore della Puglia Nichi Vendola che lo aveva nominato presidente dell'Aqp spa nell'aprile 2005. Il governatore della Puglia, pupillo del narcisista trotzkista Bertinotti, è accusato di avere ingannato il proprio elettorato, e i movimenti contro la privatizzazione dell'acqua e di aver stracciato il programma dell'Unione che prevede la ripubblicizzazione del ciclo dell'acqua, il che significa che la proprietà delle infrastrutture e delle reti deve essere pubblica, così come deve essere pubblica la gestione dei servizi idrici (acqua potabile, servizi igienico sanitari, depurazione delle acque reflue, l'acqua per la sicurezza dell'esistenza collettiva: per l'energia, per l'agricoltura e l'industria). "Se la gestione dell'acquedotto pugliese è stata affidata ad un soggetto di natura giuridica privata (1999, governo D'Alema, ndr) quale una società per azioni (spa) - è la premessa di Petrella - ripubblicizzare implicava dare la gestione dell'acqua ad un soggetto di natura giuridica pubblica. Non sono riuscito in diciotto mesi - ammette - a far accettare alla Regione Puglia, che è il socio esclusivo insieme alla Basilicata del capitale dell'Aqp e che esercita de jure e de facto un potere di intervento forte sull'acquedotto, l'idea di costituire un gruppo di lavoro incaricato di esaminare e proporre soluzioni". Per colpa dell'imbroglione Vendola e della "tirannide dei partiti della sua maggioranza", accusa Petrella, l'acquedotto pugliese "lungi dal diventare il luogo, aperto su tutto il Mediterraneo, di una Accademia internazionale dell'acqua bene comune, secondo i termini usati e proposti dallo stesso presidente della Regione al momento di rendere pubblica la mia nomina, ha chiuso la pur modesta fase sperimentale della Facoltà dell'acqua dell'Università del Bene Comune perché il cda la ha giudicata 'esogena all'oggetto sociale dell'Aqp S.p.a.'". Insomma, è l'amara ammissione, "l'unica cosa che sono riuscito ad ottenere è che nei documenti ufficiali dell'Aqp non si parli più di clienti, ma di cittadini, per lo meno di utenti". Ben poca cosa se "la gestione interna dell'Acquedotto resta orientata da una cultura autoritaria e da pratiche tecnocratiche che non hanno trovato nella Regione alcuna opposizione, almeno per quanto abbia potuto constatare più volte personalmente". Tutti i progetti a favore dei cittadini sono stati bocciati: "Non si è mai discusso di consulta dei cittadini, di coinvolgimento dei cittadini"; così "Il Fondo sociale per il diritto all'acqua (50 litri gratuiti) che è stato rigettato senza alcun dibattito"; così "il Piano "goccia d'oro" da me proposto (riduzione delle perdite, priorità al risparmio, partecipazione), accolto con favore dall'AATO e dall'Autorità di bacino ma che non ha superato l'esame dell'ufficio presidenziale regionale". Dall'altro lato argomenta ancora Petrella "l'Aqp ha aderito alla federutility, che è all'avanguardia nella spinta alle liberalizzazioni e privatizzazioni dei servizi pubblici locali, mentre continua l'indebitamento derivante dal prestito obbligazionario sui mercati finanziari internazionali lanciato nel 2004 per 250 milioni di euro". "Se questa gestione mercantile dell'acqua non è abbandonata al più presto possibile - conclude - ho paura che la guerra dell'acqua scoppierà in Italia", come sta avvenendo con i "negoziati regionali bilaterali mercantili", ripetendo per l'acqua quanto avviene tra le nazioni per le forniture di gas. In ogni caso è chiaro che Vendola non meritava la fiducia di Petrella e soprattutto dell'elettorato di sinistra. Auspichiamo che Petrella, che è anche a capo dell'associazione contratto mondiale dell'acqua, faccia tesoro di questa esperienza, evitando in futuro di spargere illusioni istituzionali, dando più spazio alla mobilitazione popolare per la ripubblicizzazione dell'acqua, a cominciare dall'acquedotto pugliese, per l'abrogazione delle leggi Galli (1994) e Lanzillotta (in via di approvazione). 4 dicembre 2007 |