Speculazione, illegalità, cementificazione selvaggia e svendita del patrimonio artistico e ambientale di comuni e regioni Il piano casa governativo non risolve il problema degli affitti I sindacati degli inquilini lo bocciano Annunciato con toni trionfalistici dal neoduce Berlusconi, presentato dal ministro fascista per le Infrastrutture Altero Matteoli con la roboante promessa di "centomila nuovi alloggi in cinque anni e 550 milioni di euro (200 dei quali subito) stanziati nello stesso periodo", l'"Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per promuovere l'utilizzo di fonti di energia alternativa", meglio conosciuto come "piano casa", non porterà alcun beneficio alle masse popolari, famiglie operaie, giovani coppie, anziani in condizioni sociali svantaggiate, studenti fuori sede, sfrattati e immigrati alle prese con canoni d'affitto da strozzinaggio e che avrebbero perciò realmente bisogno di un alloggio, ma rischia di riversare su tutta la Penisola una nuova colata di cemento che provocherà uno scempio ambientale, storico, artistico e paesaggistico senza precedenti con effetti devastanti sull'assetto urbanistico delle città a tutto vantaggio della grande speculazione edilizia che, in barba ad ogni norma e regola, viene di fatto autorizzata a violentare e saccheggiare vaste aree del territorio nazionale. Questo è in sintesi il criminale contenuto del nuovo provvedimento edilizio varato dal governo il 21 luglio in combutta con le Regioni e che sotto molti aspetti è anche peggiore del piano di rilancio dell'edilizia annunciato da Berlusconi la scorsa primavera con cui si consentivano ampliamenti di volumetria fino al 20% o al 35% nel caso di abbattimenti e ricostruzioni. Mano libera alle Regioni senza obblighi di salvaguardia dell'ambiente Col nuovo piano infatti gli ampliamenti volumetrici e le ricostruzioni non solo sono confermati ma addirittura si dà praticamente mano libera alle singole Regioni di decidere ognuna come meglio crede come, cosa, dove e quanto ampliare con interventi diversificati e con disponibilità di finanziamenti sia pubblici che privati, incentivi e agevolazioni fiscali. L'accordo che dispone il passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni demanda a quest'ultime il compito di realizzare un piano casa regionale contenente tutte le indicazioni per l'ampliamento delle volumetrie e la ricostruzione. In attesa di vedere la deroga ai piani regolatori che verrà concessa ai comuni e provincia autonoma di Bolzano, nei giorni scorsi Legambiente ha "spulciato" i singoli piani case approvati, o in via di approvazione, dalle regioni italiane e il risultato che ne viene fuori è di "sostanziale fallimento", per usare le parole del presidente nazionale Vittorio Cogliati Dezza, che denuncia: bonus volumetrici per gli ampliamenti concessi ben al di sopra dei limite del 20% fissato dal decreto nazionale, possibili interventi edificatori in qualsiasi area del territorio, nessuna esclusa, vincoli di efficienza energetica lasciati nel dimenticatoio e via discorrendo. Prendiamo ad esempio la questione energetica - sottolinea Legambiente - logica vorrebbe che si incentivasse chi cerca di promuovere la messa in sicurezza delle abitazioni e spinge verso le fonti rinnovabili. Bene, a prevedere obblighi di questo tipo sono solo 10 regioni, mentre il restante 50% o non ne parla proprio o al massimo dà indicazioni molto generiche con riferimenti normativi diversi tanto da non poter stilare un giudizio generale. Stesso discorso si può fare per la tutela del territorio. Inizialmente la proposta del governo non prevedeva limiti di alcun genere agli interventi di ampliamento o demolizione e ricostruzione possibili. In un secondo momento si è deciso di lasciare alle singole regioni la possibilità o meno di escludere determinate aree. A fronte di Toscana, Puglia e provincia di Bolzano, che escludono dagli interventi i centri storici, i parchi e le aree vincolate da limiti legislativi, ci sono Friuli-Venezia Giulia, Molise, Valle d'Aosta e Sicilia che invece non pongono alcun vincolo. Lombardia e Liguria impediscono interventi solo nelle aree vincolate ma non nei centri storici e nei parchi. In Veneto, al contrario, solo i centri storici vengono sottoposti a limiti. E lo scenario diventa ancora più inquietante se si guarda ai cosiddetti "bonus volumetrici" concessi in caso di ampliamenti o demolizioni e ricostruzioni di abitati. Su tutti spicca il caso limite siciliano che prevede fino al 45% per gli ampliamenti e addirittura fino al 90% per le demolizioni e ricostruzioni. Seguono Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna che fissano i limiti per l'ampliamento al 35%, quindi la Liguria al 50%. Il Lazio invece per i casi di demolizione e ricostruzione permette di arrivare al 60% mentre Emilia, Molise, Liguria e Campania permettono fino al 50% e Basilicata, Marche e Veneto il 40%. Uno scempio perpetrato coll'appoggio del "centro-sinistra" Uno scempio perpetrato col pieno e entusiastico appoggio soprattutto dei governatori del "centro-sinistra" con alla testa il presidente della Conferenza delle regioni Vasco Errani che subito dopo la firma dell'accordo ha affermato: "Il decreto rappresenta un fatto positivo" in perfetta sintonia con le associazioni dei costruttori che parimenti hanno espresso "grande soddisfazione" per la firma del decreto. Un invito a nozze per Regioni e Comuni, ivi compreso quelli governati dal "centro-sinistra", pronti a svendere le proprie risorse artistiche e ambientali per far cassa seguendo l'esempio della giunta veneta che ha fatto da battistrada al governo varando nella primavera scorsa un progetto di legge che anticipa lo scempio edilizio governativo favorendo i grandi speculatori e senza alcun beneficio per la fasce più deboli della popolazione. Duro è invece il commento dei sindacati degli inquilini e delle associazioni verdi e ambientaliste. Per Guido Piran, segretario nazionale del Sicet, sindacato inquilini casa e territorio: "È urgente dare una soluzione al milione di famiglie che vive nella precarietà abitativa. 650 mila richieste di casa pubblica, 150 mila sfratti e 350 mila domande di contributo nelle locazioni. Sono anziani, monoreddito, giovani ed immigrati. Tutte categorie per le quali il governo Berlusconi non ha previsto alcun piano casa. Non ci sono i soldi, non c'è la volontà". Per il Sunia, il sindacato nazionale unitario inquilini ed assegnatari è la solita storia: "Proclami tanti, case in affitto a prezzi sostenibili nessuna". Secondo il segretario nazionale Franco Chiriaco, si tratta di "Un'iniziativa tutt'altro che popolare... Invece di soddisfare il bisogno abitativo delle famiglie che non possono permettersi di affittare una abitazione sul libero mercato per i canoni proibitivi che vengono richiesti, ci appare decisamente inopportuno spacciare come un impegno mantenuto il fatto che non si sono costruiti in tre anni i 12.000 alloggi previsti per le fasce più deboli della popolazione". Preoccupazione viene espressa anche dall'Unione degli inquilini che per bocca del suo segretario, Walter de Cesaris, prospetta un futuro ancor più funesto. Perché "dopo la svendita del patrimonio degli Enti Previdenziali Pubblici attraverso le cartolarizzazioni e all'accollo da parte dello Stato di un deficit di 1 miliardo e 700 milioni di euro, si prepara la svendita delle aree del demanio e nel Parlamento, purtroppo in maniera bipartisan, si sta portando avanti la cosiddetta cedolare secca sugli affitti, un regalo di alcune migliaia di euro alla rendita immobiliare speculativa, responsabile della bolla immobiliare che in questi anni ha ucciso le famiglie più povere e avvelenato l'intero sistema economico". 29 luglio 2009 |