Dopo 36 anni nessun colpevole per la bomba alla banca dell'Agricoltura di Milano La Cassazione mette una pietra tombale sulla strage di Piazza Fontana Assolti i fascisti Zorzi, Maggi e Rognoni. Le famiglie delle vittime condannate a pagare le spese processuali La vergognosa sentenza non cancella la verità storica e politica: da quella strage è iniziata la strategia della seconda repubblica Dopo 36 anni e 11 processi la strage di Stato fascista che il 16 dicembre 1969 provocò 17 morti e 84 feriti alla banca Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana a Milano e segnò l'inizio della strategia della seconda repubblica neofascista, presidenzialista, federalista e guerrafondaia, è rimasta senza colpevoli. O meglio i soli colpevoli per i giudici sono i neofascisti Freda e Ventura, ma non sono più perseguibili perché già assolti per lo stesso reato. è questa in sintesi la vergognosa e paradossale sentenza definitiva emessa dalla Corte di Cassazione che il 3 maggio 2005 ha respinto il ricorso della Procura generale di Milano e delle parti civili ed ha confermato in pieno l'altrettanto scandalosa sentenza assolutoria per i tre imputati principali: i camerati di Ordine Nuovo Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi e Giancarlo Rognoni, emessa il 12 marzo 2004 dalla 2a Corte di Appello del tribunale di Milano presieduta dal giudice Roberto Pallini. Quella sentenza, (vedi Il Bolscevico n.4/2005) che ribaltò di 180 gradi la condanna all'ergastolo inflitta in primo grado ai tre ordinovisti il 30 giugno 2001 dai giudici della seconda Corte d'Assise di Milano, adesso fa giurisprudenza e ciò significa che per la giustizia italiana la strage di Piazza Fontana non esiste. Maggi e Zorzi escono dunque definitivamente assolti per insufficienza di prove. Mentre Rognoni, con formula piena per non aver commesso il fatto. Ridotta, da tre a un anno di reclusione, la pena fissata per Stefano Tringali, accusato di favoreggiamento. Non solo. I giudici della Cassazione hanno avuto anche il barbaro coraggio di trasformare le vittime in colpevoli condannando i familiari a pagare tutte le spese processuali. In primo grado Maggi, Zorzi e Rognoni erano stati condannati "in concorso" con gli imputati storici di quel processo, ossia Freda e Ventura. Processo che dopo la loro condanna all'ergastolo nel 1979, nel 1985 si arenò definitivamente a Bari con l'assoluzione "per insufficienza di prove". Ora invece risulta che Franco Freda e Giovanni Ventura erano colpevoli, ma essendo stati prosciolti definitivamente a Bari, non possono più essere riprocessati per lo stesso delitto. Mentre per quanto riguarda Zorzi, Maggi e Rognoni, i giudici ritengono che non ci siano sufficienti prove che gli imputati costituirono con Freda e Ventura un sodalizio di ispirazione neofascista con finalità eversive e terroriste. La singolare e ambigua sentenza d'Appello ora confermata dalla Cassazione ammette che vi furono singoli gruppi di Ordine Nuovo a Venezia, Mestre, Padova, Udine, Verona, Trieste e Milano "che acquisirono sul finire degli anni '60 chiare connotazioni eversive". Ammette anche che "tra il gruppo di Venezia/Mestre e gli altri intercorsero sia prima che dopo il 12 dicembre 1969 reiterati rapporti", ma aggiunge che questi "non sono risultati, almeno sino al 12.12.1969, di natura eversivo-terroristica e caratterizzati dalla comune progettazione di azioni illecite, quali attentati, in grado di porre in pericolo la pubblica incolumità". L'altro argomento utilizzato dai giudici per affossare la sentenza di primo grado è l'inattendibilità dei due pentiti, Martino Siciliano e Carlo Digilio, sulle cui dichiarazioni si basava l'impianto accusatorio. Anche in questo caso l'ambiguità della sentenza è palese: se da una parte ha considerato le dichiarazioni di Digilio inattendibili, dall'altra non le ha neanche ritenute false, altrimenti la Corte d'Appello avrebbe dovuto chiedere alla Procura di procedere contro di lui per calunnia. Eppure il dibattimento in appello aveva aggiunto, e non tolto, qualcosa all'impianto accusatorio del processo di primo grado. Centrale era stata la deposizione dell'ordinovista mestrino Martino Siciliano, che dopo ripetute ritrattazioni, incastrato dai magistrati bresciani che indagano sulla strage di Piazza della Loggia, aveva confermato in aula le accuse a Zorzi per la strage del 12 dicembre. Attraverso il suo racconto era stato possibile ricostruire la storia del gruppo neofascista e del suo livello occulto, cui era stata affidata la gestione degli atti terroristici. Le sue parole sembravano una conferma di quanto già dichiarato in primo grado da Carlo Digilio ("zio Otto" per i camerati di Ordine nuovo, esperto d'esplosivi ed armiere negli anni Sessanta dei neofascisti veneti, oggi "collaboratore di giustizia") riguardo le fasi preparatorie della strage. Una confessione che in primo grado era risultata decisiva per far condannare all'ergastolo Zorzi e Maggi. Siciliano aveva inoltre confermato d'aver scritto il memoriale che scagionava Zorzi dietro pagamento (200 milioni di lire) in combutta con i difensori dello stesso (tra i quali figuravano anche il legale di Berlusconi e attuale presidente della Commissione giustizia della Camera, avv. Gaetano Pecorella) che ora, a loro volta, dovranno rispondere di favoreggiamento di fronte a un tribunale. Illuminanti in tal senso sono le parole pronunciate nel marzo 2001 a Milano, al dibattimento per l'ottavo processo per la strage, da Gianadelio Maletti, l'ex-generale, condannato per depistaggio, al tempo responsabile del "Reparto D del Sid" il quale dichiarò: "Avevamo infiltrati e informatori in Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale. La Cia voleva creare attraverso la rinascita di un nazionalismo esasperato e con il contributo dell'estrema destra, Ordine Nuovo in particolare, l'arresto del generale scivolamento verso sinistra. Questo è il presupposto di base della strategia della tensione. Nel 1971 ho appreso che anni prima, attraverso il passo del Brennero, era arrivato dell'esplosivo direttamente dalla Germania per una cellula veneta di destra". Una testimonianza in assoluto tra le più importanti, di questa vicenda giudiziaria, rilasciata da chi, posto al vertice dei servizi segreti, era stato partecipe e protagonista di quegli avvenimenti. Dunque anche se dal punto di vista processuale il pronunciamento della Cassazione mette una pietra tombale sulla strage di Piazza Fontana, essa non potrà mai cancellare la verità storica e politica ormai acclarata e inconfutabile non solo per quanto riguarda gli esecutori e i mandanti, ma, anche e soprattutto per quanto riguarda il disegno golpista e neofascista che l'ha ispirata e da cui ha preso avvio la strategia per l'istaurazione della seconda repubblica neofascista, presidenzialista, federalista e guerrafondaia. Questa sentenza non potrà mai spezzare il filo nero che lega il criminale intreccio tra servizi segreti italiani e stranieri, in primis americani, terrorismo, massoneria, P2, vertici militari e politici che consentì, ispirò e protesse il golpismo e lo stragismo. Ossia quella strategia seguita dalla corrente più reazionaria e fascista della borghesia italiana in combutta con l'imperialismo americano fin dal primo dopoguerra in funzione anticomunista. Una strategia che in una prima fase, da Piazza Fontana fino alla strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980, fece ricorso alle bombe e ai tentativi golpisti per rimettere la camicia nera all'Italia. Poi, con l'avvento dei governi Craxi (4 agosto '83 - 3 marzo '87) e il lancio della "Grande riforma istituzionale" nel febbraio del 1987 il progetto per l'istaurazione della seconda repubblica progettata dalla P2 di Gelli attraverso il famigerato "Piano di rinascita democratica" e lo "Schema R" è stato attuato e perseguito per via istituzionale con la collaborazione attiva della "sinistra" del regime neofascista e della bicamerale golpista del rinnegato D'Alema e ora portata ad un passo dalla sua completa attuazione dal neoduce Berlusconi con la controrifoma costituzionale. 11 maggio 2005 |