Pieno successo dello sciopero generale promosso dalla CGIL per il lavoro, Sud e meno fisco Piazze piene di lavoratrici e lavoratori Molti cortei aperti dai precari. Moltissimi disoccupati, cassintegrati, studenti e migranti. 8 ore e non 4 di sciopero in quindici regioni su venti. La Camusso non morde. A Roma i precari e gli studenti bloccano la stazione ferroviaria. A Genova i finanzieri caricano gli studenti. Immagini del PMLI filtrano sui media Combattive delegazioni del PMLI antigovernative e antipadronali in diverse città, tra cui Napoli, Milano, Forlì, Firenze, Roma, Catania. Tenuta alta la gigantografia di Marx Non era scontata la forte adesione dei lavoratori, in taluni casi, oltre il numero degli iscritti al maggiore sindacato italiano, allo sciopero generale proclamato dalla CGIL per il 6 maggio sui temi di fisco, lavoro, Sud. Anzitutto per la scelta di CISL e UIL di appiattirsi sul modello corporativo neofascista di sindacato ed abbandonare l'unità sindacale. In secondo luogo, per i tentennamenti della stessa segreteria generale della CGIL, che ha proclamato tardi la giornata di lotta, con una reazione troppo debole di fronte al dilagare degli attacchi padronali: sciopero di sole 4 ore e manifestazioni provinciali, invece di una manifestazione nazionale a Roma. Riuscito, lo è certamente e in pieno, lo sciopero che è sfuggito, sin dalle fasi dell'indizione, al tentativo di contenimento della protesta che avrebbero voluto dargli la segreteria generale della CGIL: FIOM, FILCAMS, FILLEA, FISAC, FLC, FP e SLC hanno esteso ad otto ore lo sciopero. Inoltre, le segreterie regionali di 15 regioni su 20, hanno esteso lo sciopero all'intera giornata, coinvolgendo tutte le categorie. Lo stesso è successo in varie province delle restanti 5 regioni. Scelte migliorative della decisione della Segreteria generale di limitare a 4 ore lo sciopero, rimanendo tuttavia irrisolto il nodo della manifestazione nazionale, che avrebbe garantito una maggiore visibilità, incisività e combattività alla protesta. Le masse lavoratrici italiane comunque non si sono lasciate sfuggire l'occasione di scioperare contro la politica affamatrice del governo, decretando la vittoria di questa giornata di mobilitazione con una forte adesione in tutte le categorie. Anni di attacchi concentrici ai diritti dei lavoratori, orchestrati dal governo del neoduce Berlusconi e culminati nel contratto capestro di Marchionne, e di capitolazionismo sindacale non hanno spezzato le reni alle masse lavoratrici italiane; in particolare la classe più avanzata, la classe operaia, cresce in coscienza di sé e reagisce con combattività, nonostante i cappi messigli al collo dal governo e dal padronato, con la complicità di CISL e UIL e di altri sindacati gialli. Spesso in testa per combattività le donne operaie, come quelle della ISI, che dopo anni di lotte ancora una volta erano presenti alla manifestazione di Firenze, reggendo il loro striscione. La profonda crisi non ha, dunque, fiaccato neanche le decine di migliaia di lavoratori, operai e non, in cassa integrazione e licenziati di tutti i settori, che non hanno potuto incrociare le braccia perché a lavoro non sono più, ma, che spesso si sono presentati in piazza con lo striscione della loro azienda. Il 6 maggio, dimostra anche che la protesta per il lavoro e i diritti è molto più vasta del già alto 58% di adesione allo sciopero: intere categorie sociali, dai pensionati, agli studenti, ai migranti non intendono più subire le politiche devastanti del governo e della Confindustria e hanno colto l'occasione per mobilitarsi a fianco delle masse lavoratrici, con la cui condizione si intreccia indissolubilmente la loro condizione di vita. Le adesioni e le manifestazioni La partecipazione allo sciopero è stata alta in ogni categoria e in ogni provincia da Nord a Sud. Cifre altissime tra i metalmeccanici. Numerose le fabbriche in cui le percentuali di adesione superano il 70, 80 e 90%, arrivando, in taluni casi, al 100%, in decine di aziende, dalla Fincantieri di Venezia alla Sirti di Bari. Anche dagli operai edili e dei laterizi e del legno una risposta forte: raramente l'adesione scende al di sotto del 70%. Il 100% è raggiunto in molte aziende, dalla Effebiemme di Roma, alla Baraclit di Arezzo. Per i lavoratori del commercio il dato di adesione è attestato intorno al 60%. Alte le adesioni anche nella Scuola e nella Funzione pubblica, mentre per la FP-Cils avrebbero scioperato soltanto il 5,1% dei lavoratori del settore. Striminzite invece le cifre riportate dai dipartimenti ministeriali, che parlano di un 13,4% nel pubblico, del 25% nel privato e del 16% tra i metalmeccanici, fonte Federmeccanica. Le cifre confermano un crescendo qualitativo e quantitativo della protesta, con buona pace del livore neofascista e antipopolare del ministro Brunetta, PDL, per il quale il 6 maggio è stato "la fiacca celebrazione dell'ennesimo sciopero allunga week-end". È stato difficile nascondere che ben 130 piazze d'Italia erano piene di lavoratrici e lavoratori: centinaia di migliaia, forse oltre un milione. Anche se le veline governative e confindustriali sullo sciopero hanno scatenato la stampa di regime contro la mobilitazione, passata in sordina, trattata con superficialità e addirittura attaccata duramente e denigrata dai quotidiani neofascisti. Questa giornata di lotta si inserisce a pieno titolo nel crescendo di mobilitazione popolare contro il governo Berlusconi che nel giro di pochi mesi ha portato in piazza diverse volte le masse popolari e in meno di 2 settimane, dal 25 Aprile al 6 maggio, passando per il 1° Maggio, ha visto sventolare per ben tre volte le bandiere rosse nelle più grandi piazze italiane e cantare Bella Ciao dappertutto a squarciagola. Gli studenti, persino tredicenni e quattordicenni, sono scesi in piazza a fianco degli operai e dei lavoratori in tutte le città italiane, spesso aprendo insieme ai precari e ai migranti i cortei. Nei cortei portati gli striscioni di tutte le categorie, tantissimi i pensionati dello SPI. Presenti anche le battaglie sociali, con i comitati per i referendum del 12 e 13 giugno. A Napoli la piazza principale, dove Susanna Camusso, segretaria della CGIL, di fronte a decine di migliaia di manifestanti ha pronunciato un discorso senza mordente, che non è in nessun caso arrivato al cuore della questione: fornire una risposta rivendicativa immediata e coerente con le richieste venute dalle masse lavoratrici in lotta, in testa la classe operaia. È riuscita in mezz'ora di discorso a non nominare Berlusconi, definendo il suo come il "governo delle bugie", causa le decine di promesse non mantenute. Eppure la Camusso sa bene che il tema principale non sono le promesse, quanto gli attacchi ai diritti dei lavoratori e delle masse, sui quali il governo è coerentissimo con la sua natura neofascista. La segretaria della CGIL non ha speso una parola per i lavoratori che stanno maggiormente pagando il peso dell'attacco padronale: gli operai. E proprio nella terra di quelli che a Pomigliano hanno, loro malgrado, dovuto pagare per primi il piano di Marchionne. L'attacco del governo e del nuovo Valletta al cuore della classe operaia, ai metalmeccanici, con l'obbiettivo di restaurare le relazioni industriali mussoliniane, non esiste per la Camusso. Il passaggio sul Mezzogiorno, ha finito per essere un vuoto susseguirsi di parole, condito da proposte quali il credito d'imposta e di "un fisco più equo", che non forniscono risposte concrete al dramma della disoccupazione e dell'emigrazione. Nulla è stato detto su crisi agricola e deindustrializzazione. Il tema della criminalità organizzata è stato sfiorato in un approccio privo di un reale contenuto propositivo: le mafie secondo la Camusso vanno combattute con un generico impegno culturale legalitario, del quale le scuole devono essere il centro. Niente sull'intreccio micidiale tra criminalità e politicanti borghesi. Niente sull'attacco alla magistratura. Sul tema dei lavoratori dell'istruzione la Camusso è sembrata venire incontro al governo: "C'è un piano di stabilizzazione per i lavoratori precari della scuola. Finalmente! Invece che dire che bisogna cacciarli dall'istruzione si prova a dire che c'è un piano di stabilizzazione". Si tratta di chiacchiere: la Gelmini continua a tagliare, e, comunque, che ne sarà delle decine di migliaia di precari che sono già licenziati? Ad Aosta la manifestazione ha avuto un'adesione rilevante, come da decenni non se ne vedevano neppure nelle occasioni unitarie. In migliaia anche a Trento. A Padova per la prima volta in piazza i supersfruttati giovani dipendenti dell'Ikea e a Venezia quelli della Coin. A Trieste la manifestazione ha avuto come centro la questione dei precari, che sono scesi in piazza con diversi striscioni, tra cui il significativo "Precarie esistenze, Quotidiane resistenze" del Comitato "Il nostro tempo è adesso". A Milano, sono scesi in corteo oltre 50.000 lavoratori: quando la testa del corteo era in Duomo, la coda era ancora in Porta Venezia. Grande la partecipazione di disoccupati, studenti, migranti. In oltre 40.000 a Torino, in una combattiva manifestazione come non se ne vedevano da anni, alla quale hanno dato il loro contributo anche gli studenti medi e universitari, che insieme ai ricercatori della Rete 29 aprile, hanno sfilato con un corposo spezzone, proseguendo poi fino in Rettorato, dove hanno convocato una assemblea di lotta. Violenta repressione a conclusione del rosso e combattivo corteo di Genova, dove a più riprese era risuonata Bella Ciao: dopo aver sfilato con i lavoratori, un centinaio di ragazzi ha provato ad occupare la stazione Principe. La carica è partita proditoriamente dai poliziotti. I giovani, scappando, si sono trovati di fronte la Guardia di Finanza che ha iniziato ad inseguire e manganellare soprattutto le giovanissime studentesse delle superiori, diverse delle quali sono finite in ospedale per ferite alle spalle, alla testa, agli occhi. In diverse decine di migliaia a Bologna, Modena, Forlì e in tutta l'Emilia-Romagna, come a Firenze e in tutte le province della Toscana. Ad Ancona il vivace corteo, partito da piazza Ugo Bassi, è confluito davanti lo stabilimento della Fincantieri, simbolo della crisi locale. A Terni la manifestazione regionale umbra, con un lunghissimo corteo di diverse migliaia di lavoratrici, lavoratori, precari, studenti, arrivati da tutte le province. Anche in Abruzzo in migliaia ai cortei di Pescara, Teramo, Sulmona e Lanciano. Nutrita la partecipazione al corteo della Cgil partito dall'Esquilino a Roma e aperto dallo striscione "Abbattiamo il muro della crisi". A manifestare i lavoratori di ogni settore, pensionati e precari, ma anche molti migranti. "Precari in sciopero", si legge sugli adesivi mostrati a decine da giovani manifestanti. Studenti e precari, dopo aver bloccato il traffico nel centro storico, hanno occupato i binari della Stazione Termini insieme ai precari, portando i Book Blok, gli scudi colorati con su scritti i titoli dei classici della letteratura, esponendo lo striscione ''la precarietà nuoce gravemente al futuro'' e intonando Bella Ciao. La repressione poliziesca e neofascista non s'è fatta attendere: sono stati identificati in 50. Anche il nostro martoriato Mezzogiorno ha risposto positivamente con partecipate e combattive manifestazioni. A Napoli dove si è tenuta la manifestazione regionale per la Campania sono arrivati oltre 250 pullman da tutta la regione. A Campobasso, un lungo corteo ha percorso la città per poi confluire in Piazza prefettura dove si è tenuto il comizio finale. A Bari un colorato corteo composto per lo più da giovani, come a Taranto, dove la manifestazione era aperta dallo striscione "Giovani non + disposti a tutto". Manifestazioni partecipate a Potenza e a Matera, colorati cortei anche a Cosenza, Catanzaro, Crotone, con più di 20.000 lavoratori e lavoratrici combattivi. Al corteo di Palermo anche gli operai in cassintegrazione della Fiat di Termini Imerese. A Cagliari, combattivo corteo al quale hanno partecipato precari e studenti a fianco degli operai. A Iglesias, nel Sulcis Iglesiente, il corteo è partito dall'istituto minerario, e ha visto una larga partecipazione di minatori delle aziende del territorio in crisi. Il PMLI accolto calorosamente dai manifestanti Rossa, combattiva e organizzata la presenza del PMLI in tutte le province in cui siamo presenti, ha rappresentato il riferimento politico più avanzato dei cortei. I marxisti-leninisti si sono fusi con i manifestanti, in una combattiva unità di lotta, hanno tenuto alte le bandiere dei Maestri e del Partito, i cartelli con la rivendicazione di un nuovo 25 Aprile per cacciare il nuovo Mussolini. Particolare successo ha riscosso la gigantografia di Marx, che le delegazioni di Firenze, Napoli e Catania hanno portato in piazza, in taluni casi fin sotto il palco dei comizi finali, imitando compagni che l'avevano già fatto in passato raccogliendo uno specifico invito venuto dal Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi. Qual migliore occasione, dal momento che il 5 maggio, il giorno prima dello sciopero, ricorreva il 193° anniversario della nascita del cofondatore del socialismo scientifico e grande Maestro del proletariato internazionale! Belle immagini del Partito sono filtrate sui media borghesi, in tv, sui giornali e su internet. Nessun quotidiano, però, ha citato la presenza del PMLI alle manifestazioni. Generalmente è andata benissimo la diffusione dei volantini con le parole d'ordine e de "Il Bolscevico". Chiesto quest'ultimo spesso da operai e studenti, segno che il Partito ha ben visto quando al 5° Congresso ha indicato che nelle fabbriche e nelle scuole occorre concentrare attualmente i nostri sforzi, intensificare la propaganda e radicarsi. A Napoli, nonostante le cattive condizioni di salute di alcuni compagni, la delegazione del Partito, guidata dal Responsabile per la Campania, compagno Franco Di Matteo, ha rappresentato il cuore rosso della manifestazione, tenendo ben alte le insegne del PMLI, portando fin sotto il palco la gigantografia di Marx, sotto la quale decine di operai e giovani si sono voluti far fotografare. Durante il corteo i marxisti-leninisti hanno lanciato a gran voce le parole d'ordine contro il nuovo Mussolini e cantato Bella Ciao, seguiti da tanti manifestanti: un grande servizio reso a tutto il Partito, poiché si trattava della più importante manifestazione, data la presenza della segretaria nazionale della CGIL. A Milano, durante tutto il tragitto la delegazione del PMLI ha coinvolto i manifestanti al canto di L'Internazionale, Bandiera Rossa e Bella Ciao, posizionando fin sotto le transenne le rosse insegne del PMLI, con l'appoggio e il manifesto consenso dei lavoratori. Successo del Partito anche a Padova, dove i compagni sono stati superfotografati. A Verona è stato diffuso l'editoriale del compagno Giovanni Scuderi "Abbattiamo gli ostacoli dell'emancipazione del proletariato". Nel corteo di Biella, i manifestanti chiedevano ai compagni del Partito, che si erano posizionati all'altezza dello spezzone della Fiom, accolti benissimo dalle operaie e dagli operai, i volantini per poi alzarli in bella mostra ai fotografi. Presenti anche a Parma con dei simpatizzanti del Partito che hanno diffuso i volantini e portato la bandiera di Maestri e a Ferrara. A Forlì, i marxisti-leninisti sono stati l'anima antigovernativa e anticapitalista della parte centrale del corteo in cui si erano inseriti. Ben accolta la bandiera rossa del Partito anche dagli operai, pensionati, precari e studenti a Ravenna e a Rimini. A Firenze, la delegazione del Partito, ha portato sin sotto il palco la gigantografia di Marx ed è stata la punta politicamente più avanzata del corteo, lanciando instancabilmente le parole d'ordine sindacali e politiche del Partito e Bella Ciao e attirando alcuni giovanissimi studentesse e studenti che si sono uniti ad essa. Dal palco è stata citata la parola d'ordine "Urge un nuovo 25 Aprile per cacciare il nuovo Mussolini", poi è riecheggiata in vari interventi. A Pesaro, buona diffusione de Il Bolscevico. A Roma, il cartello "Urge un nuovo 25 Aprile per abattere il nuovo Mussolini" ha attirato l'attenzione degli operai della Fiom, insieme ai quali ha intonato Bella Ciao. A Lecce una storica diffusione de Il Bolscevico. A Catania i compagni hanno portato fin sotto il palco la gigantografia di Marx. E quale migliore conclusione che le parole del compagno operaio mugellano, Franco Dreoni, che ha definito lo sciopero del 6 maggio: "l'ennesima grandiosa giornata di lotta della classe operaia. L'orchestra c'è. Manca il direttore. I vertici della CGIL, come della 'sinistra' borghese non hanno voglia di dirigere questa sinfonia antigovernativa, per cui è sempre più essenziale lavorare per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso. E allora avremo un grande direttore d'orchestra che, oltre a mandare a gambe all'aria Berlusconi, metterà all'ordine del giorno anche l'Italia unita, rossa e socialista". 11 maggio 2011 |