Secondo la sua relazione alla commissione parlamentare antimafia Pisanu scova "appena" 45 su 10.000 candidati in odor di mafia Le prefetture del Centro-Nord non hanno inviato i dati Che le relazioni tra le cosche mafiose, le lobby padronali e il regime neofascista sono un fatto sempre più evidente e ormai è sotto gli occhi delle masse popolari. Si veda il recente arresto di Cuffaro condannato in via definitiva per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e rivelazione del segreto istruttorio o l'inchiesta della DDA napoletana sulle collusioni camorristiche tra PD e il clan D'Alessandro di Torre Annunziata. Ora anche una indagine della Commissione parlamentare Antimafia conferma queste collusioni ad altissimo livello della vita politica italiana stilando una lista di cosiddetti "impresentabili", ossia di politici non in regola con il codice di autoregolamentazione tanto che il presidente della Commissione stessa, Giuseppe Pisanu, ha dovuto ammettere: "le cosche si sono inabissate nelle relazioni con i mondi della politica e degli affari". Sotto la lente dei sospettati ben 45 nomi di candidati alle amministrative del 2010 (di cui 11 eletti): 29 hanno fatto la campagna elettorale con una condanna per estorsione in tasca, tre per usura, quattro per associazione di stampo mafioso, molti i sorvegliati speciali e un condannato per riciclaggio. Tutti i partiti del regime neofascista sono coinvolti, dal PDL al PD, dalla UDC a La Destra, fino ad arrivare ai neorevisionisti e trotzkisti del PRC. Gli eletti con condanna definitiva sono quattro: Salvatore Caputo, eletto consigliere per l'MPA al comune di Matera, nonostante una condanna per tentata estorsione (reato dichiarato estinto ex art. 445 c.p.p.); Giuseppe Castoro, consigliere provinciale del PD alla provincia di Enna, soggetto a misura di prevenzione speciale (il consiglio provinciale ha votato no alla revoca della sua elezione); Giovanni Corigliano, eletto vicesindaco del comune di Rocca di Neto in provincia di Crotone nonostante una condanna per riciclaggio (patteggiamento nel 1999 con sospensione condizionale della pena) e Alessio Vanacore, ancora dell'MPA, consigliere del comune di Caivano (Napoli), soggetto a misura di prevenzione di sorveglianza speciale (la sua elezione è in corso di verifica). Quanto ai candidati con condanna non definitiva risultano Angelo Brancaccio dell'UDEUR, eletto sia alla provincia di Caserta che al Comune di Orta di Atella (Caserta), condannato per concorso in estorsione. Poi Roberto Conte, consigliere regionale della Campania, eletto nelle file della lista civica "Alleanza di Popolo", condannato per associazione di stampo mafioso e revocato dall'incarico; quindi Vittorio Fiorentini, condannato per concorso in estorsione, al comune di Artena in provincia di Roma (lista civica "Per Artena"). Infine Alfonso Riccitelli (lista civica, Castello del Matese in provincia di Caserta) condannato per usura. Tra i condannati per associazione mafiosa vi è il nome di Cosimo Antonio Poci, condannato nel 1994 per associazione di stampo mafioso e candidato (non eletto) per la lista civica "Svolta sociale" alla Regione Puglia. La parte del leone (ben 34 segnalazioni) la fanno il reato di estorsione e di usura: tra i condannati vi sono la PDL Nunzia Berardino, pregiudicata per usura non eletta al comune di Andria (Barletta, Andria,Trani); il già citato PD Giuseppe Castoro; l'UDC Nicola Sconza (estorsione, condanna non definitiva) che ha fallito la scalata alla Regione Campania; il rappresentante di La Destra Alfredo Piscopo e il PRC Luciano Perna, entrambi con una condanna per estorsione alle spalle non eletti al comune di Arzano (Napoli). Il dato però risulta clamorosamente parziale, vista la vergognosa inadempienza di quasi tutte le prefetture del Nord (come quella di Milano) a informare la commissione Antimafia dei nomi in odore di condanna o, comunque, pregiudicati, trincerandosi dietro una interpretazione del tutto particolare della legge sulla privacy. Il quadro non risulta completo neppure al Sud, nonostante, comunque, quasi tutte le prefetture abbiamo partecipato all'invio dei dati. Persino Lumia (PD) ha dovuto affermare che la Commissione non può fermarsi alla superficialità di una inchiesta dimezzata, evidenziando che "la commissione deve utilizzare tutti i suoi poteri di indagine simili a quelli della magistratura" per andare fino in fondo. 23 febbraio 2011 |