Pollari e Pompa indagati per l'archivio occulto del Sismi L'accusa: possesso abusivo di informazioni, peculato e violazione della corrispondenza Dopo la vicenda del sequestro di Abu Omar, il 26 giugno una nuova tegola giudiziaria si è abbattuta su Niccolò Pollari, ex direttore del Sismi, e Pio Pompa, ex funzionario del servizio segreto: i due sono iscritti nel registro degli indagati della Procura di Roma che indaga sull'archivio segreto rinvenuto in via Nazionale, gestito dallo stesso Pompa, in cui erano custoditi elenchi, dossier e note informative su magistrati, politici e giornalisti, considerati "nemici del governo Berlusconi". La notizia è stata data durante un'audizione al Csm davanti alla Prima commissione del procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara e del pm titolare dell'inchiesta Pietro Saviotti. I reati contestati ai due ex funzionari dei servizi segreti sono peculato e violazione della corrispondenza elettronica, oltre che della legge sulla privacy. A Pio Pompa sono state perquisite in mattinata l'ufficio e l'automobile, e successivamente l'abitazione di Cesano. L'inchiesta, poi trasferita per competenza alla procura di Roma, fu avviata dai magistrati di Milano che per primi, indagando sul sequestro dell'Imam Abu Omar avvenuto in pieno giorno nel centro di Milano nel febbraio del 2003 ad opera della Cia e dei servizi segreti italiani, si imbatterono nell'archivio segreto del Sismi situato in via Nazionale 230 a Roma. A Pompa in particolare i Pm romani contestano di essersi appropriato e di aver usato somme di denaro, uomini e materiali del Sismi, per "scopi palesemente diversi da quelli istituzionali". Come la preparazione di elenchi di magistrati, uomini politici dell'opposizione, giornalisti, "formati sulla base delle presunte opinioni politiche e delle paventate espressioni di critica a innovazioni legislative , idonee di per sé ad associarli in presunti progetti eversivi e di presunte iniziative 'aggressive', in quanto ritenute comunque pregiudizievoli per le attività del governo in carica". O come l'attivazione di fonti per l'acquisizione di notizie "palesemente esorbitanti dalle attribuzioni del Sismi". O come, ancora, la scelta di aver commissionato e ricevuto dall'allora vice direttore di Libero, Renato Farina, "la fonte Betulla", informazioni sulle indagini della procura milanese sul rapimento di Abu Omar. Tra le fonti di Pompa - nel cui archivio c'erano anche schede personali su Armando Spataro, titolare dell'inchiesta su Abu Omar e su Stefano Dambruoso - c'era anche un magistrato, che però non è stato ancora identificato. E il Csm, che il 4 luglio è intervenuto con una risoluzione a tutela delle toghe "spiate", ha già anticipato che ne censurerà il comportamento. Tra le carte di Pompa c'era anche un programma di "bonifica del Palazzo della presidenza del Consiglio nelle componenti burocratica e di sicurezza". Come pure c'era un appunto su "presunti rapporti" dell'allora capo della polizia De Gennaro con "esponenti della finanza e dell'esercizio delle comunicazioni telefoniche". La bonifica di Palazzo Chigi consisteva - si dice nell'invito a comparire notificato a Pompa - "nel sostituire progressivamente il personale con persone 'sicure' e di 'blindata affidabilita'". Tra le personalità spiate figurano fra gli altri magistrati come l'ex segretario dell'Anm e oggi procuratore aggiunto di Milano Edmondo Bruti Liberati, l'ex pm di "mani pulite" e oggi consigliere di Cassazione Gherardo Colombo, l'ex vicesegretario generale e vicepresidente dell'Anm, nonché consigliere per Magistratura democratica nell'ultimo Csm, Giovanni Salvi; e politici come l'ex capogruppo dei DS alla Camera Luciano Violante e il vicepresidente diessino del Copaco, Massimo Brutti: tutti considerati appartenenti a una struttura "nemica" del governo Berlusconi, e come tale da "neutralizzare" e "disarticolare", anche ricorrendo ad "azioni traumatiche". L'inquietante progetto risale all'estate 2001, all'inizio del governo Berlusconi, e getta una luce ancor più sinistra sulle attività e il ruolo di Pompa e del Sismi in questi ultimi anni. Il compito dello spione, braccio destro del direttore Niccolò Pollari, non era solo quello di disinformare, depistare e manipolare l'opinione pubblica fabbricando notizie false da far spargere a quotidiani e giornalisti compiacenti, ma anche quello di mettere in campo "azioni traumatiche": ossia atti di terrorismo e forse anche omicidi politici per proteggere e spianare la strada al governo neofascista di Berlusconi. Tra l'altro nel mirino di questa febbrile attività di spionaggio e provocazione ci siamo finiti anche noi marxisti-leninisti (e come potrebbe essere altrimenti?), visto che anche il PMLI è stato oggetto, alla vigilia del Social forum europeo di Firenze, di una grottesca e infame provocazione di Libero, che ora si capisce molto bene da chi era ispirata e promossa, mirante a far passare il nostro Partito nientemeno che come una filiale italiana di Al Qaeda. Diffamazione per cui i quotidiani Libero e La Padania sono stati condannati per complessivi 42 mila euro di risarcimento ciascuno con sentenza immediatamente esecutiva. Perciò non basta mandare alla sbarra solo gli esecutori materiali di questo criminale progetto, ma bisogna che la procura di Roma scovi e punisca soprattutto chi, a cominciare dal neoduce Berlusconi, ha promosso, sostenuto e coperto tali attività di spionaggio e a quali ordini rispondeva a sua volta. Cosiccome va chiarita l'ambigua posizione di Prodi e di tutto il "centro-sinistra" che, pur avendo in mano le leve del governo e potendo smascherare e debellare queste trame e chi ci sta dietro, se ne stanno zitti e imbelli finendo per reggere il sacco ai piduisti e ai neofascisti come dimostra il fatto che sul caso Abu Omar il governo Prodi ha confermato il segreto di Stato che sarebbe stato già posto da Berlusconi, e si è rifiutato per mesi di rimuovere Pollari. 11 luglio 2007 |