Pompa a Berlusconi: "sarò il suo uomo fedele e leale" "Sarò, se Lei vorrà, il Suo uomo fedele e leale... Desidero averLa come riferimento e esempio ponendomi da subito al lavoro". Così scriveva Pio Pompa al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi subito dopo essere entrato al Sismi come consigliere del direttore, il generale Nicolò Pollari. Avvenne sei anni fa, nel novembre del 2001, appena sei mesi dopo il ritorno di Berlusconi a Palazzo Chigi. Alcuni stralci della lettera sono stati ritrovati tra le carte dell'archivio occulto del Sismi di via Nazionale 230 a Roma e sequestrati nell'ambito dell'inchiesta di Milano per il sequestro di Abu Omar e ora oggetto d'indagine della Procura di Roma cui per competenza è stato inviato il fascicolo. Si tratta della ricevuta di un fax inviato alle 19,24 del 21 novembre 2001 a un numero che corrisponde agli uffici di palazzo Grazioli, la residenza romana dell'allora premier, in cui compaiono le prime frasi del messaggio che dice: "Sul foglio che ho davanti stento ad affidarmi a frasi di rito per esprimerLe la mia gratitudine nell'aver approvato, nel Ciis di oggi, il mio inserimento, quale consulente, nello staff del Direttore del Sismi". Poi Pompa ricorda al premier Berlusconi l'importante conoscenza che li accomuna. Si tratta di Don Luigi Verzé, fondatore dell'ospedale San Raffaele di Milano e amico di vecchia data di Berlusconi. Nel menzionarlo, nel prosieguo della lettera, Pompa scrive: "Avendo quale ispiratore e modello di vita Don Luigi Verzé, che mi ha esistenzialmente e affettivamente adottato, posso solo parlarLe con il cuore: insieme a Don Luigi voglio impegnarmi a fondo, com'è nella tradizione contadina della mia famiglia, nella tutela e difesa della straordinaria missione che scandisce la Sua esistenza". Quindi, ancor più servilmente, si prostra ai piedi "dell'unto dal signore" e aggiunge: "In due occasioni, prima a Milano e successivamente a Roma, ho colto il Suo sguardo indagatore mentre Le stringevo la mano. Uno sguardo poi divenuto dolce conoscendomi come uomo fedele e leale di Don Luigi. Sarò, se Lei vorrà, anche il Suo uomo fedele e leale". Segue un accostamento tra il sacerdote, Berlusconi e le origini familiari di Pompa: "Mio padre contadino, Don Luigi e Lei possedete la forza e la volontà di seminare per il futuro, oltre la vostra esistenza. Desidero, dunque, averLa come riferimento e esempio ponendomi da subito al lavoro. Un lavoro che vorrei, come mi ha suggerito don Luigi, concordare con Lei quando potrò, se lo riterrà opportuno, nuovamente incontrarLa". Infine, parafrasando gli slogan della vittoriosa campagna elettorale che appena 6 mesi prima aveva riportato Berlusconi a Palazzo Chigi, Pompa si congeda dal suo "illustre" interlocutore con le seguenti parole: "È con il cuore che posso salutarLa: dopo aver fatto l'operaio, l'impiegato, il dirigente e quant'altro la Divina Provvidenza mi ha concesso di sperimentare, come la possibilità di poter lavorare per Lei". E nel finale cita Eugenio Montale scrivendo all'allora presidente del Consiglio che "il Suo pensiero" gli appare "profondo ma di un'estrema leggerezza rappresentabile in un verso: 'quel tenue bagliore strofinato, laggiù, non era quello di un fiammifero'". 11 luglio 2007 |