Piazza Montecitorio ribattezzata "Piazza dell'indignazione precaria" La polizia carica i precari che assediano la Camera I lavoratori chiedevano le dimissioni di Berlusconi e il lavoro stabile Era già da sabato 18 giugno che un nutrito gruppo di precari della scuola presidiava giorno e notte Piazza Montecitorio per chiedere, afferma una giovane che con il megafono legge il comunicato: "il ritiro dei tagli iniziati con la legge 133 del 2008 che hanno peggiorato la qualità dell'insegnamento e hanno estromesso dalla scuola 150.000 lavoratori tra docenti e personale ata, l'immissione in ruolo di tutti i precari e il rispetto della normativa europea che impone l'assunzione dopo tre anni di contratto a tempo determinato". Una presenza quella dei lavoratori a tempo determinato della scuola che subito è apparsa qualificata e con le idee chiare e che per domenica 19 aveva convocato un'assemblea pubblica in Piazza Montecitorio, ribattezzata Piazza dell'indignazione precaria, rivolta a tutto il mondo del precariato allo scopo di unire "tutte le forze contro il decreto sviluppo che sarà discusso alla camera mercoledì (22 giugno ndr.) e che, discriminando i precari della scuola pubblica statale, rischia di creare un pericoloso precedente da estendere a qualsiasi altro settore del precariato sia pubblico che privato", sostiene il comitato Uniti contro i tagli che raccoglie lavoratori precari della scuola. I motivi della protesta Domenica 19 giugno, giorno dell'indignazione precaria in 12 città italiane, all'assemblea in Piazza Montecitorio oltre ai precari della scuola erano presenti quelli della pubblica amministrazione, i lavoratori del teatro Valle di Roma, occupato alcuni giorni prima, il comitato dei cassintegrati Alitalia e i punti San precario. La richiesta è stata chiarissima: dimissioni del governo e ritiro del decreto sviluppo. I precari sono rimasti a presidiare la piazza per cinque giorni, in attesa della discussione del 21 giugno sulla fiducia al governo e sul famigerato decreto sviluppo. In quest'ultimo, infatti, sono presenti alcuni provvedimenti che contribuiranno ad affossare ulteriormente gli oltre 240 mila docenti e 50mila Ata inseriti nelle graduatorie provinciali, scorrendo le quali, annualmente, a settembre, il Ministero attinge per la copertura dei posti vacanti, sottoscrivendo contratti della durata che oscilla tra i 9 e 12 mesi. Tra le norme più contestate, la deroga per i soli precari della scuola al decreto legislativo 368/01, il quale applica in Italia la direttiva comunitaria sui tempi determinati: durata massima di tre anni per i contratti a tempo determinato che dopo devono essere trasformati in tempo indeterminato. Con la deroga, il neoduce impedisce al solo personale precario della scuola di ottenere dopo 36 mesi di servizio il contratto a tempo indeterminato, fregandosene, con piglio ducesco, persino delle norme borghesi europee e italiane e delle numerose sentenze della Magistratura che ha riconosciuto ai precari della scuola ricorrenti il diritto alla stabilizzazione. Lavoratori e sindacati denunciano anche l'assenza del numero di docenti che verranno immessi in ruolo nella scuola pubblica, in base ad un annunciato, ma mai presentato, piano pluriennale di assunzioni. L'unico dato concreto è che la riduzione di posti in organico procede: si attende la terza tranche dei 150.000 tagli agli organici e degli 8 miliardi ai finanziamenti imposti dalla Finanziaria del 2008 che, per il prossimo anno scolastico porterà all'eliminazione di circa 19mila cattedre ed altri 15mila ata. Sussiste lo slittamento della data per le assunzioni a tempo indeterminato dal 31 luglio al 31 agosto, con un peso che ricade soprattutto sui precari, dal momento che le assunzioni a tempo determinato vengono fatte dopo i passaggi a ruolo. Far slittare l'assunzione, per un grande numero di precari significherà la perdita di buona parte o di tutto lo stipendio di settembre e di parte di quello di ottobre e per gli studenti l'inizio dell'anno scolastico senza tutti i docenti. Altra norma che penalizza i precari è l'impossibilità di nuovi inserimenti di docenti già abilitati, che esclude 20.000 giovani appena specializzati. Ma anche un'assenza di impegno per le assunzioni dei precari dell'università e della ricerca. Lo stanziamento, per contro, di 10 milioni di euro solo per il 2011, per l'istituzione della cosiddetta "Fondazione per il merito" (art. 9), che ha il compito di gestire il Fondo per merito, stabilendo, tra le altre cose, le caratteristiche di premi e prestiti a favore degli studenti, stipulando accordi con soggetti privati e di organizzare e somministrare le prove nazionali standard, i cui contenuti saranno predisposti dalle istituzioni del Sistema nazionale di valutazione: insomma l'ennesimo passo verso la scuola selettiva e classista del regime neofascista. In piazza anche le Unioni sindacali di base USB del Pubblico Impiego "per la difesa dei diritti fondamentali dei lavoratori, per la difesa del ruolo della Pubblica Amministrazione al servizio dei cittadini, a partire da quelli meno tutelati, e contro un Decreto Sviluppo che, mentre chiude in faccia le porte ai precari, blocca la vigilanza sulle imprese". Con le norme contenute nell'articolo 7 del decreto, infatti, denuncia il sindacato verrebbero paralizzate le funzioni di verifica e controllo fiscale svolte dalla Pubblica Amministrazione, con il rischio di vedere allargata la voragine di 280 miliardi aperta dall'evasione fiscale e una ricaduta enorme su stipendi, pensoni e quel che rimane dello Stato sociale. Le "forze dell'ordine" caricano i precari che urlano "dimissioni!" Il giorno delle dichiarazioni di Berlusconi in aula ne avevano ben donde le diverse centinaia di giovani di presidiare arrabbiati e combattivi piazza Montecitorio, fin sotto il portone della Camera dei deputati, rispondendo alla chiamata del movimento dei "Precari uniti contro i tagli", dei sindacati di base, ma anche della FLC-CGIL. Tra i fischi assordanti, striscioni e canti ironici che sbeffeggiavano Berlusconi e la squallida congrega di venduti presenti in quella fogna a cielo aperto a cui è stato ormai ridotto il parlamento italiano pieno di venduti, inquisiti, neofascisti, corrotti, i giovani, riferendosi a Berlusconi e al suo governo, urlavano a squarciagola "dimissioni, dimissioni!", lanciando libri, uova e ortaggi contro il portone del Palazzo. All'improvviso un imponente schieramento di polizia che circondava la piazza in assetto antisommossa carica proditoriamente il presidio che, nonostante l'inattesa azione delle "forze dell'ordine" continua a lanciare oggetti e grida "dimissioni, dimissioni!" e "vergogna!", all'indirizzo del Palazzo. Le telecamere riprendono alcune persone, di certo poliziotti in borghese o provocatori fascisti, che aggrediscono dei manifestanti e dei giornalisti che assistono alla scena. Uno dei manifestanti viene colpito in volto, strattonato, cade per terra. I precari si allontanano in corteo con lo scopo di riprendere la protesta anche sotto il Senato, ma vengono bloccati da uno sbarramento di polizia, con il già noto metodo provocatorio delle camionette messe per traverso, in coincidenza di piazza Sant'Eustachio a ridosso del Senato. I manifestati tornano indietro passando sotto il Teatro Valle, da dove altri precari avevano esposto gli striscioni della protesta e le bandiere sindacali. Anche qui a sbarrare la strada un cordone di forze dell'ordine in tenuta antisommossa. A questo punto i manifestanti si dirigono nuovamente verso Montecitorio scandendo ancora la parola d'ordine "dimissioni, dimissioni!". È da condannare senza mezzi termini l'intollerabile atteggiamento provocatorio e violento con il quale il governo del neoduce risponde a suon di manganelli, repressione, militarizzazione del territorio e sprezzanti insulti alla giusta protesta dei lavoratori precari italiani. Per questo governo, i precari non devono aver alcun diritto, né certezza e, se osano soltanto aprire la bocca, vanno manganellati senza risparmio di forze. Le risposte violente e repressive di questo governo non fermeranno la lotta dei precari, tra i quali si sta sempre più diffondendo l'idea che la lotta per il lavoro necessariamente si intreccia con la lotta per mandare a casa il governo, come dimostrano le richieste di dimissioni partite ormai più e più volte dalle piazze italiane, dalla storica data del 14 dicembre ad oggi. Il PMLI appoggia la lotta dei precari e auspica che ci si liberi subito con un nuovo 25 Aprile del nuovo Mussolini e dei suoi gerarchi prima che compia altri scempi politici e sociali, compromettendo ancora più seriamente il futuro di milioni di giovani precari e disoccupati italiani. 29 giugno 2011 |