Dopo 38 anni che i militari inglesi uccisero 14 manifestanti pacifici in Irlanda del Nord Il premier britannico chiede scusa per il massacro di Bloody Sunday Le 14 vittime uccise dai militari inglesi e i 13 feriti durante la manifestazione pacifica per difendere i diritti civili violati della comunità cattolica nelle sei contee dell'Ulster, organizzata a Derry nell'Irlanda del Nord il 30 gennaio 1972, non "rappresentavano alcuna minaccia per i militari britannici. Erano tutte disarmate"; con queste parole il rapporto della commissione d'inchiesta sui tragici eventi della domenica di sangue del 1972, la Commissione Saville, ha sottolineato le responsabilità dell'esercito nel massacro di Bloody Sunday (Domenica di sangue) e ha espresso una condanna del comportamento dei soldati che aprirono il fuoco. Un'inchiesta durata ben 12 anni ma che alla fine, a 38 anni di distanza, ha perlomeno ribaltato l'esito della prima inchiesta farsa, l'inchiesta Widgery, che subito dopo il massacro aveva assolto i militari e sparso menzogne definendo i civili come "terroristi dell'Ira armati". E che ha costretto il premier britannico David Cameron a chiedere scusa. Il premier Cameron presentando e rendendo pubblico in parlamento, lo scorso 15 giugno, il documento della commissione ha sostenuto che "le conclusioni del rapporto sono chiare. Quello che è accaduto a Bloody Sunday è stato qualcosa di sbagliato. Il governo è responsabile della condotta delle forze armate. In nome del governo e del paese, sono profondamente dispiaciuto per ciò che è accaduto" e ha chiesto scusa alle vittime per l'uccisione "ingiustificata e ingiustificabile" di civili innocenti. Non ha però rinnegato la politica britannica nell'Ulster, nella parte nord dell'isola irlandese, quella parte che l'imperialismo inglese si era tenuta al momento di concedere l'indipendenza a Dublino, e ha difeso l'occupazione militare delle forze britanniche fra il 1969 e il 2007; Cameron ha ammesso che "alcuni errori sono stati fatti" ma contemporaneamente difeso "l'impegno e il coraggio" dei militari britannici nell'Ulster. Compresa la repressione del movimento indipendentista repubblicano che aveva a Derry una delle sue roccaforti. L'esercito britannico dal 1970 ha adottato nel Nord Irlanda le tattiche lungamente sperimentate nelle guerre coloniali che comprendevano la carcerazione senza processo, la tortura dei detenuti, il reclutamento di agenti e informatori, la creazione di gruppi di controguerriglia attraverso la creazione di gruppi paramilitari unionisti come l'Uda (Ulster Defence Association), l'adozione di leggi repressive, la manipolazione dei media, il via libera ai soldati di sparare per uccidere. I parà uccisero anche undici cittadini a Ballymurphy, a Belfast e moltissimi altri vennero uccisi e feriti nelle altre contee. La versione del massacro di Derry fornita dalla commissione Widgery era palesemente falsa e era stata contestata dagli indipendentisti irlandesi e dai familiari delle vittime che nel 1997 avevano presentato al governo di Dublino un dossier di 178 pagine con molte prove delle responsabilità dei soldati britannici. Le loro pressioni spinsero l'allora premier Tony Blair, impegnato nel processo di pace che si sarebbe concluso con l'accordo 9 aprile 1998, a nominare una nuova commissione di inchiesta affidata a Lord Saville. Che ha svolto il suo lavoro tra il marzo 2000 e il gennaio 2005. Il rapporto finale è però rimasto fino a ora chiuso in un cassetto per le pressioni del ministero della Difesa che già aveva boicottato il lavoro della commissione negando documenti importanti, quali le foto e i video di quella giornata in possesso dell'esercito, e distruggendone una parte come i rapporti interni e perfino i fucili utilizzati. Ci sono voluti 38 anni per ristabilire la verità e a questo punto i familiari delle vittime vogliono portare di fronte a un tribunale gli impuniti responsabili del massacro. 23 giugno 2010 |