Al presidente della Germania scappa la verità: La guerra in Afghanistan serve a proteggere gli interessi economici del Paese Non sopportando le critiche Koehler si dimette Lo scorso 22 maggio, di ritorno da una visita al contingente tedesco in Afghanistan, il presidente Horst Köhler aveva risposto a una domanda sulle ragioni della presenza militare tedesca nel paese con queste parole: "un paese delle nostre dimensioni, con il suo orientamento all'export e quindi anche la sua dipendenza dal commercio estero, un paese come questo deve sapere che in situazioni critiche anche un intervento militare è necessario per tutelare i nostri interessi. Per esempio per mantenere libere le vie del commercio, impedire l'instabilità di intere regioni: insicurezze che si ripercuoterebbero negativamente sulle nostre chances, commercio, posti di lavoro, reddito". L'ufficio di presidenza aveva subito precisato che Köhler intendeva riferirsi solo alla missione contro i pirati davanti alle coste della Somalia, una misera giustificazione che non convinceva nessuno. Quanto espresso dal presidente tedesco è la verità: la guerra in Afghanistan serve a proteggere gli interessi economici della Germania. Come di tutti gli altri paesi imperialisti che partecipano all'occupazione guidata dagli Usa. Il democristiano Kohler non è un politico di professione ma un economista che è stato sottosegretario alle finanze nel 1990, presidente delle casse di risparmio tedesche e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) e infine direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi). Ma neanche uno sprovveduto, eletto alla presidenza nel luglio 2004 e riconfermato nel maggio 2009 per un secondo mandato di cinque anni. Gli è solo scappata la verità. Che ha sollevato un nugolo di critiche, mal sopportate fino a annunciare le dimissioni il 31 maggio: "la critica si è spinta fino a insinuare che io propugnerei interventi della Bundeswehr non coperti dalla costituzione (proprio quello che ha detto, ndr). Questa critica è priva di ogni fondamento (sic!) e del necessario rispetto per il mio ufficio. Pertanto annuncio le mie dimissioni, con effetto immediato". 16 giugno 2010 |