Il presidenzialismo impera su quasi tutte le liste elettorali Il presidenzialismo imperversa più che mai anche in questa campagna elettorale e domina sovrano in quasi tutti i simboli e i manifesti delle varie liste elettorali. In testa a tutte - anche perché al neoduce spetta legittimamente il copyrigth di inventore delle campagne elettorali presidenzialiste - la lista del PDL, che nel simbolo reca in evidenza la scritta "Berlusconi presidente", con la scusa che sarebbe da intendersi nel senso di "presidente della coalizione": e questo in barba all'accordo con Maroni che non lo voleva indicato come candidato premier, onde far digerire meglio alla base leghista il nuovo patto indecente con il cavaliere piduista. E difatti Maroni si è abbastanza risentito della peraltro prevedibile furbata. Ma ha anche fatto presto a dimenticarla, essendo del resto non meno presidenzialista del suo alleato, dal momento che anche nella patacca della Lega compare il suo nome in grande evidenza, e per di più con l'aggiunta di quello del suo nuovo socio in affari, Tremonti. Per non parlare, poi, dei manifesti in cui il leader leghista appare guardare lontano con aria ispirata e la scritta "La Lombardia in testa. Maroni presidente". Da intendersi nel senso di "presidente della Lombardia", ha precisato lui. Segue il simbolo della lista "Scelta civica con Monti per l'Italia", dove il nome dell'attuale premier risalta con caratteri cubitali: il banchiere liberista si è anzi rifiutato di toglierlo su proposta di Casini, che il suo l'aveva tolto dal simbolo dell'UDC per facilitare la trattativa per la lista unica centrista. Risultato: anche Casini e Fini hanno deciso allora di mettere il proprio nome sui rispettivi simboli, promettendo di toglierli dopo le elezioni. Non c'è il nome di Bersani sul simbolo del PD, dato che ha detto più volte che non ci metterà mai il suo nome perché "siamo una squadra e non un partito leaderista". Benissimo, e che dire allora delle gigantografie in cui compare di tre quarti sotto la scritta "L'Italia giusta", diffuse dappertutto e portate in giro perfino sugli autobus? Ci sono invece, eccome, e in grande evidenza, i nomi dei rispettivi leader sui simboli delle altre principali liste in gara, come quello di Vendola sul simbolo di SEL, quello bello grosso di Ingroia sul simbolo della sua lista Rivoluzione Civile, quello di Di Pietro sul simbolo dell'IDV (ma non l'aveva tolto?) e quello di Grillo sul simbolo del "suo" Movimento 5 Stelle. Ma anche tra i leader delle liste minori, perfino delle più infime, c'è chi non rinuncia alla sua piccola campagna presidenzialista, come il leader dell'UDEUR, Mastella, quello de La Destra, Storace, quello del MIR, ovvero l'imprenditore berlusconiano Samorì, e quello di Angelo Pisani presidente PDL della Municipalità dove si trova Scampia, che ha trovato il modo di aggiungere il suo nome in una lista cosiddetta anti-Equitalia, poi bocciata dal Viminale. E perfino il governatore siciliano Crocetta partecipa alla campagna elettorale in Sicilia con la lista che porta il suo nome: la lista Il Megafono-Crocetta, che si presenta per il Senato a fianco del PD. 16 gennaio 2013 |