Prima vittoria degli operai Fincantieri La direzione aziendale e il governo costretti a ritirare il piano che prevedeva 2.551 licenziamenti e la chiusura di due stabilimenti Auspichiamo che la cantieristica navale si sviluppi nel trasporto merci in mare Una prima importante vittoria gli operai di Fincantieri l'hanno conseguita. La direzione aziendale è stata costretta a ritirare lo sciagurato piano di ristrutturazione, annunciato il 23 maggio scorso, che prevedeva la chiusura degli stabilimenti di Castellammare di Stabia (Napoli) e di Sestri Ponente (Genova), un forte ridimensionamento di quello di Riva Trigoso, il conseguente licenziamento di 2.551 lavoratori, più quelli dell'indotto. Prevedeva inoltre, in deroga al contratto nazionale, l'imposizione di condizioni di lavoro di bestiale supersfruttamento negli altri cantieri (Monfalcone, Marghera, Ancona, Palermo e Muggiano) del tipo di quelle ottenute da Marchionne per Fiat Pomigliano e Mirafiori. L'offensiva di stampo padronale tesa a far pagare la crisi esclusivamente ai lavoratori è stata, per il momento, stoppata. Ora si apre una fase nuova della trattativa finalizzata al rilancio produttivo di Fincantieri (azienda di proprietà dello Stato) e in definitiva della cantieristica italiana. Le operaie e gli operai, le lavoratrici e i lavoratori di Fincantieri, questa volta appoggiati unitariamente dai sindacati di categoria FIOM-CGIL, FIM-CISL, UILM-UIL e da un'ampia solidarietà, tra cui quella del nostro Partito, che tempestivamente è cresciuta attorno a loro, ci hanno creduto e si sono battuti come leoni per ottenere questo (primo) obiettivo. Sin da quando hanno appreso, per bocca dell'amministratore delegato, Giuseppe del Bono, del piano di ristrutturazione si sono mobilitati come un sol uomo e per due settimane (tante sono passate dall'annuncio al ritiro del piano), hanno dato vita a iniziative di lotta, praticamente senza soluzione di continuità: scioperi, cortei, blocchi stradali e ferroviari e persino dell'aeroporto di Capodichino, occupazione del municipio nel caso di Castellammare di Stabia, presidio permanente dei cancelli dei cantieri, sfidando anche la repressione poliziesca del leghista Maroni, che più di una volta si è scagliata brutalmente, manganelli alla mano, contro i cortei dei lavoratori. La parola d'ordine era: il piano di licenziamenti e di smantellamento della cantieristica non deve passare. La mobilitazione dei lavoratori si è fatta particolarmente intensa con l'approssimarsi dell'incontro fissato a Roma per il 3 giugno dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, con la direzione aziendale e i rappresentati sindacali di categoria e confederali ai massimi livelli. Anzi, proprio in concomitanza di questo appuntamento gli operai di tutti gli stabilimenti Fincantieri e anche di aziende dell'indotto, come quelli di Isotta Fraschini di Bari, sono scesi in massa nella capitale per fare sentire forte la loro protesta, accolti da un esagerato, non giustificato e intimidatorio dispiegamento di forze di polizia in versione antisommossa pronto a intervenire a suon di manganellate. Per impedire che la protesta operaia arrivasse, come era previsto, fin sotto le finestre del ministero, all'ultimo minuto il ministro ha spostato la sede dell'incontro in via Boston all'Eur, lontano dal centro città. Sempre a questo fine, circa 1.200 lavoratori provenienti da Genova con un treno speciale invece chéealla Stazione Termini è stato dirottato alla stazione Ostiense. Nel corso della riunione, durata appena mezz'ora, l'amministratore delegato, Giuseppe del Bono, alla presenza di una folta delegazione del governo di sei dicasteri, dei leader di FIOM, FIM, UILM e di CGIL, CISL e UIL, oltre ai rappresentanti di Confindustria, ha capitolato e dichiarato di ritirare il piano industriale contestato. "Se queste sono le vostre richieste - ha detto - ritiro il piano". "Ritiro il piano e spero che così - ha aggiunto - si possano esorcizzare le tensioni. Il piano presentato nei giorni scorsi non era una novità per nessuno sono una persona che si assume le sue responsabilità, ma con gli attacchi subiti da tutte le parti anche la mia forza viene meno". Nelle parole di Bono c'è una evidente critica al governo il quale non ha fatto niente sin qui, è stato sordo e inerte nonostante che la crisi del settore fosse conclamata da almeno due anni. Appena la notizia è arrivata agli oltre 2 mila lavoratori in corteo bloccati dalla polizia nei pressi dell'Arco di Costantino, a due passi dal Colosseo, è partito un lungo applauso e varie manifestazioni di gioia. La soddisfazione è grande. C'è però la consapevolezza che si tratta solo di un primo passo, nient'affatto risolutivo. "Le RSU FIM-FIOM-UILM dello stabilimento di Monfalcone - si legge per esempio in un documento dell'8 giugno - in riferimento al ritiro del piano industriale presentato da Fincantieri e alla relativa marcia indietro sulle chiusure e sugli esuberi, esprimono cauto ottimismo, mentre resta alta la preoccupazione sul futuro del gruppo". Come dire, la vigilanza deve rimanere alta e la lotta deve proseguire per ottenere un nuovo piano industriale che investa e introduca innovazioni nei cantieri, rilanci le produzioni e metta in sicurezza i posti di lavoro. Il ministro Romani ha accennato a nuove commesse pubbliche nel settore militare e a incentivi ai privati per l'ammodernamento delle flotte da fare con Fincantieri. Ma al momento non c'è nulla di concreto. Ci sono anche le proposte del PD che si basano principalmente sulla rottamazione dei traghetti in disuso e sullo sviluppo dei brevetti di Fincantieri per navi mangia petrolio da attivare in caso di catastrofi ecologiche dovute all'affondamento di petroliere o ad avarie di piattaforme di estrazione petrolio in mare. Ma la soluzione migliore, più strategica, per dare un futuro alla cantieristica navale e quindi alla Fincantieri sarebbe quella dello sviluppo del trasporto merci via mare invece che con i camion, su autostrada come avviene in prevalenza. Ancora oggi infatti, il traffico di cabotaggio via mare copre una percentuale minima. Eppure l'Italia è un Paese che ha potenzialmente condizioni favorevoli per questo tipo di trasposto. È dotata naturalmente di "due autostrade" del mare in grado di collegare una, lungo il Tirreno, Trapani, Palermo e Napoli, con Livorno, La Spezia, Genova e Savona (ma anche con Marsiglia). L'altra, lungo il mare Adriatico, Catania, Crotone e Bari con Ancona, Ravenna e Trieste. Se questa scelta fosse messa in pratica, sia pure con la necessaria gradualità, gli impianti di Fincantieri avrebbero il lavoro assicurato per vent'anni, aggiungendo alle sue produzioni tradizionali la costruzione di navi per il trasporto merci. Molteplici i benefici, oltre quanto detto, il risparmio energetico, la riduzione dei costi di trasporto, diminuzione del traffico sulle strade, degli incidenti e dell'inquinamento dell'aria. 15 giugno 2011 |