Non scalfiti dai tagli di Gelmini e Berlusconi Gli scandalosi privilegi degli insegnanti di religione Mentre centinaia di migliaia di docenti e personale Ata, in seguito ai tagli di Tremonti e Brunetta e ai decreti Gelmini, rischiano di perdere il posto, nella scuola pubblica prospera sempre più numerosa una casta di oltre 25 mila professori di religione che godono di un trattamento privilegiato rispetto a tutti gli altri insegnanti sia di ruolo che precari, sia per quanto riguarda lo stipendio e la parte economica sia per la tutela dei diritti e della parte normativa. Il primo privilegio riguarda le modalità di assunzione: a differenza di tutti gli altri professori che devono sorbirsi anni di precariato, supplenze, corsi di abilitazione e concorsi ordinari prima di sperare in un'assunzione a tempo indeterminato, gli insegnanti di religione sono nominati direttamente dal Vaticano su base regionale e i loro stipendi sono a totale carico dello Stato. Non solo. Pur essendo sgravati di molte responsabilità a carico degli insegnanti di altre materie (niente scritti obbligatori, niente esami di stato, onere della valutazione praticamente inesistente), gli insegnanti di religione precari (con contratto a tempo determinato) maturano scatti stipendiali biennali pari al 2,50% e di anzianità che conservano anche dopo l'eventuale passaggio nei ruoli della scuola (assunzione a tempo indeterminato). Mentre tale diritto è negato a tutti gli altri insegnanti che, da precari, non maturano né scatti stipendiali né di anzianità e quindi al momento del loro eventuale passaggio nei ruoli della scuola (assunzione a tempo indeterminato) non solo si ritrovano con uno stipendio inferiore, ma devono aspettare un intero "gradone" di 7 anni per maturare il primo misero aumento stipendiale. La scandalosa disparità di trattamento data al 1984 con la revisione dei Patti Lateranensi sottoscritti dall'allora neoduce Craxi e dal cardinale Agostino Casaroli che introdusse per i religiosi gli scatti biennali di aumento dello stipendio mensile del 2,50% e poi, nel 1988, anche il diritto agli scatti di anzianità al pari di tutti gli insegnanti a tempo determinato. Una disparità di trattamento comunque inaccettabile ma che all'epoca venne "giustificata" con l'impossibilità, per l'insegnante di religione, di entrare in ruolo (cioè di essere assunto dallo Stato con un contratto a tempo indeterminato). Tale "giustificazione" è venuta però a cadere con l'approvazione della legge 186/2003 e l'accordo Miur-Cei del 23 ottobre 2003 tra l'allora ministro dell'Istruzione Moratti e il cardinale Camillo Ruini che ha permesso tra l'altro, trattandosi di insegnamento non obbligatorio, l'istituzione di corsie preferenziali per l'immissione in ruolo degli insegnanti di religione e non cancellando nessuno dei privilegi precedentemente acquisiti. Così quello che per i professori di religione era un presunto handicap (il precariato a tempo indeterminato stabilito dal Concordato Stato-Chiesa) si è progressivamente trasformato in una serie di scandalosi privilegi. Basti pensare che attualmente un professore di religione con otto anni di anzianità, neppure troppi per i precari della scuola, a inizio carriera percepisce uno stipendio del 10 per cento superiore rispetto ai colleghi delle altre materie. Attualmente si contano 25.694 insegnanti di religione nella scuola pubblica italiana e i loro stipendi, totalmente a carico della collettività, ammontano a circa 800 milioni all'anno. Non solo. Il loro numero è in aumento costante, per le massicce immissioni in ruolo fatte negli ultimi anni. Basti pensare che tra il 2004 e il 2007 sono stati assunti oltre 15mila tra maestri e professori di religione. Inoltre i loro privilegi non vengono minimamente toccati dagli odiosi tagli imposti per decreto dal governo del neoduce Berlusconi e dalla gerarca Gelmini e sono perciò destinati ad avere un peso sempre maggiore in rapporto al monte ore di insegnamento. Attualmente alle elementari e alle materne sono previste due ore di religione a settimana per classe su un totale di 30 (o 40, se c'è il tempo pieno). Ma dall'anno prossimo, con la riduzione del tempo scuola della legge Gelmini, saranno 2 ore su 24, cioé l'8,3 per cento dell'orario curricolare. E così, mentre Berlusconi, Tremonti, Brunetta e Gelmini impongono a tutto campo razionalizzazione, accorpamenti e risparmi, l'insegnante di religione è assunto e attribuito rigidamente per classe e la sua cattedra è intoccabile. Questo vuol dire che c'è sempre, anche se in una classe c'è solo uno studente che opta per l'insegnamento della religione. Perché per le ore di religione è vietato per legge accorpare gli studenti di più classi. Un privilegio che non fa altro che moltiplicare a dismisura le ore e le cattedre. Questo spiega perché, a partire dal 2000 nonostante nelle scuole di ogni ordine e grado si registri un calo costante degli studenti che si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica, il numero di maestri e professori di religione continua ad aumentare. Solo la curia, che ha dato loro l'idoneità all'insegnamento, può revocargliela, anche per motivi morali o personali, come una convivenza fuori dal matrimonio o cose simili. Ma in quel caso scatta a loro favore un altro privilegio introdotto nel 2000 dal governo di "centro-sinistra" che stabilisce che: se a un insegnante di religione immesso in ruolo la curia non rinnova l'idoneità all'insegnamento della religione cattolica, egli non perde il posto, ma può far valere i suoi titoli per insegnare altre materie scavalcando in graduatoria tutti gli altri precari senza santi in paradiso. 3 dicembre 2008 |