In vista della Finanziaria 2007 Prodi rilancia la "politica dei redditi" In sollucchero i vertici confederali No al nuovo 'patto sociale' Era prevedibile, anche perché stava scritto nel programma elettorale dell'Unione. Il governo di "centro-sinistra" dell'economista borghese Romano Prodi, rilancia la concertazione (neocorporativa), la "politica dei redditi" e il "patto sociale" con i sindacati confederali collaborazionisti e le associazioni padronali, Confindustria in testa. La prima avvisaglia concreta la si è avuta il 5 settembre scorso, in una "colazione" di lavoro a Palazzo Chigi, dove il presidente del consiglio illustrò in grandi linee le direttrici della prossima legge finanziaria e delineò un tragitto di concertazioni con le "parti sociali" per discutere i problemi di politica economica sul tappeto. Ma è nell'incontro svoltosi il 14 settembre tra i ministri dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, del Lavoro, Cesare Damiano, della Funzione Pubblica, Luigi Nicolais, il sottosegretario alla presidenza, Enrico Letta e il ministro per le Attività Produttive, Pier Luigi Bersani per il governo, e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti che questa strategia è emersa in modo chiaro e nella sua piena dimensione. Cosa ha detto nell'essenziale il ministro dell'Economia? Che il governo si appresta a varare una Finanziaria di ben 30 miliardi di euro, con i tagli alla spesa pubblica e sociale già annunciati; la "riforma" delle pensioni sarà affrontata subito dopo fuori dalla manovra economica; la leva principale per sostenere lo sviluppo (leggi imprese) rimane la riduzione del cuneo fiscale; nell'esecutivo vi è la determinazione a realizzare un "nuovo patto sulla politica dei redditi" in sostituzione di quello, tristemente famoso, del 23 luglio '93; su tutte queste materie intende aprire dei tavoli della concertazione con i sindacati e le associazioni padronali. Sono stati già fissati tre incontri su sviluppo, welfare e cuneo fiscale, da tenersi entro il 29 settembre, data della presentazione delle legge finanziaria, cui ne seguirà un quarto, in ottobre, con al centro il suddetto patto sulla "politica dei redditi".e gli assetti contrattuali. È toccato a Padoa Schioppa illustrare la linea del governo. Per rilanciare gli investimenti e elevare il livello di competitività dell'Italia, ha detto, serve un nuovo patto di "politica dei redditi", come quello del '93, ma aggiornato e rivisto per cogliere le nuove necessità. "l'Idea - ha aggiunto - è quella di aprire un tavolo già dal 30 settembre per mettere a punto un nuovo progetto". Se nel '93 il problema era l'instabilità monetaria e l'inflazione "oggi il problema è la crescita insufficiente e lo stallo della produttività. La scommessa è dunque la ripresa degli investimenti". A sottolineare di nuovo questo concetto ci ha pensato Enrico Letta affermando: "La politica dei redditi è una pietra miliare. Occorre costruire una nuova cornice in Finanziaria e per il futuro. Quello di oggi è solo un primo passo". Le intenzioni del governo piacciono, eccome, alla Confindustria. E non potrebbe essere diversamente visto che esse prevedono sgravi fiscali alle imprese, moderazione salariale e misure per ridurre il "costo del lavoro" e accrescere la produttività. Ma non contenta rilancia, chiedendo anche mano libera sul lavoro straordinario e il sabato lavorativo. E i vertici sindacali, come hanno risposto? Sorvolando sulla mega stangata finanziaria che il governo si appresta a lanciare su sanità, pubblico impiego, enti locali e previdenza sociale, sono andati letteralmente in sollucchero, specie quelli di Cisl e Uil. "Dopo tre anni che diciamo che bisogna riscrivere l'accordo - ha detto in modo sbracato Angeletti - le parole del ministro su questo argomento è musica per i nostri orecchi". "Sì al nuovo patto della politica dei redditi - ha detto Bonanni - ma solo se le scelte della Finanziaria saranno eque... è una riunione importante - ha aggiunto - perché la politica dei redditi è fondamentale e la ripresa economica si può ottenere solo con la coesione sociale". Anche la Cgil è disponibile, ha concesso Epifani, perché il patto di luglio va "rivisitato e aggiornato" e va aperto "un ragionamento sul modello contrattuale". "Il giudizio che si darà sulla Finanziaria - ha concluso - sarà un elemento di fondo per valutare la possibilità di sedersi intorno a un tavolo per ragionare se questa nuova politica dei redditi possa avere uno sviluppo". Non sono affatto chiari i dettagli che dovrebbero comporre questo "nuovo patto della politica dei redditi". Si parla genericamente di lotta all'evasione fiscale, di alleggerimento delle imposte sui lavoratori e sui pensionati, del rispetto delle scadenze per il rinnovo dei contratti di lavoro del pubblico impiego, tutte cose ovvie, verrebbe da dire. Ma sul resto, ad esempio il sistema contrattuale, nonché i meccanismi che determinano la dinamica salariale, non c'è nessuna chiarezza. Chiara invece appare la filosofia collaborazionista e neocorporativa della proposta governativa, analoga a quella del patto precedente del '93 che si concreta nella subordinazione dei salari a parametri economici fittizi stabiliti a tavolino, come erano i tetti programmati dell'inflazione; che si concreta in una mancanza di autonomia della contrattazione sindacale. In ogni caso emerge che la priorità del governo, dei padroni e degli stessi vertici sindacali è il rilancio della competitività del capitalismo italiano sui mercati, cui finalizzare tutto il resto. Né aggiornamento, né rivisitazione, né riproposizione della "politica dei redditi" e della concertazione con cui si integra, ma superamento, abolizione di questa politica sindacale che tanti danni ha provocato. Questa deve essere la parola d'ordine dei lavoratori e di un sindacato che vuole effettivamente difendere i loro interessi! Ciò accanto a una politica di forti e generalizzati aumenti dei salari e delle pensioni di livello medio-basso non più rinviabili, accanto a una politica fiscale più leggera per questi redditi e più pesante per i redditi alti e gli speculatori. L'esperienza lunga 13 anni del "patto sociale" del '93 è stata più che negativa, deleteria. Anche perché di esso è stato applicata solo la parte favorevole ai padroni (abolizione della scala mobile, moderazione salariale, aumento esponenziale delle flessibilità e del precariato), lasciando sulla carta i punti relativi al controllo dei prezzi e delle tariffe e allo sviluppo dell'occupazione e altro ancora. Tutti i dati statistici confermano che si è realizzata una grande redistribuzione della ricchezza dai salari e dalle pensioni verso i profitti e soprattuto la rendita finanziaria e immobiliare, che si è allargata la forbice tra ricchi e poveri. I dati parlano chiaro: in Italia ci sono 6,5 milioni di lavoratori che vivono con mille euro al mese, ci sono 10 milioni di pensionati con 800 euro, a cui aggiungerne altri 3,5 milioni che superano appena la soglia dei 1.300 euro. Negli ultimi 4 anni, secondo uno studio dell'Ires-Cgil, i salari e gli stipendi degli operai e degli impiegati hanno perso oltre 1.400 euro. Mentre i liberi professionisti e gli imprenditori, nello stesso periodo, hanno segnato un + 9.053 euro. I vertici sindacali non hanno alcun mandato dei lavoratori per siglare un nuovo "patto sociale" con Prodi e gli imprenditori. Se il governo procederà nella direzione delineata su Finanziaria, pensioni e "politica dei redditi" occorre prepararsi per tornare in piazza, senza escludere lo sciopero generale. 20 settembre 2006 |