Si espande la protesta degli islamici contro l'imperialismo Usa La protesta degli islamici contro l'imperialismo americano prosegue in varie parti del mondo a conferma che il film blasfemo su Maometto ha solo fatto da detonatore a una rabbia alimentata dallo stesso imperialismo Usa. Nel suo intervento del 25 settembre all'Assemblea generale dell'Onu, il presidente americano Barack Obama ha definito il film blasfemo su Maometto un video "rozzo e disgustoso" il cui contenuto è da "respingere". Ha spiegato anche che negli Usa si permettono espressioni d'odio o offensive "non perché le sosteniamo ma perché i nostri padri fondatori" avevano capito l'importanza della tutela della libertà di espressione. Insomma ancora fa finta di non capire il perché delle tante proteste nel mondo islamico contro l'imperialismo Usa. Eppure non è difficile capirlo, lo stesso Obama all'Onu ne fornisce nuovi esempi quando ha affermato che gli Stati Uniti ''non si ritireranno mai dal mondo", sono in prima fila nella difesa dei cosiddetti valori democratici, "porteremo davanti alla giustizia chi fa del male ai nostri cittadini e ai nostri alleati". Il gendarme imperialista del mondo pretenderebbe anche il consenso e non l'opposizione delle sue vittime. Che poi la "libertà di espressione" sia una formula che sulla bocca degli imperialisti diventa una farsa lo ha confermato il primo ministro francese Jean-Marc Ayrault che, chiamato in causa in merito alla pubblicazione di vignette offensive su Maometto da parte di un giornale francese, ha replicato la formuletta : "siamo in un Paese in cui è garantita anche la libertà di caricatura e se qualcuno si sente offeso può rivolgersi ai tribunali". E subito dopo annunciava il divieto al corteo previsto contro il film blasfemo che si sarebbe dovuto tenere il 22 settembre a Parigi. La libertà di espressione non è per tutti eguale. Il 21 settembre in tutte le principali città del Pakistan si sono svolte manifestazioni nelle quali i manifestanti hanno ingaggiato pesanti scontri con la polizia. Negli scontri a Karachi, Peshawar, Islamabad e Lahore ci sono stati almeno 26 morti, 200 feriti e centinaia di arrestati. Gli scontri più violenti si sono svolti a Karaci, dove la polizia ha sparato e ha usato i gas lacrimogeni per respingere gli attacchi dei manifestanti, e a Peshawar, capoluogo della provincia nord-occidentale di Khyber Pakhtunkhwa, dove i morti sono stati sei e i feriti 65nella battaglia attorno alla "zona rossa" dove si trova il consolato americano difeso dalla polizia. Proteste anche in Iran, a Teheran dove migliaia di persone hanno manifestato davanti all'ambasciata francese, in Iraq e in Afghanistan, dove sono state bruciate bandiere Usa e ritratti del presidente Barack Obama. Nessuna protesta in Tunisia dove il governo ha vietato assembramenti. Il 23 settembre migliaia di sostenitori del movimento libanese Hezbollah sono scesi nelle strade a Hermel, nell'est del paese, l'ultima di cinque manifestazioni organizzate nella settimana dal partito sciita. Il 24 settembre alcune centinaia di manifestanti si sono radunati davanti all'ambasciata statunitense a Manila, nelle Filippine. Nella città di Marawi, nel sud del paese, erano almeno 3 mila i manifestanti che hanno bruciato bandiere di Usa e Israele. Migliaia di musulmani sfilavano al grido di "morte agli Stati Uniti, morte a Israele" a Kaduna in Nigeria; altre manifestazioni si erano svolte nei giorni precedenti in diverse città. 26 settembre 2012 |