Nonostante la repressione dell'esercito Continua la protesta in Siria contro il regime di Assad Le opposizioni danno vita a un Consiglio nazionale transitorio che chiede la fine della repressione e l'avvio di riforme La cronaca di un mese di proteste contro il regime del presidente Bashar al Assad registra il moltiplicarsi delle manifestazioni e l'aumento delle vittime tra i dimostranti. Il 22 agosto Assad ha di nuovo promesso l'introduzione del multipartitismo e elezioni ma ha continuato a mandare carri armati e blindati dell'esercito a reprimere le manifestazioni non solo nei centri della protesta, Hama e Homs, ma anche nei tanti villaggi in varie regioni del paese. Nella città di Rastan decine di soldati si sono rifiutati di sparare sui manifestanti e hanno disertato. Le proteste non sono arrivate al momento a coinvolgere parte della popolazione della capitale Damasco e della seconda città del paese, Aleppo. Secondo quanto comunicato alla riunione straordinaria del Consiglio per i diritti umani dell'Onu che si è tenuta a Ginevra il 21 agosto sono "oltre 2.200 le persone uccise da quando le proteste di massa sono iniziate a metà marzo" delle quali "oltre 350 uccise nel mese di agosto dall'inizio del Ramadan". L'Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, Navi Pillay denunciava da parte dei soldati siriani "un uso eccessivo della forza, compresa l'artiglieria pesante, per stroncare pacifiche manifestazioni e riprendere il controllo sugli abitanti di varie città". "La sicurezza del paese va garantita", rispondeva il 22 agosto da Damasco il presidente Assad che respingeva la richiesta di dimissioni avanzata dal segretario di Stato americano Hillary Clinton e prometteva riforme democratiche e elezioni entro il marzo del 2012. Promesse già pronunciate in passato ma mai mantenute e subito denunciate da migliaia di manifestanti che scendevano in piazza a Homs e in alcuni quartieri di Damasco. Le forze di opposizione rispondevano con la formazione di un Consiglio nazionale transitorio, la cui nascita era annunciata il 29 agosto da Anakara. Il consiglio, composto da 94 membri, di cui 42 in Siria egli altri in esilio, sarà presieduto da Burhan Ghalioun, un professore di scienze politiche che vive a Parigi. Un portavoce dell'organismo ha dichiarato la disponibilità delle varie componenti dell'opposizione al negoziato col governo che potrà essere avviato solo se cesserà la repressione. Una delle componenti del Consiglio, il Comitato dei coordinamenti locali (Lcc) ha dichiarato che non vuole l'intervento internazionale come richiesto da alcuni manifestanti, una richiesta che considera inaccettabile: "qui la democrazia non passa per la Nato". L'avvio di un processo di riforme in Siria è stato sollecitato il 29 agosto dal governo iraniano e dalla Lega araba. L'agenzia di stampa governativa iraniana Irna ha riportato dichiarazioni ufficiali dell'esecutivo di Teheran che invitava Assad a rispondere alle richieste della piazza. La Lega araba al termine della riunione al Cairo chiedeva a Damasco di "mettere fine allo spargimento di sangue" e a "rispettare le aspirazioni del popolo siriano a riforme politiche e sociali". In alcune capitali europee, dato per concluso l'impegno in Libia, si discute se aprire subito il capitolo siriano presentando una bozza di risoluzione al Consiglio di sicurezza dell'Onu per imporre sanzioni alla Siria. Tira la cordata imperialista l'inglese Cameron, d'intesa con Francia e Germania. Una posizione appoggiata da Obama ma non dalle altre concorrenti imperialiste, da Russia e Cina, a Brasile, India e Sudafrica. In attesa degli sviluppi della difficile discussione all'Onu i paesi imperialisti europei sono andati avanti per conto proprio e il 2 settembre l'Unione europea (Ue) decideva di dare il via all'embargo sull'importazione del petrolio siriano, una misura già decisa dagli Usa e che potrebbe avere effetti pesanti sulla Siria dato che la Ue acquista quasi il 90% del greggio siriano, di cui circa la metà viene in Italia. 21 settembre 2011 |