Un inaccettabile attacco senza precedenti all'avvocatura e alle masse da parte del governo Monti Il decreto sulle "liberalizzazioni" fa a pezzi il diritto di difesa democratico-borghese Proteste degli avvocati all'inaugurazione dell'anno giudiziario. Confermato lo sciopero per il 23 e 24 febbraio Una vera e propria rappresaglia contro ciò che rimane dell'art. 24 della Costituzione democratico-borghese del 1948 che scolpisce l'ormai defunto "diritto di difesa" è stata scatenata dall'esecutivo del tecnocrate borghese Monti, sull'onda nera delle misure del precedente governo del neoduce Berlusconi. Un pretesto volgare quello che accompagna l'ennesimo decreto legge, ossia il varo della "liberalizzazione delle professioni per attaccare la casta degli avvocati": in realtà si tratta di un inaccettabile e senza precedenti attacco non solo all'avvocatura democratica, ma anche alle masse popolari. La "liberalizzazione" dell'avvocatura Fin dall'insediamento del governo Berlusconi vi era nella testa di neofascisti e reazionari di ogni risma l'obiettivo di affossare definitivamente ciò che resta dell'avvocatura democratico-borghese liberalizzando il settore, neutralizzando le regole che garantivano controllo e professionalità, nell'ottica di destinare completamente al mercato il ruolo dell'avvocato. Ciò che è rimasto nel perimetro degli intenti della casa del fascio, sta diventando realtà con l'ennesima decretazione d'urgenza (si tratta del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante il titolo "Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività") che introduce la libera concorrenza, l'abolizione totale delle tariffe stabilite per legge, l'affossamento di qualsiasi percorso formativo per il giovane avvocato. Il decreto, inoltre, introduce la privatizzazione degli studi legali con l'introduzione del socio di capitale, trasformando la vecchia concezione delle "società di avvocati" (una controriforma a dir poco fallimentare) in una STP (Società Tra Professionisti) che potranno avere la forma di società per azioni e, magari una volta consolidate, quotate in borsa. In ultimo si introduce l'insidioso e scivoloso "preventivo obbligatorio" che deve essere pattuito al momento del conferimento dell'incarico professionale tra il cliente e l'avvocato, pena la segnalazione al Consiglio dell'Ordine e la comminazione di una sanzione disciplinare. Una norma assolutamente ambigua per l'impossibilità logica di determinare onorari e contributi da versare, stante l'incertezza dell'esito della causa; impossibilità che diventa vuoto legislativo se lo stesso decreto rimanda ad altri e successivi decreti (?) la configurazione dei "parametri" da seguire. Vuoto legislativo che metterà in difficoltà anche i giudici quando in sentenza dovranno decidere come liquidare le spese o i risarcimenti: a quale elenco normativo si dovranno rivolgere? Un ladrocinio ai danni delle masse popolari L'aspetto più vergognoso dell'intero impianto del decreto è la conferma degli intenti del governo sull'inasprimento dei contributi da versare per le masse popolari per far valere i propri diritti nella cause azionate davanti al Tribunale. Per la prima volta è stato introdotto, nel settore civilistico, il cosiddetto "contributo unificato" per i giudizi in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, per le controversie individuali di lavoro, per i giudizi relativi alle separazioni personali. Per le restanti controversie vi è stato un aumento del contributo da versare allo Stato fino alla metà per i giudizi di impugnazione, aumento che si raddoppia se qualcuno ha l'ardire di difendersi dinanzi alla Corte di Cassazione. Nell'ambito amministrativo diventerà quasi impossibile difendersi, atteso l'enorme aumento del contributo per azione una causa (di valore indeterminabile) davanti al Tribunale competente da 450,00 a 600,00 euro. Duro il commento degli avvocati, bissato dalle associazioni dei consumatori, che ritengono "ingiustificato ed esorbitante aumento dei costi ha trasformato la giustizia in un esercizio per ricchi, deprimendo ed ignorando le ragioni dei meno abbienti". L'introduzione del "tribunale delle imprese": un regalo ai padroni? L'art. 2 del decreto istituisce il fantomatico "Tribunale delle imprese", ossia una sezione specializzata in materia di proprietà intellettuale e industriale che gestirà sia le class actions (la cui legislazione che doveva favorire i "consumatori" si è rilevata un buco nell'acqua) sia le controversie relative alle società e alle imprese. Secondo le dichiarazioni del ministro della Giustizia, Paola Severino, si dovrebbe accelerare i processi che vedono protagoniste le imprese in tutela delle stesse: di certo, per il momento, vi è la maggiorazione del contributo unificato addirittura del 400% nell'ottica complessiva di aumenti smisurati per chi vuole azionare il diritto di difesa che dovrebbe costituzionalmente essere garantito e protetto. Il decreto legge rinvia al solito regolamento ministeriale per stabilire tutte le intercapedini normative; sta di fatto che il governo della grande finanza e della Ue, nell'esiguità e ambiguità della lettera del decreto, ha fatto un gran regalo ai padroni per contenere le cause che possano dar fastidio a società e imprese "in crisi". Un durissimo attacco all'indipendenza e all'autonomia dell'avvocatura Già durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario, lo scorso 28 gennaio, gli avvocati si sono presentati imbavagliati, in piedi in segno di protesta: "le riforme in tema di ordinamento professionale - hanno affermato gli avvocati - limitano la nostra autonomia violando il precetto costituzionale dell'esercizio del diritto di difesa". Molto duri anche i praticanti e i praticanti abilitati che, dopo aver denunciato l'annunciata e poi ritirata scandalosa abolizione del valore legale della laurea da parte dell'esecutivo Monti, hanno contestato il "nuovo" tirocinio, che non tocca di una virgola le condizioni di totale precariato e senza alcun tipo di diritto dei giovani professionisti. In una nota destinata direttamente al capo del governo e al ministro Severino, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli ha chiesto di "eliminare le disposizioni già attuate e di non assumere quelle preannunziate (...) non in difesa di presunte ed inesistenti posizioni di privilegio, ma perché al momento si mettono a rischio l'autonomia e l'indipendenza dell'Avvocatura e si mette in discussione la stessa esistenza dello Stato di diritto e l'affermazione della democrazia". Gli avvocati sciopereranno il 23 e 24 febbraio. 8 febbraio 2012 |