Nuova corsa al riarmo Putin attacca lo scudo Usa e sperimenta nuovi missili Si inaspriscono le contraddizioni tra i due paesi imperialisti Il 29 maggio scorso le forze armate russe hanno sperimentato nuovi missili nel poligono di Plesetsk e in quello di Orenburg che secondo il primo vicepremier Sergei Ivanov sono delle precise e specifiche risposte alle mosse degli Stati uniti e della Nato in Europa, e in particolare al previsto dispiegamento del cosiddetto scudo antimissile in Polonia e Repubblica Ceca. Una posizione ribadita il giorno seguente dal ministro degli esteri Sergei Lavrov durante un duro faccia a faccia con il segretario di Stato americano Condoleezza Rice a margine del G8 ministeriale di Potsdam. E infine ripresa dal presidente Vladimir Putin il 31 maggio, nella conferenza stampa a Mosca dopo l'incontro col presidente greco Papulias. I due missili sperimentati nei poligoni non sono stati certo messi in progettazione e costruzione negli ultimi mesi da parte delle forze armate russe; sono armi alle quali l'industria bellica russa sta lavorando da diversi anni per costruire un nuovo missile da crociera a breve-medio raggio, fatto per sfuggire ai radar, e una nuova generazione di missili intercontinentali a testate multiple indipendenti e utili anche per mettere in orbita satelliti commerciali. Nulla toglie al fatto che sono nuove armi missilistiche e che nel momento contingente rappresentano un passaggio della corsa al riarmo che si è riaperta tra Usa e Russia. Una corsa al riarmo che rappresenta solo una parte delle contraddizioni sempre più aspre fra i due paesi imperialisti. Il presidente russo, riprendendo il linguaggio della precedente corsa agli armamenti fra i due paesi, ha spiegato che questi due nuovi missili "servono a mantenere un equilibrio nell'ordine mondiale e sono estremamente importanti per preservare la pace e la sicurezza globali". Ma soprattutto ha voluto ricordare che "noi stiamo osservando in pieno le prescrizioni del trattato Cfe sulla riduzione degli armamenti convenzionali in Europa e abbiamo ritirato tutti i nostri armamenti pesanti dalla parte europea del nostro territorio. Abbiamo ridotto le nostre forze armate di 300.000 uomini in pochi anni. Ma che dire dei nostri partners? Loro stanno inondando l'Europa orientale con nuove armi, una nuova base in Bulgaria, un'altra in Romania, un sito di missili intercettori in Polonia, un radar nella Cechia. Cosa dovremmo fare noi? Non possiamo stare semplicemente a guardare attenendoci ai trattati". Questi partners, ha aggiunto Putin, si sono ritirati unilateralmente dal trattato Abm, che vieta i sistemi di missili anti-missile, nel 2002 e neanche un membro della Nato ha ratificato il trattato Cfe che la Russia invece osserva scrupolosamente. A questo punto a Mosca non resta che fare la stessa cosa: "ritirarsi dal trattato Cfe e avviare a sua volta la creazione di nuovi sistemi d'arma", anche se violano i trattati. In una successiva intervista rilasciata a vari quotidiani Putin è tornato sull'argomento affermando che "il cosiddetto scudo difensivo fa parte dell'arsenale americano, è un elemento del sistema nucleare che protegge il territorio degli Usa, ed è la prima volta nella storia che elementi di questo sistema vengono dislocati in Europa. Ci dicono che la difesa serve contro i missili iraniani, ma non esistono missili iraniani con la gittata necessaria. Allora diventa evidente che queste novità riguardano noi russi. È ben noto che l'equilibrio strategico può essere alterato con sistemi difensivi, creando l'illusione teorica di non essere più vulnerabili e dunque di poter attaccare senza conseguenze. Noi non intendiamo inseguire questo sogno. Intendiamo invece riequilibrare gli strumenti difensivi con più efficaci strumenti offensivi, senza tuttavia aumentare le spese militari, ma sappiamo che questo rischia di riaprire una corsa agli armamenti di cui non saremo comunque responsabili. Non abbiamo cominciato noi ad alterare l'equilibrio strategico, non siamo stati noi ad abbandonare unilateralmente il trattato Abm". E minacciava che se "il potenziale nucleare americano si allarga al territorio europeo noi dovremo darci nuovi bersagli in Europa". Se la Nato punta i missili verso la Russia il Cremlino risponderà puntando i suoi sull'Europa. Dalla tappa di Praga, prima del vertice del G8, Bush ripeteva l'oramai collaudata litania in difesa della decisione Usa di dislocare lo scudo in Polonia e Repubblica Ceca: "ci sono degli stati canaglia che vogliono ricattare il mondo libero. Lo scudo spaziale è una misura di sicurezza, puramente difensiva, non contro la Russia, ma contro le vere minacce. Per questo voglio incontrare il presidente russo Putin e vorrei che i russi partecipassero alla realizzazione del sistema e che vedessero come il sistema funziona". Una sfida raccolta da Putin che il 7 giugno al vertice del G8 ha rilanciato proponendo a Bush di installare i radar in Azerbaigian, nella base di Gabala a 250 chilometri dalla capitale Baku, anziché nella Repubblica Ceca, e i missili antimissile sugli incrociatori Aegis anziché in Polonia, in maniera da creare un sistema difensivo comune sotto il comando congiunto russo-americano. La proposta di uno "scudo spaziale a tre", per l'America, l'Europa e la Russia, in alternativa a quello della Nato. Una "proposta interessante, lasciamo che la esaminino gli esperti", ha risposto il consigliere per la Sicurezza nazionale americana, Stephen Hadley, prendendo tempo. 13 giugno 2007 |