Sull'"esodo" degli italiani
Quando il PCI e "Rinascita" difendevano la Resistenza e respingevano la propaganda anticomunista
Di seguito pubblichiamo alcuni brani tratti da un articolo reportage "Viaggio nell'Istria e a Fiume" a firma di Mario Montagnana, direttore dell'"Unità" e alto dirigente del PCI, pubblicato sul numero 9 di "Rinascita", rivista teorica del partito, del settembre 1947 da cui si evince l'odierna abiura dei DS sulle foibe e sui profughi di Istria, Fiume e Dalmazia.
Mentre ieri il PCI difendeva l'antifascismo e la Resistenza, rendeva onore ai partigiani jugoslavi e italiani che insieme all'Armata rossa liberarono tutto il litorale adriatico dall'oppressione nazi-fascista e sulla base del principio dell'autodeterminazione dei popoli e dell'internazionalismo proletario lottava contro le pretese territoriali dell'Italia sull'Istria e la Dalmazia agitate dai fascisti e dai circoli reazionari borghesi; oggi i rinnegati Fassino e Violante e l'anticomunista Veltroni invece rendono omaggio ai cosiddetti "infoibati" e ai fuoriusciti istriani, fiumani e dalmati e nella relazione che accompagnò nel 2003 la proposta di legge DS per l'istituzione della "giornata del ricordo" addirittura incitano "a continuare a lavorare perché quella parte della storia e della cultura sia pienamente inserita nella storia d'Italia e affidata alla riconoscenza degli italiani e a tramandare la memoria di quegli anni tragici e laceranti" e contribuire al fianco dei fascisti a promuovere l'attenzione sulla "cultura istriana, fiumana e dalmata di lingua italiana".
 
"Non ho mai creduto a quanto hanno scritto e scrivono i giornali liberali, democristiani e 'indipendenti' sulle persecuzioni e le umiliazioni di cui sarebbero vittime gli italiani in questi territori. Ma supponevo e temevo tuttavia che una certa antipatia, una certa ostilità esistessero realmente, tra le popolazioni slovene e croate, verso l'Italia e verso gli italiani.
Supponevo e temevo questo, perché conoscevo l'infame politica di oppressione e di 'snazionalizzazione' che, per oltre vent'anni, il fascismo aveva condotto tra quelle popolazioni... era assolutamente proibito, sotto il fascismo, parlare altra lingua che non fosse l'italiano, negli uffici, in trattoria, per strada, e perfino in chiesa. Sapevo che i 'regnicoli' - come venivano chiamati nella Venezia Giulia - fatti venire dalle altre parti d'Italia (i dirigenti del fascio locale, i membri della milizia, gli insegnanti, qualche professionista e, a volte, i sacerdoti: tutti, ben inteso, fascistissimi), avevano avuto mano libera contro gli sloveni e i croati, nel caso in cui costoro si arrischiassero di farsi sentire parlare la loro lingua materna: denunce, percosse, arresti e assegnazioni al confino erano all'ordine del giorno. Non si erano limitati, i fascisti, a impedire l'edizione e la circolazione di qualsiasi pubblicazione in lingue slave e ad eliminare ogni insegna, ogni scritta in uno dei due idiomi aborriti, ma erano giunti fino al punto di cambiare d'ufficio i cognomi di origine slava, 'italianizzandoli': avevano fatto di tutto insomma, gli sciagurati, per far rimpiangere a quelle popolazioni il vecchio regime degli Asburgo, dove le minoranze erano più rispettate. Sapevo pure che sotto il fascismo il problema nazionale era in quei territori strettamente legato al problema di classe, poiché la popolazione slovena e croata era composta in gran parte di contadini poveri, mentre i ricchi proprietari di terra, gli usurai, i grossi commercianti e gli industriali erano quasi tutti italiani, e naturalmente fascisti al cento per cento.
Sapevo tutto questo, e non mi sarei perciò né stupito, ripeto, e neppure scandalizzato nel constatare oggi, tra quelle popolazioni, una certa ostilità verso gli italiani e, forse, qualche forma di 'ritorsione', di 'rivincita' per tutte le sofferenze e le umiliazioni subite durante venti anni.
Non ho trovato nulla di questo...
A Fiume abitano attualmente circa 60.000 italiani. Normalmente ne abitavano circa 90.000. Un terzo della popolazione ha dunque lasciato la città per non rimanere sotto la Jugoslavia.
Chi sono questi italiani, questi 'profughi' di Fiume?
Sono, in primo luogo, elementi che nel passato si erano più o meno compromessi con il fascismo il che mi pare la migliore smentita a coloro che hanno sbraitato su di un supposto terrore che sarebbe esistito nella zona B e nella Jugoslavia, fin dal giorno dopo la liberazione. Se un tale terrore - o anche molto meno - fosse realmente esistito contro i sospetti di simpatia per il fascismo e perfino contro i 'filoitaliani', come si spiegherebbe, infatti, che tanti ex fascisti siano rimasti a Fiume, 'alla mercé' delle autorità jugoslave, per ben due anni, e l'abbiano lasciata solo di recente, dopo la firma del trattato di pace? Ma è naturale comunque che, decisa definitivamente la sorte di Fiume, questi ex fascisti abbiano preferito ricoverarsi sotto le ali protettrici del governo di De Gasperi, di Pella e di Corbellini, piuttosto che rimanere, inevitabilmente non troppo ben visti, sotto il governo di Tito.
è infine partita da Fiume anche molta gente onesta, in buona fede, sinceramente patriottica: professionisti, tecnici e perfino semplici lavoratori, ai quali si è riusciti a far credere che questo era il loro dovere di italiani, e in secondo luogo che in Italia li aspettava un bell'alloggio e una ben retribuita occupazione... è noto come questi 'profughi' sono stati e sono ancora trattati in Italia, contrariamente a tutte le promesse fatte loro... I fascisti e i ricchi si sono quasi tutti aggiustati assai bene, grazie al denaro e alla protezioni. Gli onesti lavoratori, compresi quelli appartenenti al medio ceto, si trovano ancora quasi tutti senza alloggio e senza occupazione.
Molti hanno già fatto domanda di tornare a Fiume. Contrariamente a quanto io stesso supponevo, le autorità jugoslave son disposte a riaccettarli, tanto è vero che qualcuno è già ritornato".

9 febbraio 2005