La questione è politica non morale La causa sta nel marcio e corruttore sistema capitalistico La via d'uscita è l'Italia unita, rossa e socialista Settimana dopo settimana cresce e si espande la tangentopoli del PD. Da Napoli a Firenze, da Genova a Pescara, dall'Abruzzo alla Calabria, dall'Umbria alla Basilicata, si allunga sempre più la sfilza di inchieste giudiziarie che vedono coinvolti dirigenti e amministratori di questo partito, se non intere giunte regionali, provinciali e comunali, in squallide vicende di corruzione e mazzette, spesso in allegra combutta spartitoria con i partiti della destra al governo. Un insieme di episodi di malaffare ormai talmente vasto e in crescita che minaccia seriamente di travolgere e mandare in pezzi il partito di Veltroni, a poco più di un anno dalla sua nascita. Nascita che, non va dimenticato, fu accelerata bruscamente per mettere un frettoloso quanto illusorio coperchio allo scandalo che già anticipava l'attuale tangentopoli: quello delle scalate bancarie, che vedeva pesantemente coinvolti i vertici dei DS con D'Alema e Fassino, beccati a trescare con fior di inquisiti per acquisire una grande banca di interesse nazionale. Ormai il liberale, neonazionalista e presidenzialista Veltroni non riesce a turare una falla che gli se ne apre subito una nuova da qualche altra parte. Corre inutilmente di qua e di là rivelando solo il suo fallimento e la sua impotenza; oscilla tra roboanti annunci di "pulizia" e "moralizzazione" del partito e subdoli attacchi ai giudici inquirenti, nel tentativo di screditare le inchieste e far balenare la solita scappatoia del "complotto" di magistrati "malati di protagonismo"; finendo così per disorientare e deludere ancor di più il suo elettorato, come si è visto nelle recenti regionali anticipate in Abruzzo, e per ingrassare elettoralmente il partito del presidenzialista e falso moralizzatore Di Pietro. E come se non bastasse non riesce nemmeno ad aver ragione dei dirigenti, governatori, sindaci e amministratori più indagati e screditati, costringendoli a dare le dimissioni o farsi in qualche modo da parte, come a Napoli, o quantomeno a non ricandidarsi alle primarie-farsa per farsi addirittura rieleggere, come sta succedendo a Firenze. Talmente forte è il potere clientelare ed elettoralistico che questi rinnegati e riformisti corrotti hanno acquisito, in un partito ormai ridotto a un coacervo di consorterie economico-politiche e di capibastone dediti a coltivare i loro feudi personali, che non c'è più gerarchia, non c'è più interesse generale di partito che tengano. Ormai i vari Bassolino, Iervolino, Loiero, D'Alfonso, Domenici, Vincenzi, Chiamparino, Soru, ecc. agiscono in completa libertà, infischiandosene dell'unità del partito e rispondendo solo ai propri gruppi di interesse e serbatoi elettorali di riferimento. Tutto questo non può essere ridotto a una semplice "questione morale", come la dipingono riduttivamente i mass media vicini alla "sinistra" borghese e come si spingono ad ammettere ipocritamente gli stessi vertici del PD. Come se fosse un problema soggettivo, legato alla scarsa moralità di alcuni personaggi, alcune "mele marce" espulse le quali (e si vede tra l'altro con che facilità questo avvenga!) questo partito tornerebbe ad essere lindo e pulito: come una volta - sostengono costoro - lo era il PCI di Berlinguer, che dall'essere il "partito dalle mani pulite" e dalla sua "diversità" morale dalla DC, dal PSI e dagli altri partiti della borghesia, traeva la sua forza elettorale. Ma si tratta di una favola, un falso mito alimentato per cercare di tenere in qualche modo legato al traballante e screditato carro del PD l'elettorato di sinistra sempre più deluso e tentato di non rinnovargli più il voto. Se infatti il PCI revisionista era stato solo sfiorato da tangentopoli riuscendo a non fare la fine della DC e del PSI, è solo perché non si era ancora compenetrato con il potere economico e politico così a fondo come lo è il PD adesso. In altre parole, ammesso che potesse vantarsi di avere le "mani pulite", è solo perché non aveva le mani in pasta come ora, essendo che a quel tempo, finché sono esistiti, la DC, il PSI, il PSDI, il PLI e il PRI avevano pressoché il monopolio assoluto delle tangenti e del malaffare. Ma dopo tangentopoli, con l'avvento dei governi di "centro-sinistra" Prodi, D'Alema, Amato, e poi ancora Prodi, che hanno visto la "sinistra" borghese assumere per interi periodi la guida del Paese, anche quest'ultima si è gradualmente inserita nel sistema delle consorterie, delle cordate economico-politiche e dei gruppi di interesse del regime neofascista, fino ad omologarsi in tutto e per tutto con la destra borghese anche nel metodo clientelare e tangentizio della gestione del potere. Non a caso il primo a solidarizzare con gli inquisiti del PD è stato proprio il neoduce Berlusconi, mirando a coinvolgerlo al suo fianco nella guerra alla magistratura. E trovando infatti in questo partito molte orecchie sensibili al suo richiamo. La questione, perciò, non è morale, ma politica! Ed è inevitabile che sia così, perché quando un partito tradisce la classe operaia e accetta di partecipare ai governi della borghesia per gestire gli interessi e gli affari del capitalismo, automaticamente ne accetta anche il sistema basato sulla corruzione, le tangenti, il clientelismo, il nepotismo ed ogni altro mezzo "lecito" o illecito atto a mantenere ed estendere il proprio potere e fare gli interessi delle proprie cordate di riferimento. La stessa sorte era capitata a partire degli anni Sessanta anche al PSI. E questo avviene tanto a livello individuale che di consorteria locale, regionale e nazionale, fino a comprendere l'intero partito con tutto il suo gruppo dirigente, come sta emergendo in questi giorni col PD. Al punto che vede coinvolti gli amministratori locali tanto delle cosiddette "regioni rosse" quanto delle aree elettorali conquistate più di recente. La questione è politica, non morale, perché la causa della corruzione politica sta nel marcio e corruttore sistema capitalistico, che impregna di sé chiunque accetti di servirlo e di riceverne in cambio le prebende. Per estirpare alla radice la pianta velenosa della corruzione e del malaffare occorre perciò estirparne la causa, occorre abbattere il sistema capitalista e costruire sulle sue macerie una nuova società non più basata sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sul profitto individuale. La via d'uscita dal marciume e dagli scandali che sommergono il Paese può essere solo l'Italia unita, rossa e socialista, e la sua conquista non passa per il parlamento né dalla partecipazione ai governi della borghesia, ma dalla lotta di classe, dalla rivoluzione socialista e dall'opposizione totale al regime neofascista, che oggi ha il volto del neoduce Berlusconi, ma che è tenuto in piedi anche dalla "sinistra" borghese del PD di Veltroni. 14 gennaio 2009 |