Raid dei sionisti imperialisti israeliani su Gaza Una serie di attacchi aerei, accompagnati dall'ingresso per un tratto di un paio di chilometri dei carri armati presso la località di Beit Lahya, hanno segnato tra il 17 e il 20 maggio la ripresa delle aggressioni su larga scala dei sionisti imperialisti su Gaza. Con un bilancio di oltre una quarantina di morti, molti civili, tra i palestinesi. Un'offensiva decisa dal regime di Tel Aviv col pretesto di fermare i lanci di missili contro Israele da parte della resistenza palestinese ma che parte nel momento un cui ha raggiunto livelli più alti lo scontro tra le formazioni di Hamas e di Al Fatah fedeli al presidente Abu Mazen; colpendo sedi di Hamas è evidente l'intervento del sionista Olmert in appoggio alla destra palestinese. Tant'è che il killer sionista Avi Dichtar, ministro della sicurezza israeliano ed ex capo del servizio segreto interno, minacciava di assassinare lo stesso premier palestinese Haniyeh. Lo confermava il ministro della Difesa israeliano, il laburista Amir Peretz, che in una dichiarazione radiofonica del 19 maggio si dichiarava contrario a un piano di invasione della striscia di Gaza per fermare il lancio di razzi sul deserto del Negev soltanto perché un attacco contro le infrastrutture civili della striscia porterebbe i palestinesi a stringersi ancora di più attorno a Hamas. D'altra parte è dal 24 aprile che le brigate Ezzedin al Qassam, il braccio armato di Hamas, avevano ripreso i lanci di razzzi dopo aver dichiarato terminata la tregua definita nel novembre scorso, tregua che prevedeva la fine del lancio di razzi su Israele contro la fine delle aggressioni sioniste nei territori sotto l'Autorità Palestinese. "La tregua non esiste più", annunciava un portavoce del gruppo perché nei giorni precedenti i soldati sionisti avevano compiuto l'ennesima incursione in Cisgiordania e nella striscia di Gaza uccidendo nove palestinesi, la metà civili. I vertici militari israeliani hanno premuto per una nuova invasione della striscia, il governo di Tel Aviv ha per il momento deciso di muovere i carri armati nel nord della striscia, di riposizionare a ridosso dei confini le batterie di artiglieria ritirate nei mesi precedenti e di lanciare i raid dell'aviazione. Il 16 maggio Hamas e Fatah avevano concordato un cessate il fuoco per porre fine agli scontri armati registrati in varie parti della striscia di Gaza. La tregua reggeva e in questo frangente scendeva in campo l'aviazione sionista. Il 17 maggio i bombardieri di Tel Aviv colpivano nel centro della città di Gaza il palazzo sede della Forza esecutiva, la formazione creata dal ministro degli Interni palestinese nel precedente governo di Hamas. Una formazione resa necessaria perché il governo non poteva disporre delle milizie di Al Fatah del presidente Abu Mazen, finanziate, armate e addestrate dagli Usa e da Israele. Il bilancio era di un morto e una quarantina di feriti, tra cui donne e bambini. Nella giornata altre quattro volte gli aerei sionisti colpivano a Gaza le postazioni di Hamas, compresa la casa del portavoce del ministero dell' interno palestinese e esponente dell'organizzazione della resistenza. Il 18 maggio missili israeliani colpivano l'Università Islamica di Gaza, ritenuta una roccaforte di Hamas nella Striscia. Nei giorni precedenti la Guardia presidenziale di Abu Mazen aveva evitato di compiere irruzioni nel campus dell'università; aveva lasciato il compito ai missili sionisti. Altri attacchi erano registrati in varie parti della striscia di Gaza fino al 19 maggio e altri erano minacciati dal premier sionista Ehud Olmert. Il 20 maggio altri due raid nazi-sionisti provocavano altri nove morti, tra cui i familiari del deputato di Hamas Khalil-al-Haya e il comandante Samih-Salih Firwana. 23 maggio 2007 |