Rapporto Caritas Aumentano gli italiani in situazione di povertà La maggioranza al Sud, tra gli anziani e i giovani Continuano ad aumentare gli italiani in situazione di povertà relativa, un parametro che misura la capacità di fruizione di beni e servizi in rapporto al livello economico medio di vita dell'ambiente o della nazione. Sono 8 milioni e 272 mila coloro che si trovano in condizione di povertà relativa; lo denuncia il Rapporto 2011 sulla povertà e l'esclusione sociale in Italia di recente pubblicato dall'organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI): ben il 13,8% dell'intera popolazione. Anche la povertà assoluta, che secondo la definizione Istat è "l'incapacità di acquisire i beni e i servizi, necessari a raggiungere uno standard di vita minimo accettabile nel contesto di appartenenza", colpisce duramente, coinvolgendo il 5,2% dei residenti nella penisola, ben 3 milioni 129mila persone. Le persone impoverite rispetto agli anni precedenti e continuamente in caduta verso condizioni di vita peggiori sono pari al 25% della popolazione. All'aumento della povertà si affianca una altro dato negativo: aumenta nel 2010 la disoccupazione di lungo periodo, che passa dal 44,4% al 48,4% dei disoccupati. Aumentano i lavoratori precari dell'1,3% e diminuiscono quelli che hanno potuto accedere a un lavoro a tempo indeterminato. I giovani passati da contratti precari a contratti a tempo indeterminato erano il 21,2% nel 2008, ma solo il 13,9% nel 2010. Le fasce di popolazione al di sotto dei 30 anni in alcune regioni del paese sono particolarmente esposte al rischio di povertà. Infatti è calata l'occupazione giovanile. Se a livello nazionale sono pari al 30% i giovani disoccupati sotto i 25 anni in cerca di lavoro, nel Sud la percentuale è superiore al 50%, mentre un giovane su quattro, tra i 25 e i 29 anni, non ha ancora avuto una prima esperienza lavorativa. Il rischio povertà colpisce soprattutto i giovani Neet (Not in Education, Employment or Training, che non studiano, non lavorano e non svolgono attività professionalizzanti). In Italia, la percentuale dei Neet sul totale dei giovani è pari al 20,5%, diversi punti superiore alla media europea (14,7%). Questi giovani sono socialmente sul filo del rasoio, in quanto hanno scarsa possibilità di trovare un lavoro e migliorare la loro condizione di vita, soprattutto se risiedono al Sud, dove si riscontra il maggiore aumento percentuale di "nuovi poveri", +74%. Il Mezzogiorno è complessivamente penalizzato, dal momento che anche la spesa sociale procapite è minore della metà di quella del CentroNord. Di fatto, le regioni più povere d'Italia sono quelle meridionali, Basilicata, Sicilia e Calabria in testa. In Sicilia, nel 2010 ben il 27% delle famiglie si collocava al disotto la linea di povertà relativa. La povertà colpisce maggiormente la fascia di popolazione anziana. Su 16 milioni di pensioni erogate nel 2010, il 50% era costituito da assegni mensili inferiori a 500 euro. Una miseria, quella della pensione sociale, che tocca soprattutto alle donne, e alle donne meridionali in primo luogo, dal momento che in Italia la percentuale di popolazione femminile anziana che ha potuto maturare contributi previdenziali nel corso della propria vita è molto bassa. Basti considerare che nel 2010 lavorano appena il 47% delle donne (contro 60% della Francia). La povertà relativa colpisce duramente anche le famiglie. Risultano povere il 9,8% delle famiglie con un figlio e ben il 27,4% delle famiglie con 3 o più figli. Si tratta di famiglie che nel corso del 2010 non sono riuscite a sostenere spese impreviste; hanno debiti arretrati; non possono permettersi un pasto adeguato; non possono riscaldare adeguatamente l'abitazione; non possono permettersi mezzi di trasporto propri, televisori, computer. Aumentano tra i nuovi poveri coloro che non riescono a far fronte a esigenze di carattere primario e strutturale, quali bisogni abitativi, alimentari, economici, sanitari. La crisi del capitalismo ha prodotto un notevole incremento dei fenomeni di povertà, ma è certo che le scelte del governo Berlusconi e dell'alta finanza, che scaricano sulle masse popolari tutte le conseguenze della crisi capitalistica, hanno contribuito a determinare una condizione di grande sofferenza per larghe fasce della popolazione italiana. E non andrà certo meglio con la caduta del governo Berlusconi. Il passaggio del testimone dalla dittatura del nuovo Mussolini alla dittatura della finanza, rappresentata da Mario Monti, avvenuto con l'approvazione della legge di stabilità sabato 12 novembre, la dice lunga sulla volontà delle istituzioni borghesi di continuare e inasprire la politica del massacro sociale. 16 novembre 2011 |