Diserzione record ai referendum. Alle urne solo il 23,5% Vittoria schiacciante. Bocciata la nuova legge elettorale fascista Inascoltati gli appelli del Comitato promotore, PD, IDV e Fini Bisogna ritornare al proporzionale ma l'istituto del referendum non si tocca Una diserzione di massa ha mandato a gambe all'aria la nuova legge elettorale fascista. I referendum del 21-22 giugno non hanno raggiunto il quorum necessario del 50% più un voto per essere validi. Su oltre 50 milioni di elettori che ne avevano diritto, solo poco più di 11 milioni e 700 mila, pari a una media fra i tre quesiti del 23,5%, si è recato alle urne. È una vittoria schiacciante che non lascia dubbi sulla volontà del popolo italiano. Una sonora batosta per gli esponenti della destra e della "sinistra" borghese che avevano sostenuto i referendum, PD e PDL in testa, che aspirano al bipartitismo, un elemento fondamentale della terza repubblica assieme al federalismo e al presidenzialismo, per dividersi la torta parlamentare, eliminando i partiti parlamentari più piccoli e riducendo a loro sgabelli quelli medi. Una sconfitta anche per l'IDV, che prima aveva raccolto le firme per i referendum, poi aveva cambiato idea e si era schierata col No, per partecipare comunque al conseguimento del quorum e dare così un contentino ai promotori dei referendum. Gli appelli del Comitato promotore, del PD, dell'IDV di Di Pietro e di Fini a partecipare alle urne, seppure con indicazioni di voto diverse, sono rimasti completamente inascoltati dal loro stesso elettorato. La diserzione alle urne ha toccato anche picchi dell'87,8% in Sardegna, dell'86,1% in Sicilia, dell'85,7% in Trentino-Alto Adige e dell'85,1% in Campania. L'affluenza è stata leggermente superiore solo dove si tenevano in concomitanza il ballottaggio per le elezioni provinciali e comunali come in Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna, Puglia. Ma il trascinamento delle elezioni amministrative non è stato sufficiente, tanto era largo il baratro da colmare per raggiungere il quorum. A puro scopo informativo, anche se senza alcuna efficacia, rileviamo che nel primo e secondo quesito hanno vinto i Sì rispettivamente con il 78,1% e il 78,2% dei voti validi. Niente affatto trascurabili il 21,9% e il 21,8% di No a questi due quesiti. Mentre significativo è il Sì al terzo quesito, quello per l'abrogazione della possibilità per uno stesso candidato di presentare la propria canditatura in più di una circoscrizione, che ha raggiunto l'87,8%. E pensare che del Comitato promotore dei tre referendum facevano parte esponenti della destra e della "sinistra" borghese del calibro di Gianni Alemanno, Angelino Alfano, Antonio Bassolino, Marco Boato, Willer Bordon, Mercedes Bresso, Renato Brunetta, Massimo Cacciari, Daniele Capezzone, Sergio Chiamparino, Franca Chiaromonte, Gianni Cuperlo, Riccardo Illy, Ferdinando Imposimato, Gad Lerner, Giovanna Melandri, Gianfranco Micciché, Arturo Parisi, Gianfranco Pasquino, Filippo Penati, Adriana Poli Bortone, Stefania Prestigiacomo, Ernesto Realacci, Michele Salvati, Marco Taradash, Chicco Testa e così via. Astensionismo consapevole Il reazionario e neofascista Segni, che insieme a Guzzetta è stato il principale promotore dei referendum, ha commentato che "ha vinto l'apatia". E sulla stessa falsa riga sono i commenti dei sostenitori del Sì come il PD e il caporione fascista Fini. La verità è che oltre tre elettori su quattro hanno deciso di disertare le urne e l'hanno fatto consapevolmente e con l'intenzione di far fallire i referendum che avrebbero prodotto una legge elettorale ancor peggiore della legge Acerbo del 1923 con la quale Mussolini gettò le premesse per instaurare la sua dittatura fascista. E a riprova che è stata una scelta voluta e ragionata c'è il raffronto fra i votanti per le comunali e quelli per il referendum. Prendendo ad esempio il comune di Firenze, qui per le comunali si sono recati alle urne in 172.743 elettori, mentre per i referendum risultano solo in 137.599. Questo significa che ci sono stati quasi 27 mila elettori che pur andando alle urne per il ballottaggio, hanno rifiutato le schede referendarie e di questi in 8 mila hanno rifiutato le prime due schede e accettato solo la scheda col 3° quesito, l'unico in qualche modo accettabile anche se troppo misero per rischiare che contemporaneamente passassero gli altri due. Ancora una volta la realtà dimostra che l'astensionismo non è legato al disinteresse, al qualunquismo, al disimpegno, o addirittura a fattori climatici e stagionali, ma è una scelta cosciente delle masse, che lo usano o meno a seconda delle situazioni e per esercitare ben determinate opzioni politiche. Anche se dal 1997 ad oggi non è mai stato raggiunto il quorum nei referendum abrogativi, è anche vero che mai la percentuale di affluenza ai seggi era stata così bassa. Inoltre nel 2006 per il referendum costituzionale il quorum, pur non previsto in questo caso, è stato raggiunto e ha permesso la vittoria schiacciante dei No alla controriforma costituzionale varata dalla casa del fascio. Tornare al proporzionale Non c'è comunque da dormire sonni tranquilli. In barba al risultato referendario e alla volontà popolare, la destra e la "sinistra" borghese non demordono e continuano a perseguire il loro nero disegno. Tant'è che Franceschini ha già annunciato che comunque "la legge non va bene e ne va fatta una nuova". Noi marxisti-leninisti siamo nettamente contrari alla nuova legge elettorale fascista che costoro pensano di varare, così come siamo contrari alla legge elettorale fascista attualmente in vigore. Riteniamo che nel capitalismo il sistema elettorale migliore sia il proporzionale puro, senza alcun sbarramento, cioè quel meccanismo che attribuisce ai partiti i seggi in proporzione al numero dei voti ottenuti. È questo l'unico sistema elettorale che nel capitalismo possa consentire al Partito del proletariato, qualora tatticamente lo ritenesse utile, di accedere al parlamento e alle altre istituzioni rappresentative borghesi. Non è però il nostro caso poiché noi attualmente, e da tempo, siamo astensionisti alle elezioni comunali, provinciali, regionali, nazionali ed europee. Diverso è il nostro atteggiamento nei confronti dei referendum verso i quali di volta in volta, trattandosi di questioni concrete e specifiche, scegliamo l'indicazione di voto più corretta e vantaggiosa per il proletariato e le masse popolari. In questa occasione la nostra indicazione di voto è stata la diserzione alle urne e, grazie ai nostri splendidi militanti e simpatizzanti che ringraziamo dal profondo del cuore, ci siamo impegnati a fondo per propagandare questa posizione e per stringere, là dove è stato possibile, un'unità di azione con le altre forze politiche e sociali che condividevano questa nostra stessa posizione. Come il Partito ha fatto a livello nazionale sostenendo il Comitato no al referendum e a Firenze sostenendo il Comitato fiorentino per il fallimento del Referendum elettorale del 21 giugno 2009. Uno sforzo coronato da pieno successo. Il referendum non si tocca Intanto occorre difendere l'istituto del referendum dagli attacchi incrociati e trasversali che gli sono di nuovo piovuti addosso da parte dei partiti del regime dopo l'esito referendario. Il ministro degli interni, Maroni, ha già annunciato che "illustrerà nei prossimi giorni una proposta di modifica della legge istitutiva del referendum abrogativo". E ha trovato subito riscontri sia nel PDL col coordinatore Ignazio La Russa, che nel PD con Massimo D'Alema che hanno così delineato i dettagli di una possibile modifica: alzare il numero delle firme necessarie per presentare i quesiti ed eliminare il quorum. Persino Marco Pannella, che si vanta di essere il referendario per eccellenza, si dice d'accordo a modificare l'istituto referendario. Ma per noi marxisti-leninisti l'istituto del referendum non si tocca e ci batteremo perché non passi questa ennesima controriforma neofascista certi di trovare il sostegno e la collaborazione di tutte le forze politiche, sociali, sindacali, culturali e religione autenticamente democratiche e antifasciste. 25 giugno 2009 |