Le balle degli anticomunisti Per "Repubblica" Marx era un socialdemocratico, non un comunista Rispolverata una tesi degli antichi revisionisti Numerosi intellettuali borghesi, stanno riscoprendo l'utilità di leggere Marx per comprendere il predominio del capitale finanziario nell'economia capitalistica (imperialismo), le radici della attuale crisi economica, le misteriose cause del "debito pubblico", ecc. Altri invece si stanno però specializzando in una finta opera di "rivalutazione" del marxismo, che intende in realtà svuotarlo della sua essenza vitale, ossia della teoria e della pratica della lotta di classe del proletariato, e del suo obiettivo storico: abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo, per via rivoluzionaria. A questa linea ideologica e politica appartiene l'articolo pubblicato l'8 gennaio scorso sul quotidiano della "sinistra" borghese e filo-governativo, "la Repubblica" dal titolo: "Marx arrivano gli inediti", a firma di Andrea Tarquini. La tesi dell'autore è che Marx, in realtà, non sarebbe stato un rivoluzionario ma un innocuo, per quanto arguto, pensatore democratico-borghese. Per supportare una simile, ridicola, scempiaggine, cita un progetto dell'Accademia delle scienze di Berlino, sponsorizzato a suo tempo dal cancelliere Kohl e denominato "Mega" (Marx-Engels GesamtAusgabe). Coordinato da un certo Prof. Hubmann, in collaborazione con "la schiuma" dell'intellighenzia arci-revisionista tra Berlino, Mosca, Pechino e Amsterdam, questo lavoro ha lo scopo di "rivedere la opera di Marx ed Engels e prepararne la pubblicazione completa in 114 tomi". Dalla rilettura dei suoi scritti Marx riemergerebbe, secondo Tarquini, "dal passato come un moderno newlabourista, un progressista tedesco o un liberal americano" (sic). Spiega il Prof. Hubmann: "un volume dopo l'altro noi curatori di Mega scopriamo un altro Marx", visto che "frugando nelle carte consunte dal tempo si scoprono cose che i contemporanei di Marx vollero ignorare, e che il marxismo-leninismo ufficiale preferì censurare". A cosa si riferisce il cattedratico tedesco? Egli cita un paio di esempi. Primo. "Le Tesi su Feuerbach" - a suo dire - non furono all'inizio parte de "L'ideologia tedesca". Vi furono inserite solo dopo, benché quell'opera secondo Marx, fosse "solo una collezione di appunti 'destinata ai topi'". Da questo fatto vero costui trae la seguente stupefacente conclusione: "la teoria secondo cui l'esistenza materiale determina la coscienza, base del materialismo storico, era un'idea in cui Marx non credeva" (sic!). In verità la vicenda era ben nota e ben descritta dallo stesso Marx quando spiegò che quel manoscritto era già pronto per essere pubblicato, quando "un mutamento di circostanze non ne permetteva la stampa. Abbandonammo tanto più volentieri il manoscritto alla rodente critica dei topi, in quanto avevamo già raggiunto il nostro scopo principale che era di veder chiaro in noi stessi". Dov'è, dunque, la mirabolante scoperta storica che dimostrerebbe la sua stupefacente conclusione? Secondo esempio: "ai marxisti-leninisti ufficiali non sono piaciuti gli appunti (quali non specifica, ndr) sull'esigenza della libertà di parola e del libero confronto tra forze politiche e sociali" e "meno che mai scoprire che Marx ed Engels avevano scritto molto più di Lenin e non teorizzavano un totalitarismo né tantomeno i gulag". È evidente, in questo caso il ritorno alle solite manovre dei falsi comunisti per spezzare il doppio filo rosso che lega Marx-Engels-Lenin-Stalin-Mao e negare che esiste una indissolubile continuità storica nella vita e nell'opera dei 5 grandi Maestri del proletariato internazionale i quali hanno speso per intero la loro vita per distruggere il capitalismo e costruire il socialismo. Occorre forse dimostrare che si tratta di revisionismo storico? Del resto l'accortezza dei pennivendoli di "Repubblica" è una sola: nascondere il loro anticomunismo di fondo, disseminando l'articolo con pelosi omaggi al "Marx giornalista": "corrispondente acuto del New York Daily Tribune", al "Marx ricercatore": "un uomo che continuò a ricercare con curiosità fino alla vecchiaia e seppe vedere e prevedere le radici della crisi di oggi", al "Marx comunicatore": "Marx ed Engels, nell'Europa del capitalismo senza internet né jet di linea, crearono una rete di scambi epistolari internazionali che fu il primo socialnetwork e funzionò per anni". Uno sforzo vano, quello di glorificarne aspetti "secondari" della vita per nascondere l'intento di mettere "Marx contro Marx", perché esso trasuda da molti pori. Basta leggere il seguente sconfortante passaggio: "Karl aveva rinunciato alla politica, annotava la sua fiducia nel libero dibattito e confronto tra idee e forze politiche. E prese a studiare le scienze: geologia, fisica, scienza nucleare", oppure la seguente spudorata menzogna: "La sua svolta democratica avvenne dopo avere scritto Il Capitale". O ancora le opportunistiche conclusioni, degne di un Kautsky o di un Bernstein: "bentornato allora caro vecchio Marx, e scusaci: troppi opposti estremismi del Ventesimo secolo ti avevano tramandato male. Arrivederci al 2020. Forse ci servirai quando chi sa che volto avrà il capitalismo". 8 febbraio 2012 |