Un modello di relazioni industriali mussoliniane di Monti e Marchionne Respingere il contratto dei chimici In linea con l'art. 8 varato dal governo Berlusconi Le proposte del vertice Filtcem non sono sufficienti Sembrava una cosa fatta quando il 22 settembre scorso, a tempo di record, in appena 5 giorni, senza un'ora di sciopero Federchimica e Farmidustria (ambedue associate a Confindustria) e i sindacati FILTCEM-CGIL, FEMCA-CISL, UILCEM-UIL avevano siglato l'ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro 2013-2015 del settore chimico-farmaceutico (più di 190.000 i lavoratori interessati, impiegati in oltre 1.600 imprese) tre mesi prima della sua scadenza naturale del 31 dicembre 2012. I commenti entusiastici sia di parte padronale che sindacale sull'esito, andavano in quella direzione. Specie quello del neopresidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, egli stesso grande industriale chimico e per alcuni anni presidente della Federchimici, che del suddetto accordo è stato un aperto sponsor con l'obiettivo di farne un modello per gli altri contratti di lavoro in attesa di essere rinnovati. Invece no. Colpo di scena. Appena due giorni dopo, il 24 settembre, la segreteria nazionale della CGIL si riunisce per esaminare questa ipotesi di contratto. Al termine emette un comunicato ove è sintetizzato un giudizio negativo su alcuni contenuti che rischiano "di compromettere la fase di applicazione dell'accordo del 28 giugno là dove demandate al secondo livello, mantenendo il criterio di universalità del CCNL, determina un generico generalizzato rimando, aprendo la strada delle deroghe". Inoltre, "alcuni aspetti del rinnovo, quali il trattamento economico e normativo per i giovani piuttosto che il ruolo di eventuali enti bilaterali aziendali - continua la nota della CGIL - sono tutti elementi in contrasto con quanto qui definito dagli organi dirigenti della Cgil". Pertanto si chiede "una modifica dell'ipotesi sottoscritta ed una significativa rivisitazione del testo". Insomma, un fatto forse senza precedenti: il vertice confederale ha contestato e, di fatto delegittimato a tamburo battente, la firma della segreteria dei chimici della CGIL. A cui si è aggiunta la critica dettagliata del direttivo nazionale della FILTCEM-CGIL riunitosi nello stesso giorno. Nell'animata discussione non sono pochi coloro che chiedono di ritirare la firma e azzerare tutto. Ma alla fine prevale la linea degli emendamenti. In particolare il direttivo chiede "una significativa modifica su tre punti. Sulla derogabilità del CCNL: "vanno indicate chiaramente le materie delegabili - si legge nel documento approvato - alla contrattazione di secondo livello come demandato nell'accordo del 28 giugno, fermo restando l'unicità del CCNL". Sulla nuova occupazione giovanile: "va modificato radicalmente l'impianto contrattuale, laddove sono previste norme modificative del CCNL che determinano di fatto, forme di 'salario d'ingresso' e normative diverse per i giovani". Infine, la costituzione di fondi bilaterali aziendali: "il cui scopo potrebbe determinare il venir meno del principio dell'universalità del sistema di protezione sociale, quali gli ammortizzatori sociali". Se queste modifiche non fossero accolte, il direttivo si riserva di "esprimere un parere vincolante per la definitiva conferma del testo contrattuale". La prima conseguenza della contestazione della firma del vertice della FILTCEM alla suddetta ipotesi di contratto, sono state le dimissioni del segretario generale Alberto Morselli, un esponente della destra della CGIL da tempo in rotta col vertice confederale e in scadenza di mandato. Queste richieste di modifica però non sono sufficienti e riparare al danno fatto. Non riguardano il salario, un aumento medio 148 euro lordi in tre anni (10 euro dal 1 dicembre 2012; 33 dal 1 gennaio 2013; 47 euro dal 1 gennaio 2015) una miseria nemmeno sufficiente a recuperare l'aumento del costo della vita. Non solo. Alle aziende considerate in crisi si dà la possibilità di ritardare di sei mesi l'erogazione dell'aumento contrattuale. Ma è sbagliato il richiamo del rispetto dell'accordo del 28 giugno sulla base del quale si chiedono le suddette modifiche. Facendo finta di non sapere che è proprio questo accordo di controriforma contrattuale che ha aperto una voragine per l'attacco e la progressiva cancellazione del contratto nazionale, di lavoro sostituito da un contratto di secondo livello (aziendale e/o territoriale) che ne assume in larghissima parte le veci. D'altronde è proprio facendo riferimento a questo accordo che il padronato pretende di inserire le deroghe nei contratti e CISL e UIL firmano convintamente sostenendo che questa sia la corretta interpretazione. Per assumere una efficace posizione di contrasto e, assieme proporre una piattaforma veramente alternativa aderente agli interessi dei lavoratori, la verità critica su questa ipotesi di accordo contrattuale va detta tutta. E ciò che essa determina un contratto e delle relazioni industriali disegnati sul modello di Marchionne e Monti di stampo padronale, iperliberista e neofascista, il tutto in linea con l'art. 8 del collegato lavoro approvato dall'ex governo del neoduce Berlusconi che deregolamenta il diritto del lavoro dalle fondamenta. Ciò appare chiaro nel cosiddetto "cappello politico" dove c'è una lunga tiritera sulla produttività che va aumentata, ma come? Con le flessibilità e l'intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori. Dove si afferma con chiarezza che gli interessi dell'azienda vengono prima e quelli dei lavoratori sono subordinati. Altri aspetti portanti di questa concezione sono la definizione di relazioni industriali e l'ampliamento delle funzioni degli enti bilaterali improntati più che alla concertazione al neocorporativismo che, tra le altre cose, limita il diritto di sciopero. A seguire, il contratto nazionale viene completamente messo fuori gioco, a livello aziendale si potrà fare di tutto su tutte le materie che regolano le condizioni di lavoro, anche gli aumenti potranno essere rinviati o trasformati in salario variabile. I giovani avranno un salario decurtato, mentre in ogni azienda si avranno i fondi bilaterali. L'esigibilità degli accordi imposta da Marchionne in Fiat entra anche nel contratto dei chimici. Se la situazione è questa, con una posizione chiara e limpida tra i lavoratori interessati, l'ipotesi di accordo andrebbe respinta in toto; altro che emendamenti che nella migliore delle ipotesi possono portare solo a un compromesso del compromesso al ribasso. 3 ottobre 2012 |