Famigerato accordo governo-sindacati confederali Respingere la controriforma del pubblico impiego L'intesa prevede: mobilità, esodi incentivati, meritocrazia, telelavoro, "pagelle" sui servizi, licenziabilità dei dirigenti trasformati in manager I sindacati non confederali minacciano lo sciopero generale Più volte invocata dalla Confindustria e dai liberisti di ogni risma, anche con l'ausilio di una infame campagna propagandistica condotta sui mass-media per diffamare e criminalizzare i dipendenti pubblici come "fannulloni" e "nullafacenti" prende forma, con aspetti ripugnanti, la controriforma della Pubblica amministrazione con l'accordo sottoscritto il 18 gennaio dai ministri della Funzione pubblica, Luigi Nicolais, e dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, da un lato e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti dall'altro. L'intesa che ha per titolo: "Per una nuova qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche - Memorandum d'intesa su lavoro pubblico e riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche" e si compone di 11 punti, è stata redatta fondamentalmente sulla base di una proposta del ministro Nicolais già pubblicizzata nei giorni precedenti. Si tratta di un'intesa grave e inaccettabile, costruita con una filosofia liberista e con la finalità di controriformare il pubblico impiego in modo privatistico, a partire dalla piena contrattualizzazione del contratto di lavoro. Di conseguenza contiene un modello di relazioni sindacali di stampo cogestionario e collaborazionista, oltreché antidemocratico, visto che vengono tagliate fuori le altre organizzazioni sindacali non confederali fortemente rappresentative proprio nel pubblico impiego; contiene misure normative pesantissime che andranno a peggiorare le condizioni di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori: mobilità del personale, esodi incentivati, meritocrazia, "pagelle" sulla qualità dei servizi, licenziabilità dei dirigenti, telelavoro. Un'intesa, l'ennesima, fatta sulla pelle dei pubblici dipendenti, che non sono stati minimamente consultati e non hanno dato alcun mandato ai burocrati confederali. Questi i toni altisonanti e ingannatori messi in premessa per giustificare l'accordo. "Una profonda riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche è un passaggio obbligato - si legge - affinché l'economia italiana torni su un sentiero di crescita duratura. Per rendere più attrattiva la scelta di vivere e di investire in Italia, per dare spazio alle capacità dei cittadini, dei lavoratori e delle imprese, innovare, è necessario un deciso miglioramento della qualità dei servizi pubblici". "La riorganizzazione della Pubblica amministrazione delle funzioni pubbliche, a livello centrale e locale, deve essere ispirata all'obiettivo di accrescere la produttività del sistema paese". "Il miglioramento delle funzioni pubbliche - continua - richiede un concorso coordinato: della legislazione a sostegno della piena contrattualizzazione dei rapporti di lavoro pubblico; delle disposizioni contrattuali del settore pubblico; della disciplina delle procedure del sistema di contrattazione (nazionale e integrativa); dell'esercizio dei diversi livelli di responsabilità; del sistema dei controlli e della semplificazione e delle regole contabili e amministrative; della infrastruttura tecnologica; delle strutture e dei modi di comunicazione dei destinatari dei servizi, dei meccanismi di reclutamento dei sistemi di formazione del personale; dell'indirizzo delle nuove tecnologie e in modo particolare del telelavoro". Le parole d'ordine fissate nel Memorandum sono in sostanza: accrescere la produttività per unità lavorativa, cioè intensificare lo sfruttamento della forza-lavoro; "razionalizzare" l'impiego del personale, ossia ridurlo o spostarlo; flessibilizzare il rapporto di lavoro; legare gli aumenti di stipendio alla meritocrazia; controlli rigidi e asfissianti di varia natura sul lavoro pubblico; mettere in riga e ricattare la dirigenza; ridurre drasticamente i costi. Anche attraverso un uso più oculato delle esternalizzazioni e delle consulenze. C'è poi la promessa del recupero, nel tempo della legislatura, del lavoro precario. Alla quale non diamo alcun credito. MOBILITA'. Per raggiungere i suddetti obiettivi il governo intende attuare una vasta mobilità del personale pubblico statale, regionale e locale "anche a seguito di riorganizzazioni e in attuazione del trasferimento di funzioni fra livelli istituzionali". Si parla di una mobilità concordata con i sindacati, favorita da "meccanismi anche contrattuali di sostegno e di incentivazione" ma è solo un modo per indorare la pillola amara. Grossi disagi in vista per quei lavoratori, e saranno tanti, costretti a cambiare lavoro e sede collocata perfino in un'altra provincia da quelle di residenza. Difficilmente potranno opporsi a un ordine di servizio di questo genere, salvo auto-licenziarsi. Va ricordato che nel pubblico impiego l'istituto della mobilità già esiste, fu introdotto nei primi anni Novanta con la "riforma" Bassanini (DS). Un istituto che si vuole ampliare e rendere maggiormente flessibile. ESODI INCENTIVATI. Come comportarsi "in caso di accertato esubero di personale non ricollocabile con processi di mobilità"? Ancora non c'è la libertà di licenziamento, come vorrebbe la Confindustria e magari il professor Ichino che ha scritto un libro sui dipendenti pubblici dal titolo "Nullafacenti". Nel Memorandum governo e sindacati propongono l'esodo incentivato, le dimissioni in cambio di un indennizzo economico. Ma nel caso di rifiuto da parte del dipendente considerato un esubero non ricollocabile? E' probabile che subirà pressioni, persecuzioni e altre forme di mobbing. DIRIGENTI LICENZIABILI Il giro di vite riguarda pesantemente anche i dirigenti. Intanto è previsto la loro riduzione complessiva e poi una loro trasformazione in manager come quelli che operano nelle società private. Sarà eliminata ogni progressione automatica di carriera mentre gli incarichi e le retribuzioni saranno collegati ai risultati della valutazione. Qualora questa risulti negativa è previsto il licenziamento. A loro saranno affidati obiettivi e budget nell'ambito della struttura in cui operano. Insomma si vogliono dirigenti efficienti, e questo può essere un bene, ma insieme dei fedeli esecutori della politica liberista del governo, dei cani da guardia nei confronti dei lavoratori. LA CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA. Alla contrattazione integrativa l'accordo assegna il compito di applicare le linee decise in sede di contratto nazionale in materia di produttività, meritocrazia, mobilità e altro ancora. Per i prossimi contratti è previsto, per esempio, un ampliamento degli orari di apertura dei servizi e una riduzione delle liste di attesa, ma non è specificato con quanto personale. "PAGELLE" SUI SERVIZI. Nell'intesa sono presenti alcuni punti alquanto demagogici, più formali che reali. Uno di questi è rappresentato da questa sorta di "pagelle" sulla qualità dei servizi. Genericamente sono citati momenti e sedi dove misurare qualità ed efficienza dei servizi con la partecipazione di amministrazioni, sindacati e utenti. La richiesta di un parere e niente più. ESTERNALIZZAZIONI. Sulle esternalizzazioni di servizi, come sulle consulenze esterne, non c'è nessuna decisa inversione di tendenza. C'è anzi una conferma di questa linea, sia pure con delle limitazioni tutte da verificare nella pratica. IL PRECARIATO. Meno che mai è credibile la promessa di riassorbire entro la legislatura dei lavoratori precari del pubblico impiego che sulla base dei dati della Ragioneria di Stato sono oltre 500 mila. Ciò considerato che: in generale si vuole ridurre drasticamente gli organici complessivi del pubblico impiego; permane di fatto un parziale blocco del turn-over; nell'ultima Finanziaria è stato fissato il limite di 4 assunzioni precari su 10 lavoratori a tempo indeterminato che vanno in pensione. Inoltre, alle amministrazioni pubbliche viene confermata la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato sia pure "nei limiti individuati nella contrattazione collettiva". Nel Memorandum sottoscritto sono stati momentaneamente accantonati la sanità e gli enti locali. Per questi comparti è stato previsto un breve rinvio fors'anche in vista della discussione della legge Lanzillotta di privatizzazione dei servizi pubblici locali. Alle dichiarazioni esultanti dei governanti e dei vertici sindacali collaborazionisti, si contrappongono quelle dei sindacati non confederali. "Governo e sindacati concertativi vogliono letteralmente smantellare la pubblica amministrazione, noi non possiamo accettarlo", scrive in una nota un dirigente nazionale della Rdb Pubblico impiego. "Si completa - prosegue - la campagna di odio verso i dipendenti pubblici iniziata ormai da parecchi mesi e che era evidentemente finalizzata alla trasformazione della pubblica amministrazione in senso privatistico". E avverte che "nelle prossime ore saranno convocati tutti gli organismi statutari per decidere le iniziative di lotta da intraprendere non escludendo lo sciopero generale della categoria". La parola deve passare ai lavoratori interessati. Su questo non c'è dubbio. Anzitutto le assemblee per una approfondita discussione sull'accordo. Poi la mobilitazione per respingerlo ai mittenti. 24 gennaio 2007 |