Monti e Fornero, appoggiati da Napolitano e con l'accordo segreto con PDL, PD e Terzo Polo, aboliscono l'articolo 18. Non c'era riuscito Berlusconi 10 anni fa Respingere subito con lo sciopero generale il diktat fascista del governo sul lavoro I lavoratori già in piazza spontaneamente o su invito della FIOM Monti vattene! Con il settimo incontro svoltosi martedì 19 marzo, siamo dunque giunti alle battute finali di questa finta trattativa imbastita dal governo Monti con le associazioni padronali e i sindacati confederali sulla "riforma del mercato del lavoro". La proposta messa sul tavolo dal presidente del consiglio e dalla Fornero, al di là delle balle, "lo facciamo per il bene del paese" e "per dare un futuro ai giovani", è persino peggiore delle anticipazioni avanzate nelle volte precedenti con al centro l'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la liberalizzazione dei licenziamenti individuali e la demolizione degli "ammortizzatori sociali" ciò in un'ottica liberista e padronale. Forte dell'appoggio, aperto e assolutamente fuori delle norme di una repubblica parlamentare, del nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano, che ha seguito minuto per minuto questa vicenda, esercitando anche indebite pressioni sulle parti in causa, e con in tasca l'accordo segreto stretto di recente con i partiti che compongono la sua maggioranza parlamentare, PDL, PD e Terzo polo, Monti ha potuto dire arrogantemente: questa è la riforma, prendere o lasciare. È stata una finta trattativa, va ribadito. Lo ha confessato Monti quando ha affermato che "non ci sarà nessun accordo tra governo e parti sociali, ci consultiamo, dialoghiamo, ma il nostro interlocutore principale è il parlamento". Come a dire sui temi del lavoro non c'è più bisogno di "concertare" con i sindacati. Infatti per la controriforma sulle pensioni non aveva sentito nemmeno il bisogno di sentire il parere dei rappresentanti dei lavoratori; una cosa mai successa in passato. È di fatto un cambio di relazioni industriali di stampo mussoliniano e fascista, sul modello inaugurato dal nuovo Valletta, Sergio Marchionne, per gli stabilimenti Fiat, che unisce l'abbattimento dei diritti contrattuali dei lavoratori alla cancellazione dei diritti e dell'agibilità sindacali. D'altronde, non si era mai vista una trattativa sindacale accompagnata dalla minaccia sistematica da parte del tandem liberista Monti-Fornero: comunque andremo avanti, comunque la riforma la faremo con o senza il consenso sindacale. E ciò costituisce un arretramento grave nell'ambito degli spazi democratici e del potere contrattuale che riguarda non solo la CGIL ma l'insieme del movimento sindacale italiano. Non vederlo e non contrastarlo immediatamente e fermamente rappresenta un vero e proprio suicidio per i diretti interessati. Giù la maschera. Il vero e principale obiettivo della "riforma del mercato del lavoro" targata Monti-Fornero è l'abolizione dell'art. 18, è la libertà di licenziamento. La formula proposta per raggiungere questo obiettivo è quello di eliminare l'obbligo del reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti per ragioni economiche e per motivi disciplinari. Lasciando la norma solo per i licenziamenti discriminatori. Se passa questa modifica, la tutela deterrente contro i licenziamenti "senza giusta causa" e "senza giustificato motivo", viene sostanzialmente cancellata, e le conseguenze per le lavoratrici e i lavoratori saranno devastanti, specie in un momento come questo di recessione produttiva e di crisi aziendali. Con la libertà di licenziare con un semplice indennizzo economico, anche quando il giudice lo sentenzierà come ingiustificato e illegittimo, si afferma il totale dominio del padrone in fabbrica e si rende debole il lavoratore che non potrà difendere i propri diritti. Demolire la tutela sui licenziamenti individuali significa nel contempo indebolire l'insieme dei diritti sindacali dei lavoratori. Il PMLI e il suo organo, "Il Bolscevico", l'hanno detto sin dall'inizio; il governo Monti della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale si muove in perfetta continuità con il precedente governo del neoduce Berlusconi. Il quale anche lui, 10 anni orsono, tentò di cancellare l'articolo 18. Gli fu impedito dalla mobilitazione straordinaria delle lavoratrici, dei lavoratori, dei pensionati e degli studenti culminata con la grande e storica manifestazione nazionale del 23 marzo 2002 al Circo Massimo di Roma. Ora ci prova Monti godendo dell'appoggio, tra gli altri, del PD liberale di Bersani. Anche i sindacati collaborazionisti, la CISL di Bonanni, la UIL di Angeletti e l'UGL hanno dato il loro sostanziale consenso, tradendo così in modo plateale gli interessi dei loro stessi iscritti e dei lavoratori tutti. La CGIL però non ci sta. Resistendo alle enormi pressioni esercitate da Napolitano, dal PD e da una rumorosa e mistificatoria campagna mediatica ha detto chiaro e forte no. Il segretario generale, Susanna Camusso ha affermato: "I lavoratori sono gli unici che subiscono i provvedimenti del governo. È stato così con le pensioni, è così con la riforma del mercato del lavoro. All'articolo 18 viene tolto completamente la sua funzione di deterrente verso i licenziamenti". La risposta della CGIL non potrà che essere la mobilitazione. "Faremo tutto quello che serve - ha aggiunto - per contrastare questa riforma. E non sarà una cosa di breve periodo. Dobbiamo decidere come accompagnare questa stagione rispetto alla quale faremo tutte le necessarie proposte per essere alla testa di un movimento che porti il lavoro come tema centrale". Non siamo mai stati teneri con la Camusso, però non possiamo che condividere questa linea di opposizione e di lotta. Già il direttivo nazionale della Cgil ha proclamato 16 ore di sciopero di cui 8 per uno sciopero generale. Benissimo! Ma esso va indetto subito con una manifestazione nazionale a Roma. Una mobilitazione forte e ampia dei lavoratori è già iniziata. Specie nelle fabbriche metalmeccaniche, in particolare del Nord e del Centro Italia. Ci sono stati scioperi e manifestazioni spontanei o su invito della FIOM, con cortei e spesso blocchi stradali e dei binari dei treni. La parola d'ordine è: L'art.18 non si tocca! È una mobilitazione alla quale va data continuità e va generalizzata coinvolgendo i lavoratori di tutte le categorie, i precari, i pensionati, i disoccupati, gli studenti e le larghe masse popolari. Ci vuole un movimento di popolo per bloccare le relazioni industriali mussoliniane che massacrano i lavoratori e i sindacati, che cancellano i diritti democratici delle masse. Che tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali, religiose antifasciste e democratiche si uniscano per mandare a casa Monti, degno successore di Berlusconi, e la Marchionne del governo Monti, Elsa Fornero. 21 marzo 2012 |