Vanificati i nove mesi di dure lotte e di sacrifici dei lavoratori Respingiamo l'intesa sul contratto dei metalmeccanici Soprattutto perché apre la via al nuovo modello confindustriale del contratto. Pochi soldi per la durata di 30 mesi. Concesse ulteriori flessibilità alle imprese I delegati Fiom della Ferrari dicono No Domenica 20 gennaio le segreterie di Fiom, Fim e Uilm, più quella di Ugl, e il vertice di Federmeccanica hanno siglato, con la "mediazione" del ministro del Lavoro, Cesare Damiano, l'ipotesi d'accordo per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici, comprensivo del biennio economico e del quadriennio normativo. In tanti hanno sospirato, specie in ambienti sindacali: finalmente! Non a torto considerando che dalla messa a punto della piattaforma rivendicativa (12 aprile) sono passati nove mesi, che dalla presentazione della stessa alla controparte padronale (1° giugno) son passati 7 mesi, che da settembre 2007 si è sviluppata una dura lotta che è andata in progressione, con scioperi e manifestazioni partecipatissimi, 52 le ore di astensione dal lavoro, fino ad arrivare alle iniziative di lotta esplose a seguito della rottura delle trattative (14 gennaio 2008), con blocchi stradali e ferroviari in tutta Italia; che alcune aziende, tra cui la Fiat, per indebolire la lotta avevano elargito (26 ottobre 2007) in modo unilaterale 30 euro in busta paga come "anticipo sui futuri aumenti contrattuali". Ma è sufficiente per dirsi pienamente soddisfatti indipendentemente da un'attenta e obiettiva valutazione dei contenuti dell'accordo? Questi rispondono e in che misura ai bisogni dei lavoratori e alla battaglia sostenuta? I vertici confederali, ossia Guglielmo Epifani per la Cgil, Raffaele Bonanni per la Cisl e Luigi Angeletti per la Uil e i segretari di Fiom Gianni Rinaldini, di Fim Giorgio Caprioli e Uil Antonino Regazzi sostengono di sì. Noi invece non siamo d'accordo. La pensiamo come i delegati Fiom della Ferrari che hanno espresso un giudizio nettamente contrario. Anche la "Rete 28 aprile" della Cgil ha preso posizione critica sull'intesa. Diversamente da Prodi che ha salutato l'accordo come una vittoria del governo e diversamente anche dai partiti falsamente comunisti PRC e PdCI che lo hanno accolto con favore. I termini usati dai dirigenti sindacali per giudicare l'intesa sono i seguenti: "un buon accordo", "un buon compromesso". Per Rinaldini addirittura "il miglior compromesso", "l'unico possibile". E ancora una volta noi non siamo d'accordo. Perché? Già la piattaforma rivendicativa si presentava carente e rinunciataria specie sull'aumento salariale, debole e permissiva in materia di flessibilità orarie e sul tema dei contratti precari. Inoltre, parti importanti della stessa piattaforma sono rimasti lettera morta o hanno ottenuto una risposta puramente formale. Infine, sono passati pezzi rilevanti della contropiattaforma padronale, considerati irricevibili in un primo tempo dagli stessi vertici sindacali presenti alla trattativa. Il riferimento principale è all'allungamento, di fatto, dell'orario di lavoro, e all'allungamento, di fatto, della durata del contratto, per la parte economica, di 6 mesi. Se si deve parlare di compromesso esso si è risolto più a favore della parte padronale non solo per la qualità dei contenuti dell'accordo ma anche per le promesse strappate sottobanco al governo per esempio in materia di defiscalizzazione degli straordinari e degli aumenti contrattuali aziendali. Non è vero dunque, come si vorrebbe far credere, che il risultato maggiore dell'intesa è la difesa del contratto nazionale. Caso mai è vero il contrario e cioè che essa apre la strada al modello confindustriale del modello contrattuale. Una breccia prontamente utilizzata dal presidente della Confindustria, Cordero di Montezemolo, per dare una pesante spallata all'istituto del contratto nazionale da lui definito "arcaico". Certo, avrebbe voluto di più e per questo parla di "atteggiamento ostinato conservatore del sindacato" e di "gravi degenerazioni delle forme di conflitto". Ma l'obiettivo è chiaro quando afferma che non si può "più continuare a ragionare con un rigido contratto nazionale che non tiene conto delle differenze geografiche e delle differenze tra le imprese". Trovando prontamente il consenso del segretario Cisl, Bonanni, ("Sono d'accordo con Montezemolo il modello di contrattazione è arcaico. Il contratto nazionale è stato sopravvalutato"), e del segretario Uil, Angeletti, ("Concordo con Montezemolo, il sistema contrattuale è arcaico"). L'intesa complessiva integrale è molto lunga e dettagliata descritta in 90 pagine. Ma i punti chiave sono pochi: salario, orario di lavoro, "mercato del lavoro", inquadramento unico professionale, parificazione delle normative. 127 euro in 30 mesi Per quanto riguarda l'aumento salariale l'intesa prevede l'incremento dei minimi contrattuali di 127 euro lordi mensili per il 5° livello (109 al 3° livello dove è concentrata buona parte della categoria) per una vigenza contrattuale di 30 mesi, distribuiti in tre scaglioni: 60 a gennaio 2008, 37 a gennaio 2009 e altri 30 a settembre dello stesso anno. Fiom, Fim e Uilm avevano chiesto in piattaforma 117 euro al 5° livello per 24 mesi. Inoltre ci sarà l'una tantum di 300 euro comprensiva dell'IVC (indennità di vacanza contrattuale) da pagare nel mese di marzo 2008 (267 euro) uguale per tutti. Infine c'è la trasformazione dell'attuale elemento perequativo per coloro che non fanno la contrattazione di secondo livello in un istituto annuale il cui valore è fissato a 260 euro. Da notare che il pattuito è più vicino a quanto offerto da Federmeccanica nella sua contropiattaforma che alle richieste sindacali. Vedi la durata dei 30 mesi, vedi la cifra del nuovo istituto retributivo che non supera la metà della rivendicazione. Nessuna inversione di tendenza: i metalmeccanici italiani rimangono i peggio pagati a livello europeo. Da 32 a 48 ore lo straordinario non contrattato In questo capitolo c'è un'altra concessione di rilievo alle imprese. Si tratta delle ore straordinarie esenti da contrattazione, cioè nella piena disponibilità del padrone, che aumentano di 8 ore passando da 32 a 40 nelle imprese sopra i 200 dipendenti e da 40 a 48 nelle imprese sotto i 200 dipendenti. E non è tutto. Uno dei sette Par (Permessi annui retribuiti, che corrispondono alle ex festività soppresse) a fruizione collettiva potrà, previo esame congiunto con le Rsu, essere spostato nell'anno successivo. Le casistiche della normativa sull'orario di lavoro plurisettimanale (64 ore) sono state estese e previste altre modalità di applicazione, sempre con l'accordo sindacale. Insomma, tutto va verso un ulteriore allungamento e flessibilità dell'orario di lavoro, che significa un'intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori interessati. Dopo 44 mesi di lavoro precario il contratto a tempo indeterminato (forse) Incominciamo col dire che quasi tutte le richieste della piattaforma in tema di "mercato del lavoro" sono state respinte. Ad esempio la definizione di una percentuale massima di utilizzo di contratti a tempo determinato. Ad esempio la definizione di un sistema di responsabilità delle imprese impegnate negli appalti e subappalti per la conservazione del posto di lavoro in caso di cambio di appalto. Mentre c'è qualcosa per la stabilizzazione del posto di lavoro dopo un lungo periodo di lavoro precario nella stessa azienda. Il limite massimo fissato è di 44 mesi per coloro che hanno svolto, con la stessa azienda e nella medesima mansione, periodi di lavoro sia interinale che con contratti a termine. Una normativa diversa da quella prevista nel Protocollo Prodi, poi diventato legge, che nella fattispecie stabiliva un periodo complessivo di 36 mesi, rinnovabili una sola volta con l'accordo tra datore di lavoro e lavoratore interessato. Comunque sia tempi molto lunghi, dove il margine di manovra delle aziende è ampissimo e dove la certezza del posto di lavoro è solamente teorica. Inquadramento professionale e parificazione delle normative A fronte della richiesta di un adeguamento complessivo dell'inquadramento unico operai-impiegati, due le modifiche accolte nell'intesa: riguarda la trasformazione della 5 Super in una specifica categoria e l'introduzione di un elemento retributivo di professionalità, per i lavoratori di 3° livello, secondo una declaratoria da definire entro febbraio 2009. Dall'inizio del prossimo anno i trattamenti contrattuali dei lavoratori (impiegati e operai) dell'industria metalmeccanica saranno unificati. La qualcosa comporta in particolare, per gli operai attualmente in forza, il pagamento di 11 ore e 10 minuti in occasione della tredicesima mensilità. La sicurezza sul lavoro Nell'intesa c'è qualcosina in materia di sicurezza sul lavoro. E' previsto che le aziende informino di norma ogni sei mesi i lavoratori, oltreché gli Rls (Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza), sulle questioni della sicurezza e della salute. Inoltre sono state aumentate le ore a disposizione degli Rls che diventano 50 nelle imprese da 50 a 100 dipendenti e 70 ore per le imprese con almeno 100 dipendenti. Va da sé che l'informazione è utile ed efficace se i padroni rispettano le leggi sulla sicurezza, se gli impianti godono di regolare manutenzione, se ci sono controlli veri, frequenti e improvvisi da parte degli ispettori del lavoro, se le illegalità vengono punite severamente, se i carichi di lavoro e la durata della giornata lavorativa non superano i limiti sopportabili. Le assemblee e il referendum Ora la parola passa ai lavoratori. Nei prossimi giorni verrà reso noto il calendario delle assemblee nei luoghi di lavoro e le date per lo svolgimento del referendum di ratifica dell'intesa. Il nostro auspicio è per una consultazione vera, per una discussione approfondita sui contenuti dell'accordo, affinché vengano evidenziati i limiti e le carenze, e soprattuto quegli aspetti del tutto negativi che solo alcuni giorni fa erano considerati inaccettabili e che ad un tratto, senza spiegazioni, sono diventati accettabili. Sul salario e sull'orario di lavoro, così come sulla durata del contratto, c'è da attendersi un forte e sacrosanto dissenso tra i lavoratori. Occorre mandare un forte messaggio a padroni, governo e vertici sindacali. Ciò anche in vista delle trattative sulla riduzione del fisco su salari e pensioni e sulla "riforma" della contrattazione. Come? Votando in massa No al referendum. 23 gennaio 2008 |