Riaperte le indagini sulla strage di Ustica A 28 anni dalla strage dell'aereo DC9 nei cieli di Ustica forse comincia a sgretolarsi quel muro di omertà e bugie innalzato dallo Stato e dai vertici militari italiani che con protervia e cinismo negano giustizia alle 81 vittime innocenti. La procura di Roma nel giugno scorso ha infatti riaperto le indagini sull'abbattimento del DC 9 dell'Itavia restituendo qualche speranza ai familiari delle vittime. L'iniziativa dei pm Maria Monteleone e Erminio Amelio fa seguito alle dichiarazioni fatte nel febbraio scorso dall'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, all'epoca dei fatti presidente del Consiglio, quando nel febbraio dello scorso anno spiegò a vari emittenti radiofoniche e televisive che "furono i nostri servizi segreti che, quando io ero presidente della Repubblica, informarono l'allora sottosegretario Giuliano Amato e me che erano stati i francesi con un aereo della Marina a lanciare un missile non ad impatto, ma a risonanza" - precisava - perché "se fosse stato ad impatto non ci sarebbe nulla dell'aereo". Cossiga spiegò ai media che "i francesi sapevano che sarebbe passato l'aereo di Gheddafi. La verità è che Gheddafi si salvò perché il Sismi, il generale Santovito, appresa l'informazione, lo informò quando lui era appena decollato e decise di tornare indietro. I francesi questo lo sapevano e videro un aereo dall'altra parte di quello italiano e si nascose dietro per non farsi prendere dal radar". Rivelazioni che Cossiga aveva già fatto l'anno precedente, senza però dire il nome di quale paese si trattasse ("il Dc9 di Ustica fu abbattuto da un missile di un paese alleato"), all'indomani della scandalosa sentenza della prima sezione penale della Cassazione che aveva chiuso definitivamente la vicenda giudiziaria parallela alla strage, ossia il processo ai vertici militari dell'Aeronautica sui depistaggi, confermando l'assoluzione con formula piena, "perchè il fatto non sussiste", per i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri, accusati di aver omesso al governo informazioni sul disastro. Assoluzione che precludeva così la possibilità di riaprire il processo anche per la parte relativa ai risarcimenti civili. La confessione di Cossiga, a prescindere che siano occorsi 27 anni per esternarla, avrebbe richiesto quantomeno un immediato dibattito parlamentare nonché verifiche immediate. Invece fu lasciata completamente cadere nel vuoto, da governo e istituzioni tutte impegnate a esaltare la "verità ristabilita" con l'assoluzione dei due alti ufficiali dall'accusa di "alto tradimento". Eppure, quelle dichiarazioni confermano ciò che la sentenza del 1999 del giudice Priore ha accertato al 100%, e dove pur non individuando i responsabili dell'abbattimento, accertò che il Dc9 fu abbattuto nello scenario di una battaglia aerea alla quale parteciparono diversi paesi, compresi Usa e Francia. Uno scenario che diventa ancor più credibile considerando che il leader libico Gheddafi ha sempre rivendicato che la vittima designata era lui. Ai pm ora toccherà verificare le dichiarazioni di Cossiga anche attraverso rogatoria a Parigi. "Il giudice Rosario Priore aveva raccolto testimonianze importanti secondo le quali i francesi, anche se non colpevoli, dovevano aver visto qualcosa. Dovrebbero chiarire come mai il radar della base aerea di Solenzara, in Corsica, funzionasse solo fino alle 7 del pomeriggio", sostiene Daria Bonfietti, presidente dell'Associazione familiari delle vittime di Ustica ed ex senatrice DS. Per lei, che da sempre ha chiesto "a Francia e Stati Uniti di dire quello che sanno", l'iniziativa della Procura di Roma è un atto "importante e dovuto. Per il reato di strage si può sempre riaprire l'inchiesta. Nessuno a livello politico ha voluto tenere conto delle dichiarazioni di Cossiga, almeno la magistratura l'ha ritenuto doveroso", non solo perché si creino le condizioni per arrivare alla verità giudiziaria fino ad oggi negata, ma anche per smascherare e sbugiardare il grande imbroglio messo in atto dai vertici militari, che hanno pervicacemente e sfrontatamente sempre mentito. Perché, come sostiene il giudice Priore in un'intervista a l'Unità, "questa verità a determinati livelli si sapeva. Non era solo nella disponibilità del presidente del Consiglio. La conoscevano i capi dei servizi, c'era un'area di conoscenza molto vasta". 10 settembre 2008 |