Provocata dalla miseria e dall'oppressione sulla popolazione araba Ribellione degli arabi-israeliani nella città di Akka Per alcuni giorni, a partire dal 9 ottobre, gli arabi-israeliani di Akka (l'antica S. Giovanni d'Acri) nel nord di Israele hanno dato vita a manifestazioni e scontri con la polizia che solo grazie a una pesante repressione ha potuto riprendere il controllo della città. La ribellione era stata innescata da un episodio accaduto la sera dell'8 ottobre ma ha le sue principali ragioni nella miseria e nell'oppressione nella quale il governo sionista tiene la popolazione araba anche nelle città miste come Akka, dove in terzo dei 60 mila abitanti è costituito da arabi israeliani, cioè palestinesi con cittadinanza israeliana. La sera dell'8 ottobre un arabo era passato con la sua automobile nei quartieri a maggioranza ebraica "violando" la consegna del silenzio e dell'uso di qualsiasi mezzo motorizzato che vige durante le celebrazioni religiose ebraiche dello Yom Kippur. Un gruppo di sionisti lo ha inseguito, preso a sassate e circondato l'edificio dove aveva trovato riparo. Alla notizia del tentativo di linciaggio dell'automobilista, centinaia di giovani palestinesi sono scesi in strada e si sono diretti verso i quartieri ebraici scontrandosi con gruppi di sionisti e successivamente con la polizia. La ribellione araba è durata per cinque giorni con un bilancio di sessanta manifestanti arrestati e una decina di feriti. La maggior parte degli arabi abita nella parte vecchia della città, nella casbah che rappresenta la loro ultima roccaforte culturale e nazionale dopo l'occupazione sionista del 1948. Ma molti palestinesi della città vecchia, impoveriti anche dai tagli allo stato sociale decisi negli anni passati, sono in numero crescente costretti a vendere le loro abitazioni, spesso ai più ricchi abitanti ebrei. Già negli anni '70 e '80 il regime sionista di Tel Aviv aveva elaborato progetti per espellere gli arabi dal centro della città e trasferirli nel vicino villaggio di Makkar. Il boia Ariel Sharon, quando era primo ministro, in visita a Akka affermò che la città doveva essere ulteriormente "giudaizzata" perché c'erano "troppi arabi" che dovevano esere espulsi. Un'esperienza modello seguita in altri casi come a Gerusalemme. I sionisti di Tel Aviv sono responsabili anche delle continue discriminazioni degli arabi in Israele che sono il 20% della popolazione ma segregati nel 2% del territorio. In Israele, lo Stato ha la proprietà del 93% della terra, l'altro 5% è proprietà privata di ebrei. Dal 1948 il regime sionista ha espropriato la maggior parte della terra araba, sulla quale ha costruito circa 800 tra villaggi e colonie riservati esclusivamente alla popolazione ebraica dello Stato. Di contro ha costruito una sola nuova località araba, per i beduini del Negev, ma per segregarli e espropriare la loro terra. Tra le altre, i sionisti non rilasciano agli arabi alcuna licenza per costruire, nemmeno all'interno delle loro comunità. 22 ottobre 2008 |