La ribellione armata in Costa d'Avorio Tutto ha inizio nel 2002 quando il presidente della Costa d'Avorio apre il mercato agli investimenti stranieri... di Thierry Avi, ivoriano residente in Italia Il 19 settembre 2002, dopo che il Presidente della Costa d'Avorio (eletto democraticamente a seguito di consultazioni elettorali accessibili a tutti), ha aperto il mercato del paese ad investimenti di società cinesi, statunitensi e giapponesi nel settore dei lavori pubblici e delle concessioni per l'estrazione del gas e del petrolio, è scoppiato un tentativo di colpo di Stato ai danni di questo Presidente. I nuovi investimenti sono, a ben vedere, andati a tutto danno dell'economia francese. Infatti, per un lungo periodo, nei mercati sopra citati, hanno operato solo e soltanto gruppi economici francesi. In questo famigerato 19 settembre, uno sparuto gruppo di militari, con armi e mezzi più sofisticati e potenti di quelli dell'esercito regolare ivoriano, ha tentato di prendere possesso di tutti i punti strategici di controllo del potere del paese (radio, televisione, campi e basi delle forze dell'ordine, ecc). Sfortunatamente per i ribelli, il golpe è fallito, ma nel frattempo, i ribelli stessi sono riusciti ad impadronirsi di tutto il nord del paese, (paese che tuttora è diviso in due). Esiste un collegamento fra i due eventi? Evidentemente ogni multinazionale dovrebbe avere paura di perdere un mercato così appetitoso come quello della Costa d'Avorio, che, oltre alle sue risorse naturali quali greggio, gas naturale, diamanti, manganese, minerali di ferro, cobalto, bauxite, rame, energia idroelettrica, ha anche risorse agricole come caffè, banane, noci di cocco, mais, riso, zucchero, cotone, gomma, legname, ananas e olio di palma non indifferenti. La Costa d'Avorio è poi il primo produttore di cacao al mondo, cacao che da solo rende ogni anno, alle multinazionali francesi (e quindi all'economia francese), due miliardi e mezzo di Euro! Esistono forse società e istituzioni francesi che hanno così paura che questo mercato vada alla Cina o agli Stati Uniti da armare questi sedicenti ribelli, che, tra l'altro, non sono che dei ragazzi disoccupati, analfabeti, ai quali è stato detto essere vittime di esclusione e xenofobia da parte dei cristiani del sud? Esistono dunque società commerciali tanto preoccupate di perdere gli appoggi economici di questo Stato africano, che un tempo fu chiamato la "Svizzera dell'Africa" oppure la "France Afrique"? Se queste multinazionali senza scrupoli di sorta esistono allora viene il sospetto che esse siano così potenti da essere riuscite, durante gli accordi di Linas-Marcoussis (intervenuti 4 mesi dopo l'inizio della ribellione), a spingere il presidente francese Chirac a costringere quello ivoriano Gbagbo ad allargare la componente del suo governo ad esponenti dei gruppi ribelli pur sotto la condizione del disarmo degli stessi. Nonostante questo accordo sia intervenuto fra le parti in lotta, i ribelli, pur avendo ottenuto i posti promessi, si sono poi rifiutati di deporre le armi. Su quali appoggi allora continuano a contare i ribelli, per rifiutarsi di disarmare il loro esercito, nonostante l'ottenimento dei posti ministeriali promessi? Nel novembre 2004 poi, dopo più di 2 anni di ribellione e guerra civile, le forze di difesa e di sicurezza della Costa d'Avorio, davanti all'insistente rifiuto da parte dei ribelli di deporre le armi, hanno tentato di liberare e di riunificare il paese, colpendo, purtroppo, per errore otto militari francesi presenti nell'area. Questo tragico avvenimento è stato preso dalla Francia come un casus belli. Alla luce degli avvenimenti: perché Chirac, la cui possibilità di intervento dovrebbe essere subordinata al consenso e controllo direttivo dell'Onu, ha scavalcato tale organizzazione, ordinando alle sue truppe di distruggere tutti mezzi dell'aviazione ivoriana riducendo praticamente così questo piccolo Stato senza alcuna difesa efficace in caso di eventuale attacco da parte dei ribelli? Tale atto costituisce una gravissima aggressione militare ad un paese sovrano (il quale, se lo ricordi bene Chirac, non è più una colonia francese dal 1960!), aggressione che non può passare sotto silenzio ma che deve anzi essere denunciata all'opinione pubblica perché essa prenda coscienza dell'inaccettabile situazione. Alla luce di quanto sopra esposto si propone: 1. Il disarmo senza condizioni dei ribelli; 2. Il ritiro della forza militare francese nell'area; 3. Una più decisa presenza militare dell'Onu la quale non si avvalga, per altro, di corpi militari francesi. 30 novembre 2005 |