Messico Riesplode la rivolta di Oaxaca La polizia spara e uccide sei manifestanti Il 30 novembre il sindacato nazionale dei lavoratori della scuola (Snte) dello Stato messicano di Oaxaca aveva proclamato due giorni di sciopero generale dei circa 70 mila maestri per protestare contro gli arresti di attivisti politici, fra i quali molti insegnanti, da parte della polizia locale e federale durante la rivolta popolare dei mesi scorsi che chiedeva le dimissioni del governatore Ulises Ruiz. Per due giorni tutte le quasi 14.000 scuole statali sono rimaste chiuse. La protesta avviata nel maggio scorso dagli insegnanti in sciopero continua con la categoria ancora mobilitata pochi giorni dopo un nuovo intervento repressivo della polizia che il 25 novembre aveva attaccato una nuova manifestazione per le dimissioni del governatore che si doveva svolgere nel centro della città. Secondo la denuncia di uno dei portavoce della Appo prima che i manifestanti si disponessero attorno al centro occupato dai poliziotti diversi agenti "si sono appostati sui tetti delle case bombardando i manifestanti con pietre, biglie di ferro e lacrimogeni. Poi hanno anche sparato con armi da fuoco sui manifestanti in fuga, provocando morti e feriti". Il bilancio è di 6 morti e di quasi 200 feriti. Repressione attuata dagli agenti federali e dai paramilitari di Ortiz che nei giorni successivi avevano battuto il centro e la periferia della città con rastrellamenti casa per casa alla ricerca degli attivisti della Appo da incarcerare assieme ai circa 150 che sono già in galera. Che la rivolta popolare a Oaxaca non potesse essere domata dalla repressione della polizia era apparso evidente anche alla fine dello scorso ottobre quando gli agenti federali inviati dal presidente uscente Vicente Fox avevano sgomberato con la forza il presidio dei dimostranti nella piazza centrale della città e rastrellato i quartieri alla ricerca dei capi della rivolta popolare. I dimostranti al termine di una giornata di duri scontri si erano asserragliati dentro l'università e respinto l'assedio poliziesco. La protesta nello Stato di Oaxaca era iniziata alla fine dello scorso maggio da parte degli insegnanti che manifestavano nella capitale e occupavano permanentemente la piazza centrale chiedendo aumenti salariali e le dimissioni del corrotto governatore Ortiz. A metà giugno Ortiz ordinava alla polizia di sgomberare la piazza ma in soccorso ai dimostranti accorrevano gli studenti, i dipendenti statali, le comunità indios che respingevano l'intervento poliziesco. Il movimento di protesta si allargava a tutta la città e si dava una forma organizzativa con la costituzione dell'Assemblea popolare dei popoli di Oaxaca, l'Appo, che rafforzava il presidio di occupazione della piazza. Neanche l'aggressione delle bande paramilitari inviate da Ortiz intimidiva i dimostranti pur causando una quindicina di morti tra i quali un reporter americano di Indymedia. Solo le ruspe e i bulldozer del genio seguiti da 4 mila agenti della polizia federale riuscivano a demolire le barricate erette in periferia e a rioccupare la piazza centrale. "A Oaxaca è stata recuperata la pace sociale" assicurava a fine ottobre il presidente Fox forte dell'accordo firmato dal governo federale con gli insegnanti che avevano deciso di porre fine al loro sciopero. Le dimostrazioni non erano comunque cessate e non ultima era quella indetta il 25 novembre dalla Appo. Dopo l'intervento della polizia il portavoce della Appo confermava che comunque "la lotta del popolo oaxaqueño per la destituzione di Ulises Ruiz non è finita, malgrado la sanguinosa repressione". 6 dicembre 2006 |