Spagna 1,5 milioni in piazza contro la "riforma" del lavoro di Rajoy Manifestazioni in 57 città contro le misure dettate dalla Ue simili a quelle che vorrebbe applicare Monti in Italia Le manifestazioni di domenica 19 febbraio indette dai principali sindacati spagnoli contro la "riforma" del lavoro del governo di destra guidato da Mariano Rajoy hanno visto una partecipazione straordinaria, con 1,5 milioni di dimostranti in piazza in ben 57 città. Erano in 500 mila in piazza a Madrid, poco di meno a Barcellona, almeno 80 mila a Valencia, nelle principali manifestazioni che si sono svolte in ogni angolo del paese e che spingono l'Unión General de Trabajadores (Ugt) e le Comisiones Obreras (Ccoo) verso l'annunciato ma non ancora indetto sciopero generale. La risposta necessaria per alzare il livello della lotta contro le riforme messe in cantiere dall'esecutivo iberico in applicazione delle misure dettate dalla Ue che anche in merito al cosiddetto "mercato del lavoro" sono le stesse, dalla Grecia alla Spagna. E all'Italia dove il governo di Mario Monti, tramite il ministro Elsa Fornero, sta seguendo contemporaneamente lo stesso percorso e con identici metodi arroganti. L'esecutivo di Rajoy lo scorso 10 febbraio ha approvato il decreto legge che dovrebbe puntare a "frenare la distruzione di posti di lavoro e a porre le basi per la creazione di impiego stabile", come recitava il comunicato stampa diffuso a Madrid da Palazzo della Moncloa. In realtà opera all'opposto, facilita i licenziamenti e toglie diritti ai lavoratori. Nei giorni precedenti l'Istituto nazionale di statistica spagnolo aveva comunicato che il numero dei disoccupati era salito a 5 milioni e 300 mila alla fine del dicembre scorso, ben 400 mila in più rispetto al precedente trimestre. Un aumento che faceva salire il tasso di disoccupazione dal 21,5 al 22,8% negli ultimi tre mesi del 2011. Il dato peggiore tra i giovani, quelli tra i 16 e i 24 anni, dove il tasso di disoccupazione saliva in tre mesi dal 45,8 al 51,4%. Numeri che confermavano la Spagna come il paese europeo tra quelli dell'eurozona con il tasso di disoccupazione più elevato. Un fenomeno cresciuto sotto il governo del socialista Zapatero e con Rajoy, del partito popolare, che ne ha raccolto l'eredità e definito misure che facilitano i licenziamenti. A partire dalla riduzione dell'indennità di licenziamento dall'equivalente di 45 a 33 giorni e alla definizione di un periodo di prova di un anno durante il quale il neoassunto potrà essere licenziato senza il pagamento di alcuna indennità. Meccanismi inseriti in un quadro di nuove regole che privilegiano gli accordi aziendali rispetto agli accordi di settore. Finora chi era buttato fuori dal posto di lavoro godeva di un indennizzo di 45 giorni di salario per ogni anno lavorato, adesso sarà pari solo a 33 giorni. La legge renderà più facili anche il licenziamento per ragioni "oggettive", quello definito per cause economiche, col lavoratore che avrà diritto solo a 20 giorni di salario per anno lavorato fino ad un massimo di 12 mensilità. In nome della "modernizzazione della contrattazione" la legge contiene una norma che stabilisce la prevalenza degli accordi aziendali su quelli di livello superiore, nel caso in cui lo decidano le parti, un modo per mandare in soffitta il contratto collettivo nazionale e le sue tutele. Fra gli altri interventi vi sono misure per ridurre i contributi delle aziende alla previdenza sociale, contro "l'assenteismo" e la parificazione tra le agenzie private di lavoro interinale e gli uffici di collocamento pubblici. Varata la legge, Rajoy annunciava l'avvio di una serie di incontri con i sindacati per "illustrare i contenuti" del provvedimento, ovvero per mettere le organizzazioni sindacali di fronte al fatto compiuto. Monti ha aperto una trattativa formale ma ripete in continuazione che comunque decide il governo e se non è zuppa è pan bagnato. Ugt e Ccoo avevano mostrato disponibilità al confronto col governo e avevano firmato il 25 gennaio scorso un "patto per l'impiego" con l'associazione degli imprenditori basato sostanzialmente sull'impegno di una loro moderazione salariale. Un'intesa ritenuta non sufficiente dal governo che preparava un intervento ben più pesante. Le organizzazioni sindacali bocciavano la "riforma" del lavoro del governo ma non andavano oltre la proclamazione delle manifestazioni del 19 febbraio. Manifestazioni riuscite a testimonianza della rabbia che cresce tra i lavoratori e le masse popolari. Lo sa anche il governo, che ha mandato precisi segnali di ammonimento verso la crescita delle proteste. Segnali come quelli del 20 febbraio quando la polizia a Valencia ha brutalmente caricato una manifestazione studentesca contro i tagli alla scuola pubblica. 22 febbraio 2012 |